Il Regno della Natura Vivente – 4. I Deva e gli Spiriti di Natura

I Deva e gli Spiriti di Natura

Nei capitoli precedenti abbiamo visto che, oltre agli Spiriti dei quattro elementi, esistono molti altri Spiriti di Natura: per ognuno dei tre regni inferiori esistono Entità che vivono nel piano eterico, composti dalla stessa energia eterica degli Spiriti dei quattro elementi, che si occupano di ogni singola manifestazione nel piano fisico di questi tre regni: le pietre, i vegetali e tutti gli animali sono sostenuti, guidati e nutriti energeticamente dagli Spiriti di Natura.

Queste creature del mondo invisibile non hanno una morale, non distinguono il bene dal male, eseguono gli ordini che ricevono dalle Entità superiori del piano astrale, in particolare dai Deva e dagli Angeli, ma proprio per questa mancanza di una vera morale, essi possono rispondere anche agli ordini di persone oscure e negative. Quando si dice che i maghi neri utilizzano le forze della Natura, si parla proprio di queste Entità. Pur non avendo una morale, esse non amano però le imposizioni e prima poi si ribellano, provocando grandi sofferenze in chi li costringe ad agire contro la propria volontà.

Gli Spiriti di Natura sono presenti ovunque, in tutti i luoghi della Terra, particolarmente nei contesti naturali: essi non amano infatti tutto ciò che è artificiale e disarmonico, come il rumore e l’inquinamento. Riconoscerne la presenza, ringraziarli per il lavoro che svolgono e per la bellezza che creano, è quanto di più importante si possa fare per stabilire un contatto con loro:

Quando entrate in un bosco o in un qualsiasi altro luogo della Natura, dovete essere coscienti del fatto che tutti quegli esseri, che sono svegli e molto sviluppati, vi vedono. È quindi bene legarsi ad essi, ammirarli, perfino estasiarsi ed apprezzare il lavoro che fanno. Infatti questi Esseri sono molto contenti che la bellezza e l’utilità del loro lavoro siano riconosciute e se vedono che li apprezzate, diventano vostri amici, vi sorridono, danzano davanti a voi e possono perfino offrirvi dei regali: la vitalità, la gioia, l’ispirazione poetica, la chiaroveggenza…[1]

Al di sopra degli Spiriti di Natura troviamo i Deva della Natura, che sono esseri assimilabili all’Ordine angelico presenti nel piano astrale della Terra. Essi si occupano di gestire intere superfici e regioni, pianure, valli, catene montuose, mari, laghi, ecc. Innumerevoli sono i loro compiti e di infinita bellezza e intensità sono le manifestazioni di queste sublimi creature dell’invisibile.

Sui Deva della Natura Aïvanhov non ha lasciato molte indicazioni, ma questo brano che riportiamo ci fa capire che egli era in stretto contatto con loro.

Posso però già dirvi che numerosi Iniziati hanno fatto degli scambi con gli Spiriti della Natura, con esseri molto puri come le Silfidi, le Salamandre, le Ondine o i Deva… Degli scambi sottili e meravigliosi che hanno dato loro una felicità inesprimibile.

A tale riguardo posso raccontarvi un fatto che è capitato a me. Varie volte durante la notte sono stato svegliato dalla presenza di creature irreali, diafane, di una straordinaria bellezza. Tutte mi attorniavano e mi guardavano ed era uno sguardo tale da farmi sciogliere in un amore indescrivibile. Esse non mi toccavano, ma rimanevano soltanto attorno a me guardandomi, e tutta la loro potenza era nei loro occhi. Non avevo mai visto un tale sguardo negli esseri umani. Sembrava venire da molto lontano, da molto in alto. E questo è durato delle ore… Ho saputo in seguito che quelle creature erano dei Deva e ho capito che venivano a farmi visita per mostrarmi che esiste nella Natura una bellezza che supera ogni immaginazione. Mi hanno fatto vivere quegli stati d’animo così straordinari affinché sapessi almeno che erano possibili. I Deva che si sono presentati hanno aperto in me un mondo nuovo. Non posso descrivere la purezza assoluta, la luce, l’irraggiamento e quei colori… La Madre Divina che sa dov’è il mio cuore, dov’è la mia anima, dov’è il mio ideale, li aveva inviati per istruirmi; sono loro che mi hanno fatto molte rivelazioni sull’amore, il vero amore, quello che non ha bisogno di manifestazioni fisiche.[2]

C’è poi un’Entità di ordine ancora superiore, che è l’Anima della Terra, la quale gestisce l’evoluzione di tutto il nostro pianeta e di tutte le sue creature. Oltre questa Entità, che possiamo chiamare il Reggente della Terra, ci sono Esseri superiori che governano gli altri pianeti, i sistemi solari, le galassie, ecc. e qui troviamo le Gerarchie angeliche superiori: gli Arcangeli, i Principati, le Virtù, le Potestà, le Dominazioni, i Troni, i Cherubini e i Serafini.

Fra l’uomo e Dio esistono creature spirituali che la tradizione cristiana, ispirandosi a quella ebraica, ha chiamato “Gerarchie angeliche”. La parola “gerarchia” indica che fra queste Entità esistono alcune differenze di grado. Partendo dall’alto e procedendo verso il basso, gli Ordini angelici sono: i Serafini, i Cherubini, i Troni, le Dominazioni, le Potestà, le Virtù, i Principati, gli Arcangeli e gli Angeli. Gli Angeli sono i più vicini agli esseri umani, perciò sono incaricati di vegliare su di loro. Al vertice della gerarchia, invece, i Serafini e i Cherubini non conoscono neppure l’esistenza degli abitanti della Terra e mai avranno il compito di vegliare su di loro. Essi si occupano delle galassie, ed è raro, anzi, rarissimo che uno di loro vada incontro a un essere umano. Un Serafino attraversa lo spazio con la rapidità del fulmine. Se siete vigili e pronti a cogliere qualcosa delle sue radiazioni celesti, sperimenterete una folgorazione, un’illuminazione, i cui effetti dureranno per tutta la vostra vita. Tuttavia non potrete trattenerlo: Egli continuerà la sua corsa attraverso l’infinita distesa del Cielo.[3]

I Deva, così come tutti gli ordini angelici superiori, agiscono in perfetta sintonia con la volontà del Mondo Divino, e per questo nessun essere oscuro può piegarli alla loro volontà.

Nella scala evolutiva, come abbiamo visto, l’essere umano è l’anello di congiunzione tra le Entità del regno angelico e i regni inferiori. Egli ha quindi il compito di far fluire la vita nelle due direzioni, quella involutiva che dalla Sorgente Divina va fino alle pietre, e quella evolutiva che riporta tutti gli esseri verso il Creatore. Questo compito può essere svolto solo se l’uomo è consapevole del piano invisibile e dei suoi abitanti.

Infatti, se è vero che la Natura senza l’uomo raggiunge un perfetto equilibrio, là dove vi è un uomo consapevole e spirituale la Natura, manifesta non solo un equilibrio tra tutte le sue creature e le sue manifestazioni, ma si eleva ad un livello di armonia superiore. Un Iniziato riesce infatti, con la propria presenza, la propria consapevolezza e il proprio lavoro, ad attirare sulla Terra Entità di luce di categorie superiori, facendo aumentare notevolmente le vibrazioni di un luogo. Questo è il compito dell’uomo: aumentare il livello vibrazionale della Terra, affinché la Natura e tutte le sue creature possano evolvere nell’armonia e nella pace. Questo compito lo può svolgere solo diventando consapevole della presenza degli abitanti del mondo invisibile, imparando a conoscerli e a rispettarli.

Ovunque andiate, sui monti, nei boschi, sulla riva di un lago o del mare, se volete manifestarvi come figli di Dio che aspirano a una vita più spirituale e più luminosa, dovete mostrarvi consapevoli della presenza delle creature eteriche che vi abitano. Accostatevi a loro con rispetto e raccoglimento, cominciate col salutarle, poi testimoniate loro la vostra amicizia, il vostro amore e chiedete le loro benedizioni. Queste creature che vi notano da lontano sono talmente stupite del vostro atteggiamento che si preparano a riversare su di voi i loro doni: pace, luce e pura energia. Vi sentirete allora irrorati, avviluppati dall’amore e dalla meraviglia di quegli esseri spirituali, e quando scenderete verso le valli, verso le città, porterete con voi tutta quella ricchezza e anche delle rivelazioni, delle idee più ampie e più vaste. Poi, alla fine avrete in più la gioia per aver contribuito a trattenere in certi luoghi gli abitanti celesti e persino ad averne attirato altri. Non dimenticate mai che è nel silenzio che si hanno le condizioni più favorevoli affinché le Entità si manifestino. Queste, poiché hanno bisogno di silenzio, aspettano sempre delle particolari condizioni che purtroppo gli uomini offrono loro assai raramente. Allora, da oggi in poi, imparate ad amare il silenzio, pensate a creare dappertutto attorno a voi un’atmosfera spirituale di silenzio e di armonia, onde preparare la venuta degli Esseri luminosi e potenti.[4]

Un uomo consapevole può trasformare l’energia vibrazionale di un luogo, renderlo vitale, ricco di presenza luminose. Per questo motivo là dove hanno vissuto i Maestri spirituali l’atmosfera è così intensa e la vibrazione così forte: sono le Entità del mondo invisibile che, richiamate dell’energia dei Maestri, abitano ancora quei luoghi. Lo stesso può fare ogni persona, sia nella propria casa, sia nei luoghi che visita; un modo semplice ma efficacie per attirare queste presenze dell’invisibile è offrire loro il nostro amore attraverso dei doni. I Deva e gli Spiriti di Natura amano che si facciano loro dei piccoli regali, ma non è così importante cosa si dona, quanto il contenuto, ossia l’amore e il sentimento di rispetto e di gratitudine che mettiamo in questi doni. Oltre a questo, possiamo chiedere loro di aiutare l’umanità a crescere ed evolvere, infatti:

Agli Spiriti di Natura fa piacere che si dia loro un orientamento, un lavoro da svolgere poiché, per la maggior parte, sono ben lungi dall’operare per un ideale. Essi si preoccupano soltanto del compito che è stato affidato loro, spinti dal timore di una forza superiore; è per questo che spesso vengono utilizzati per imprese abominevoli. Quindi bisogna metterli al lavoro; io lo faccio da molto tempo e ora miliardi di Spiriti sono in marcia su tutta la Terra per lavorare sui cervelli umani. È per questo che le persone cominciano lentamente a muoversi, a svegliarsi, senza sapere che cosa li spinga.

Quando passeggiate nella Natura, indirizzatevi a tutti gli Esseri che abitano le grotte, gli alberi, i ruscelli, i laghi, le stelle e chiedete loro di venire a partecipare all’avvento del Regno di Dio sulla Terra. Allora anche il Cielo riconoscerà in voi un costruttore della nuova Vita, una Sorgente, un Figlio di Dio. Il Cielo, la Terra, gli oceani, tutti gli elementi hanno giurato davanti all’Eterno di aiutare quanti lavorano per divenire creatori di Armonia, di Bellezza e di Splendore.

L’uomo deve ritrovare contatto con la vita universale, al fine di lavorare in armonia con la Natura e di comprenderne il linguaggio attraverso il canto degli alberi, dei fiori, dell’acqua. “In Principio era il Verbo” ha detto San Giovanni. La musica è il verbo che tutto ha creato. L’intera creazione vibra e canta. L’uomo stesso è Natura. Quando certi suoi chakra cominciano ad aprirsi, emettono una musica speciale: è come un appello lanciato alle Entità luminose preposte a quel lavoro, ed esse corrono per aiutare i chakra a schiudersi.[5]

È proprio grazie alla collaborazione con i Deva e con gli Spiriti di Natura che l’essere umano potrà realizzare il Regno di Dio sulla Terra.

Queste creature legate alla Madre Terra sono sempre presenti intorno a noi e si manifestano attraverso gli animali, i fiori, le nuvole, le gocce di rugiada che brillano al Sole, il vento, i raggi del Sole, …

Quanto più ricca, poetica e colma di bellezza diviene la vita di un uomo che è consapevole di quanto la Natura sia viva, intelligente, vera manifestazione del Mondo Divino!

In futuro l’uomo guarderà con amore ogni animale, ogni albero, ogni pianta, ogni fiore, ogni pietra e avrà con essi un dialogo interiore. Quando agirà nella Natura spiegherà alle Entità che la abitano le ragioni di ciò che sta facendo, proprio com’era uso nelle antiche popolazioni che vivevano a contatto con la Madre Terra. Per necessità le genti di questi popoli dovevano ad esempio uccidere gli animali o tagliare gli alberi, ma ciò veniva fatto in armonia con la Natura, con profondo rispetto verso l’animale ucciso o l’albero tagliato. Non si trattava mai di un atto di violenza, bensì di uno scambio. La Natura è felice di nutrire i suoi figli, a patto che essi agiscano con amore e soprattutto con sacralità, poiché la vita è sacra e come tale va considerata, qualunque sia la sua manifestazione.

L’uomo potrà trasformare questa Terra in un nuovo Eden, a patto che inizi a considerare diversamente la Natura e tutti i suoi abitanti, visibili e invisibili, coltivando nei loro confronti un senso di attenzione e di cura e soprattutto cercando di entrare in relazione armonica con tutte queste creature:

Se gli esseri umani accettassero di studiare come l’universo è stato creato, da quali regioni è formato e quali creature popolano quelle regioni, comprenderebbero di trovarsi nel Corpo della Natura Vivente e di doversi comportare in armonia con quel Tutto. Infatti la Natura rigetta coloro che creano troppi problemi con il loro atteggiamento anarchico: sì, essa prende una purga, che li fa espellere dal suo corpo. Gli anarchici non vengono mai accettati a lungo; se non sono gli esseri umani a combatterli, è la Natura stessa ad occuparsene, perché non tollera la disarmonia. È come se fossero un tumore, un cancro nel suo Corpo, ed essa vi pone rimedio. Cosa credete?! La Natura si sa difendere!

Nulla è più importante che vivere in armonia con questo grande Corpo nel quale siamo accolti e nutriti. In questa armonia sono inclusi tutti i beni. Colui che lavora per realizzare tale armonia comincia a sentire che tutto il suo essere vibra all’unisono con l’universo, ed è allora che comprende cosa siano la vita, la Creazione e l’amore.[6]

[1] Aïvanhov, O. M., La Nuova Terra, Prosveta, 2009, p. 109.

[2] Aïvanhov, O. M., Amore e Sessualità, Prosveta, 2006, pp. 151-152.

[3] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2018 (1 novembre), Prosveta, 2017.

[4] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 2007; pp. 69-70.

[5] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’Albero della Vita, Prosveta, 2006, p. 278.

[6] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, p. 535.

Il Regno della Natura Vivente – 3. I Tre Regni della Natura

I Tre Regni della Natura

Tutti conosciamo i tre regni della Natura: quello minerale, quello vegetale e quello animale, ciò che però non molti conoscono è il loro aspetto simbolico, energetico e spirituale.

In primo luogo possiamo constatare che il grado di sviluppo energetico, ossia dei corpi sottili di ciascuno di questi regni è molto diverso. Infatti mentre l’essere umano possiede il corpo fisico, il corpo eterico, il corpo emozionale e il corpo intellettuale, negli animali il corpo intellettuale non è ancora sviluppato e nelle piante non troviamo nemmeno il corpo astrale mentre, nelle pietre, troveremo che soltanto il corpo eterico è appena presente.

Grazie alla Scienza dello Spirito, sappiamo anche che mentre l’uomo è cosciente di se stesso – ossia ha una coscienza individuale –, per quanto riguarda gli animali e le piante si parla in genere di un “Io di gruppo”: in particolare, Aïvanhov spiega che: “L’Entità che governa il regno animale si trova nel piano astrale dell’Universo, quella che governa il regno vegetale si trova nel piano mentale, quella che governa il regno minerale si trova nel piano causale, dunque talmente lontano che le pietre ci sembrano senza vita. Eppure le pietre sono vive: sì, vive e coscienti”.[1]

Esiste quindi una correlazione tra i corpi sottili presenti in un essere e il piano in cui si trova la sua coscienza: in effetti, la coscienza di sé, del proprio corpo fisico, del fatto di essere un individuo autonomo e indipendente la ritroviamo solo nell’essere umano, che ha appunto il corpo mentale sviluppato; il pensiero, che nasce dal piano mentale, permette alla coscienza dell’uomo di essere consapevole di sé, e di tutte le sue parti. Negli animali la coscienza si trova nel piano astrale, ossia è governata da un “Io di gruppo”, che si trova in questo piano. Ciò significa che, pur non essendo dotato né di pensiero, né della consapevolezza di sé, un animale prova emozioni, in quanto ha sviluppato il corpo astrale. Le piante invece non provano emozioni: il loro corpo eterico è sviluppato, mentre la loro coscienza si trova nel piano mentale.

Non si può dire che nelle piante e nelle pietre il corpo astrale e mentale non esistano ma, di fatto, non sono sviluppati, ossia la coscienza non arriva fino a questi corpi rimanendo, come detto, nel piano mentale per le piante e nel piano causale nelle pietre.

Questi corpi, pur non sviluppati, esistono e permettono comunque una comunicazione tra l’anima di gruppo, che li governa, e il loro “corpo fisico”.

Riassumendo: l’uomo ha sviluppato il corpo fisico, eterico, astrale e mentale e sta sviluppando i corpi superiori (causale, buddico e atmico), la sua coscienza arriva fino al piano fisico, ed egli si sente quindi un individuo a sé, diverso e separato dagli altri esseri.

Gli animali, invece, stanno sviluppando il corpo mentale, in particolare gli animali che vivono a contatto con l’uomo. Naturalmente si tratta di processi evolutivi lunghissimi, ma il regno animale sta andando in questa direzione. Per ora l’anima di gruppo degli animali si trova nel piano astrale, ma lo sviluppo del corpo mentale permetterà agli animali di divenire singoli individui consapevoli di sé; verrà un tempo in cui anche per loro non ci sarà più un’anima di gruppo, ma tante singole anime, più evolute, distinte l’una dall’altra.

Le piante, che ora hanno un corpo eterico, svilupperanno in futuro anche il corpo astrale; la coscienza del loro “Io di gruppo”, che ora si trova nel piano mentale, scenderà quindi nel piano astrale.

Infine, abbiamo i minerali, che stanno sviluppando il corpo eterico, mentre la coscienza del loro “Io di gruppo” si trova molto “lontano”, nel piano causale.

Ciò che dobbiamo comprendere è che esiste una connessione tra la Sorgente Divina e tutte le creature. Questa connessione attraversa le Gerarchie angeliche fino all’uomo, e poi oltre fino ai regni inferiori: tutto è collegato. Il collegamento che esiste tra i diversi regni crea una scala evolutiva, ossia dal regno minerale a Dio, e una scala involutiva, da Dio al regno minerale.

Questa connessione esiste anche, a livello individuale, in ciascun essere umano: dal corpo fisico, attraverso tutti i nostri corpi sottili fino a Dio e viceversa.

A questo punto dobbiamo affrontare e capire bene il concetto di evoluzione e di involuzione: si tratta di due realtà strettamente collegate mutuamente interdipendenti; l’una non esiste senza l’altra, e si tratta di una Legge cosmica: affinché qualcosa evolva bisogna che qualcos’altro involva.

Per chiarire questo aspetto diremo che la Sorgente Divina emana costantemente, ad ogni istante, luce e calore, che simbolicamente rappresentano i due principi: la Saggezza e l’Amore. Questi due principi donano la vita. Sulla Terra è il Sole che senza sosta svolge questa funzione: egli ci dona luce, calore e vita. Per questo motivo, secondo Aïvanhov, il Sole è la migliore manifestazione che abbiamo del Divino qui sulla Terra. Questa vita che emana dalla Sorgente Divina o, in termini più concreti, dal Sole, deve involvere per permettere alla Terra, e a tutte le sue creature, di evolvere. La luce del Sole viene trasformata dalle piante in materia, attraverso un processo (la fotosintesi) che possiamo definire involutivo: la luce, ossia l’elemento Fuoco, passando attraverso l’Aria e l’Acqua diviene Terra.

Così la luce del Sole involve per far evolvere la Terra.

C’è uno scambio continuo e senza sosta di energia, tra la Sorgente Divina, il Creatore e il Creato, ossia tutto ciò che esiste è in costante reciproca relazione.

 

Nulla può evolvere se prima non si è involuto. Per questo ciò che la scienza chiama “evoluzione della specie” è stata necessariamente preceduta da un movimento di involuzione. È vero per le creature ed è vero anche per la materia. Prima dell’evoluzione della materia, c’è stata un’involuzione dello spirito. I sostenitori dell’evoluzione hanno osservato le cose solo dall’esterno, dal punto di vista dell’organizzazione della materia, senza tener conto delle forze invisibili che avevano prima lavorato su di essa. L’evoluzione non è che la metà di un processo di manifestazione. Osservandola isolatamente, la si separa dalla verità della vita. Preso isolatamente, questo processo non trova posto in Natura. Non si può provare che l’evoluzione sia possibile senza che un impulso l’abbia precedentemente messa in moto e continui a sostenerla; e questo impulso viene dall’alto. Prima di tutto, è lo Spirito che è sceso, e se si vede la materia evolvere, è perché è trascinata dal movimento ascendente dello spirito che la fa risalire verso il suo luogo d’origine.[2]

L’evoluzione delle forme materiali – quelle delle pietre, delle piante, degli animali e degli esseri umani –, si è potuta realizzare unicamente grazie alla discesa dello spirito. È una legge cosmica: lo spirito deve scendere affinché la materia possa salire, evolvere.[3]

Questo concetto di evoluzione e involuzione spiega come tutto nell’universo abbia avuto origine da Dio e come tutto sia in connessione con Lui, o meglio abitato da Lui, dallo Spirito.

I tre regni della Natura che noi conosciamo sono gli unici che sulla Terra sono presenti sul piano fisico, e ovviamente sono molto importanti per noi, perché da loro dipende la nostra esistenza.

Tutti gli esseri dei vari regni dell’universo sono legati fra loro. Che se ne abbia coscienza oppure no, gli esseri che sono al di sotto di noi, come pure quelli che sono al di sopra, sono legati a noi, poiché nella Natura esiste una gerarchia vivente. È proprio grazie a questa gerarchia, grazie al legame che ci unisce a tutti gli esseri superiori, che abbiamo la possibilità di elevarci; ma siamo ugualmente legati a tutti gli esseri al di sotto di noi, ossia agli animali, alle piante e alle pietre, e anche questo legame è molto potente.[4]

Il Regno Minerale

Le pietre, così come tutti gli oggetti che ci circondano, agli occhi degli esseri umani sono materia inerte, che non merita particolare considerazione. Eppure tutta la nostra esistenza è poggiata su questa materia: le montagne, le pianure, le valli, la terra su cui viviamo e costruiamo le nostre abitazioni, i terreni che coltiviamo… sono tutti appartenenti al regno minerale. Possiamo quindi ben dire che questo regno rappresenta la base su cui poggia la vita dell’intero pianeta. Non a caso, il regno minerale, nel corpo umano, è rappresentato simbolicamente dal sistema osseo. E, come il sistema osseo, il regno minerale è la parte più materializzata, più dura e solida del piano fisico. Le pietre, le montagne hanno milioni e milioni di anni, conoscono l’intera storia della Terra e dell’umanità, e da tempi immemorabili hanno registrato tutto ciò che è successo sul nostro pianeta. Aïvanhov ci spiega che nel piano energetico delle pietre tutto si registra: esse sono le “biblioteche”, gli annali della storia dell’umanità:

In Natura tutto si registra. L’Intelligenza cosmica ha posto ovunque degli apparecchi che hanno la funzione di registrare automaticamente gli avvenimenti che si verificano tutt’intorno. Le rocce, le pietre, la sabbia… Ovunque si trovano unicamente apparecchi in grado di registrare e trasmettere. Se solo si potesse decifrare ciò che un solo granello di sabbia racchiude a livello di registrazioni!… È il regno minerale che può darci la maggior quantità di informazioni sul passato: la memoria dell’universo è inscritta in esso. Tutto il resto è scomparso: sono scomparsi i vegetali, gli animali e gli esseri umani con le loro scoperte, ma le pietre e i metalli ci sono ancora e possono raccontarci la storia del mondo. La memoria delle pietre: ecco la vera archeologia! Non si sono ancora scoperti i mezzi per decifrarla, ma un giorno, forse, ci si riuscirà captando le onde emesse dalle pietre stesse. Nell’attesa, sapendo che tutto si registra, cercate di essere vigili in modo da registrare nelle pietre delle strade che percorrete solo ciò che avete di migliore nel vostro cuore e nella vostra anima.[5]

Oltre a questa caratteristica energetica delle pietre, è stato in precedenza osservato che le pietre sono vive e coscienti. Ora sappiamo cos’è che in ogni pietra è vivo e cosciente: non la pietra stessa, bensì l’Intelligenza cosmica che si manifesta nelle creature del mondo invisibile, in particolare gli Spiriti di Natura. Ogni pietra è abitata da una piccola Entità invisibile, e possiamo dire che, nella maggior parte dei casi essa è come addormentata. Questa Entità agisce sulla pietra per permetterle di evolvere, ma questa azione è lenta e questo processo evolutivo richiede milioni di anni.

Quando però una qualsiasi pietra viene “trattata energeticamente”, vale a dire benedetta, purificata, o semplicemente amata in modo puro e sincero da un essere umano, ecco che questa Entità si risveglia e inizia ad agire con maggiore intensità.

Aïvanhov ci spiega come si può interagire con una semplice pietra:

Talvolta accarezzo una roccia e le dico: “Abbi pazienza, un giorno sarai liberata da questa prigione”. Infatti, in quel blocco di pietra si trova un’Entità che è limitata, imprigionata e che attende di essere liberata nel momento in cui la pietra sarà finalmente frantumata. Effettivamente, quando la roccia è ridotto in polvere si trova nelle condizioni migliori per evolvere, per essere assimilata dal regno vegetale. Passando vicino a una roccia, il discepolo può dirle: “Ammiro la tua pazienza: da secoli sei lì, esposta alle bufere, al cielo, al calore intenso e non ti lamenti mai. Mi congratulo con te e ti chiedo un po’ della tua resistenza, della tua solidità”. Forse voi pensate che questo comportamento non abbia nulla di straordinario e che è perfino ridicolo. Invece, vi posso assicurare che se lo fate molte volte, con amore e fiducia, riceverete quella forza, quella stabilità che la roccia possiede, e la manifesterete nella vita.[6]

E ancora:

Le pietre sono vive; sì, vive e coscienti. Come faccio a saperlo? Nello stesso modo in cui potete saperlo anche voi, abituandovi ad entrare in comunicazione con loro. Prendete in mano una pietra e ascoltatela: a poco a poco, sentirete che essa vi racconterà la lunga storia della Terra, tutti gli avvenimenti ai quali ha assistito e che si sono registrati su di essa, poiché tutto si registra. E anche voi potete farvi udire da una pietra. Come? Parlandole con amore, poiché l’amore è il linguaggio universale che tutta la Creazione comprende. Toccate una pietra con amore: essa vibrerà già in un altro modo e potrà rispondervi con amore. Quando saprete parlare alle pietre, potrete anche affidare loro dei messaggi. Prenderete una pietra impregnandola del vostro amore, le chiederete di portare la pace e la gioia alla persona alla quale la donerete. Ogni volta che l’ho fatto, ho percepito che la pietra era felice che le affidassi una tale missione.[7]

Le pietre preziose

Non si può parlare dell’aspetto spirituale delle pietre senza soffermarsi sulle pietre preziose, in quanto questi cristalli hanno, anche da un punto di vista simbolico, energetico e spirituale, un valore particolare.

Le pietre preziose e semi-preziose sono senz’altro uno degli aspetti più affascinanti della Natura, che maggiormente interessa l’uomo. Purtroppo la loro bellezza è valutata solo in termini economici o di prestigio sociale, e cosa sia davvero una pietra preziosa e quali siano i suoi reali “poteri” pochi lo sanno. Aïvanhov spiega anzitutto che già nella fase di formazione una pietra preziosa presenta un aspetto simbolico di grande interesse, infatti:

Sin dalla più lontana antichità, le pietre preziose sono sempre state considerate simboli delle Virtù divine, ma anche dotate di poteri meravigliosi.

Le pietre preziose hanno tanto valore perché rappresentano la quintessenza più pura della Terra, risultato di un intenso lavoro di trasformazione che la Terra stessa compie sulla materia grezza che porta in seno. Con la sua scienza e la sua pazienza, riesce a trasformare tale materia, a farla evolvere e a mutarla in pietre preziose: rubini, turchesi, smeraldi, zaffiri, diamanti… Che cosa si sa della Terra? Nulla; nessuno è consapevole che la Terra è un essere vivente, intelligente, dotato di un’anima, di uno spirito e che svolge un immenso lavoro. La Terra prepara tutti quei tesori nelle sue viscere, animata da un unico desiderio: riuscire a materializzare le qualità e le virtù del Mondo celeste, qualità e virtù che vuole riflettere e presentare qui, in basso, in forma concreta e tangibile.[8]

Questa riflessione di Aïvanhov ci aiuta a capire perché le pietre preziose sono state usate in tutte le epoche, dai re come dai sacerdoti, nei riti, nelle cerimonie sacre, o come amuleti; per il loro aspetto simbolico ogni pietra rappresentava infatti per loro una determinata virtù. Una pietra preziosa è la trasformazione della materia bruta in un cristallo dalla struttura geometrica, ordinata e armonica, che permette alla luce di passare attraverso questa materia trasparente assumendo una particolare colorazione. Le pietre sono quindi un simbolo delle virtù. Vediamo di approfondire questo aspetto:

Le pietre preziose appartengono all’elemento Terra. Sono il prodotto del lavoro che la Terra è in grado di realizzare; per questa ragione sono state scelte come simboli delle virtù che l’uomo può acquisire se impara a lavorare sulla propria materia. L’usanza di mettere delle pietre preziose sulle vesti dei sacerdoti e sulla corona dei re proviene dalla conoscenza di tale simbolismo: esse rappresentano le qualità e le virtù che quegli esseri devono possedere per esercitare degnamente la propria carica. Ad ogni virtù corrisponde una pietra: alla saggezza, il topazio; alla pace e all’armonia, lo zaffiro; all’amore, il rubino ecc. Non andiamo a indagare troppo se quegli alti personaggi meritino di portare simili tesori: è il simbolismo che conta. Se i re della Terra, i papi e i cardinali portano sul capo ornamenti di pietre preziose, è perché sulla corona del Signore della Creazione sono poste delle pietre preziose. Quelle pietre sono gli Angeli, gli Arcangeli, le Divinità …[9]

Oltre all’aspetto simbolico analizziamo anche l’aspetto energetico: infatti, ogni pietra preziosa emana la vibrazione di una specifica virtù e noi possiamo lavorare con le pietre preziose per sviluppare queste virtù. Bisogna però sapere come svolgere questo lavoro, perché non sarà semplicemente portando un topazio che si diventerà più saggi. Noi stessi, con il nostro stile di vita, dobbiamo armonizzarci con la virtù che desideriamo sviluppare; la pietra amplificherà il risultato dei nostri sforzi, attirando nel nostro campo energetico quella stessa vibrazione e permettendoci di entrare in contatto con le Entità che nel piano spirituale manifestano quella virtù.

A tal proposito Aïvanhov ha spiegato:

Al discepolo non è proibito servirsi delle pietre; il lavoro spirituale può avere un punto di partenza, un supporto materiale, per cui una pietra può creare un legame con la realtà invisibile che le corrisponde. Non si deve dire: “Oh, io mi interesso solo dello spirito. Per me, tutto ciò che è materia e fisico non conta”. Sarebbe un errore, e con un atteggiamento del genere non andreste lontano. La Natura lavora con la materia, e l’uomo non ha diritto di trascurarla: la materia esiste per istruirlo e per mostrargli il cammino da seguire.

Una pietra preziosa, per piccola che sia, è una particella di materia suscettibile di fissare e trasmettere le forze cosmiche. Si deve quindi imparare a utilizzare questa caratteristica, ma non è una buona ragione per fermarsi sulla pietra e dire: “Ora spetta a lei curare la mia trasformazione, trasmettermi le sue virtù e guarirmi…” Se non fate un lavoro spirituale, sarà meglio non contare sui poteri della pietra, perché non vi servirebbero a nulla.[10]

La pietra è come un’antenna e, come ad un’antenna, bisogna darle una funzione, dei messaggi da trasmettere. Dietro quella pietra ci sono delle forze che girano, che vibrano, ma sta a voi fissarle, orientarle. Ogni pietra preziosa è già preparata dalla Natura per captare certe energie dal cosmo e diffonderle, propagarle.[11]

Ma non basta aver fiducia in una pietra preziosa e così dormire tranquilli. Ci si deve servire della pietra per svolgere un determinato lavoro. Se ne possedete una, potete creare un collegamento con le virtù che rappresenta, ma è necessario che tale pietra entri in voi, è in voi che deve nascere ed essere coltivata. Portare sul vostro corpo delle perle o delle pietre va molto bene, ma se non comprendete lo spirito del nuovo Insegnamento per portarle dentro di voi, è inutile. La pietra fisica deve essere soltanto un modello che vi ispiri e vi mostri come riprodurla interiormente, esattamente come il modello con cui lavorano i pittori e gli scultori. Guardate quelle pietre, ammiratele, ma soprattutto cercate di crearle dentro di voi… vive! In questo senso è bello possedere delle pietre, altrimenti non è altro che vanità o superstizione.[12]

Vediamo infine l’aspetto spirituale, che ovviamente è in connessione con i due precedenti. Abbiamo già detto che in ogni pietra vive un’Entità, uno spirito luminoso, che si occupa dell’evoluzione della pietra stessa. Nel caso di una pietra preziosa l’Entità che in essa vive è sicuramente più potente, con un maggiore livello di coscienza, rispetto alle normali pietre. Anche nel caso di una pietra preziosa però, prima di compiere un lavoro energetico con essa, questa Entità va “risvegliata”, e la prima cosa da fare, come abbiamo già visto, è riconoscerne la presenza, amandola e rispettandola. È poi importante purificare e consacrare la pietra e solo a questo punto è possibile svolgere un lavoro con l’Entità della pietra. A tale scopo esistono varie formule o pratiche energetiche: ad ognuno la libertà di scegliere quella che ritiene più appropriata.

Ogni pietra preziosa, amata, purificata e consacrata può diventare un prezioso alleato per l’essere umano, come sostegno nel suo processo evolutivo, aiutandolo a sviluppare determinate qualità e virtù, proteggendolo e indicandogli la via da compiere per raggiungere quella stessa purezza che l’ha resa tanto bella e preziosa.

Le montagne

Oltre alle pietre preziose c’è un altro aspetto del regno minerale che vogliamo illustrare in questo articolo: le montagne. Da sempre infatti le montagne rappresentano simbolicamente la vita spirituale, ossia un percorso iniziatico in cui la vetta rappresenta il piano divino: la meta cui ogni scalatore ambisce. Per raggiungere la vetta di una montagna bisogna compiere un lungo percorso di ascesa, e questo percorso è lo stesso che interiormente compie il discepolo, o l’Iniziato, per dominare la sua natura inferiore e raggiungere il centro, la cima del suo essere: il suo Spirito. Solo quando l’uomo si fonde con il suo Spirito, il suo Sé superiore, solo allora trova la vera pace e la vera armonia interiore, oltre che la felicità.

Dal punto di vista simbolico, l’immagine della vetta corrisponde al nostro Sole interiore. Gli Iniziati si sono sempre serviti di questo simbolo, anche nei paesi dove si trovano solo colline. È nel “Sermone della Montagna” che Gesù ha rivelato l’essenziale del suo Insegnamento, e quella montagna non viene neppure nominata… Forse, proprio perché si trattava di una montagna spirituale. La montagna è un simbolo dell’Iniziazione: la vetta è il luogo dove l’uomo si istruisce, si purifica, si libera e acquisisce una visione superiore della vita. Sulle cime, dove l’aria è così pura, è più facile raggiungere in se stessi quella vetta che la Scienza iniziatica chiama il “corpo causale”. È là, nel corpo causale, che il pensiero trova tutti gli elementi della realizzazione; e là che si trovano quelle forze e quelle potenze che noi dobbiamo raggiungere per diventare creatori.[13]

Anche se non è molto elevata, ogni vetta può diventare un santuario poiché, simbolicamente, ogni altura ci avvicina a Dio. Quel santuario ha per tetto la volta celeste.[14]

Le montagne possono inoltre essere definite delle vere e proprie “antenne”, capaci di stabilire un collegamento tra il Cielo e la Terra. La montagna non è quindi solo un simbolo, ma anche una realtà energetica: sulle montagne vivono Entità del mondo invisibile molto pure e potenti. Per tale motivo, quando si va in montagna, bisognerebbe avere un profondo senso di rispetto e di sacralità.

Le montagne sono immense antenne che mettono la Terra in comunicazione con il Cielo: esse sono il legame fra Terra e Cielo, e per questo l’acqua che scende dalle alte montagne è impregnata dei fluidi del Cielo.

Tramite le loro cime, le montagne captano le forze e le energie celesti che si manifestano sotto forma di grandi turbinii, di onde potenti e luminose. A causa della presenza di queste correnti di energie, gli Spiriti della Natura, che sono Spiriti molto evoluti, visitano spesso le cime dei monti: essi s’immergono in quegli effluvi per rinforzarsi, per rigenerarsi, e poi ripartono per svolgere il loro lavoro attraverso il mondo.[15]

 

La consapevolezza e, conseguentemente, il rispetto per le energie presenti in un certo luogo, delle Entità invisibili che lo abitano, è qualcosa di ancora molto lontano dai pensieri e dalle preoccupazioni della gente, anche se ha la sensibilità per apprezzare un ambiente come quello della montagna. Aïvanhov ci mette in guardia sulle conseguenze che un comportamento irrispettoso provoca sul silenzio e sulle Entità che abitano certi luoghi speciali della Terra.

Al giorno d’oggi, con lo sviluppo dei mezzi di trasporto, si vede sempre più gente andare in montagna; è diventata una moda. Le persone si danno agli sport invernali per distrarsi, divertirsi e raccontare poi di essere scese lungo un certo pendio, di aver scalato una certa cima… E, invece di rispettare il silenzio della montagna e di lasciarsene impregnare per scoprire gli stati di coscienza superiore, essi si comportano come in ogni altro luogo: portano con sé il loro vino, il loro prosciutto, le loro sigarette, la loro musica cacofonica, gridano, scherzano, s’accapigliano… Come se non vi fossero altri luoghi per distrarsi e far baccano! È così che disturbano enormemente gli abitanti di quelle zone. Ma nessuno dice alle persone che con la loro disattenzione e mancanza di rispetto turbano l’atmosfera e recano molestia a tutte quelle creature. Se tale situazione dovesse protrarsi nel tempo, le Entità se ne andrebbero altrove, là dove c’è veramente silenzio, là dove è molto difficile per gli uomini avere accesso. Una volta che tali Entità si saranno allontanate dai luoghi in cui abitavano, quelle zone perderanno il loro mistero, il loro carattere sacro e non saranno più così impregnati di luce, di forza spirituale; sarà un vero peccato. È dunque chiaro che se non andate in montagna con la giusta disposizione d’animo, le creature invisibili prenderanno delle precauzioni e si allontaneranno, e voi non potrete ricevere più nulla da loro. È per questo che si torna a casa piccoli e limitati come prima; tale soggiorno non sarà neppure di grande beneficio per la salute, dal momento che lo stato fisico dipende in gran parte da quello psichico. Allora a che serve salire sulle cime dei monti se non se ne torna più puri, più forti, più nobili e in miglior salute?… Se non si è capito che l’ascensione delle montagne fisiche è un’immagine dell’ascensione delle montagne spirituali? [16]

 

 

Il Regno Vegetale

Ci sarebbero davvero molte cose da dire sull’aspetto simbolico, energetico e spirituale del regno vegetale, ma a tal proposito esiste già, fortunatamente, una nutrita bibliografia, in cui vengono trattate e descritte esperienze pratiche, come la coltivazione e la cura delle piante attraverso un rapporto di collaborazione con i Deva e gli Spiriti di Natura. Basti pensare alle esperienze della comunità di Findhorn, o a M. Small Wright e al suo Giardino di Perelandra.

Vediamo comunque di analizzare alcuni aspetti essenziali di questo regno, iniziando a comprendere che le piante sono esseri intelligenti, fatto su cui anche la scienza sta indagando, giungendo a conclusioni simili.[17]

Negli Stati Uniti, nel corso dei loro esperimenti eseguiti mediante appositi apparecchi, alcuni ricercatori hanno scoperto che le piante possiedono una forma di sensibilità che le fa reagire alle presenze benefiche o malefiche; hanno constatato, infatti, che se si avvicina loro qualcuno che le aveva maltrattate, danno immediatamente segnali di paura. Quindi, anche le piante hanno una memoria. Le piante sono sensibili, e le pietre, a modo loro, pure. Se le amate, le toccate con amore, possono rispondere e farvi delle rivelazioni.[18]

La vita delle piante è in stretto rapporto con gli Spiriti di Natura: dal piano energetico essi agiscono sulla vegetazione affinché essa cresca e si sviluppi nel migliore dei modi. Per ogni fase della loro esistenza si manifestano degli Spiriti di Natura specializzati: qualcuno per la germinazione del seme, altri per lo sviluppo delle foglie, dei fiori, dei frutti, ecc. Il corpo energetico di questi Spiriti è costituito dalla stessa materia eterica degli Spiriti dei quattro elementi, ma la loro composizione varia in base alle necessità. Questi piccoli esseri determinano la vitalità, la salute e il benessere di tutto il regno vegetale.

Alcuni di questi Spiriti di Natura, chiamati Deva, si occupano più particolarmente della vegetazione. Dovunque cresca la vegetazione si trovano dei Deva. I semi che il giardiniere pianta nella terra, quando cominciano ad aprirsi e a germogliare grazie al calore e all’umidità, emettono dei suoni, come se chiamassero; allora i Deva accorrono per nutrirli e dar loro le cure di cui hanno bisogno, come fanno le madri quando si precipitano dal loro bimbo che piange. In altre fasi del loro sviluppo, le piante emettono altri suoni e allora viene ad occuparsene un’altra categoria di Spiriti. I Deva sono specializzati come lo sono gli operai delle fabbriche e sanno fare una sola cosa: alcuni si occupano unicamente di dare ai fiori i propri colori, altri danno ai fiori le forme geometriche, altri ancora la vitalità.[19]

Queste poche parole ci fanno comprendere come, almeno in teoria, qualsiasi metodo agricolo, qualsiasi intervento venga compiuto sul mondo vegetale, dovrebbe tener conto di queste Entità invisibili. La maggior parte di coloro che lavorano con la vegetazione, invece, siano essi agricoltori, giardinieri, boscaioli, o semplici fiorai, non sono coscienti di questa realtà. Fortunatamente in molti paesi ci stiamo avviando, pian piano, verso un’agricoltura sempre più rispettosa dell’ecosistema; ma questo non è ancora sufficiente: bisogna aprire la strada a un’agricoltura energetico-spirituale, che tenga conto anche degli aspetti invisibili del regno vegetale e che cerchi una collaborazione attiva con le Intelligenze cosmiche. In che modo?! Abbiamo visto che il linguaggio universale è quello dell’amore. Il vero amore apre in noi le porte dell’intuizione. Esistono poi anche tecniche – come, ad esempio, la radionica –, che sono di sostegno a questa che dovrebbe essere l’attitudine fondamentale e che mettono a disposizione degli strumenti per entrare in contatto energeticamente con le piante e gli animali. La scienza sta dimostrando quanto le piante siano intelligenti e come comunichino tra loro, ma è auspicabile che la scienza si apra anche allo studio e alla comprensione di questa Intelligenza invisibile che tutto permea. Una relazione profonda e armonica con il regno vegetale porterebbe grandi benefici al genere umano, sotto tutti i punti di vista.

Di questo grande e immenso regno prenderemo ora in considerazione solo su due grandi protagonisti: gli alberi e i fiori.

 

Gli Alberi

Fin dall’antichità l’albero è stato usato come simbolo spirituale di grande potenza. Esso collega la Terra al Cielo, dona frutti, legna, ristoro, è simbolo di vita, di forza, di armonia. In tutte le culture gli alberi erano considerati con grande rispetto e sacralità, in particolare gli alberi vecchi, antichi e maestosi, che erano visti come saggi vegliardi, custodi dei più preziosi segreti della Natura.[20]

Pensiamo ad esempio al Libro della Genesi, in cui si parla dell’Albero della Vita, chiamato anche, nella Kabbalah, Albero Sephirotico: quest’albero riassume in sé tutto l’universo, tutta la Creazione, dalla Terra fino a Dio.

L’Albero Sephirotico, che è una rappresentazione delle diverse regioni dell’Universo, è anche una rappresentazione delle diverse regioni psichiche dell’uomo.[21]

Molte altre simbologie possono essere trovate nell’albero, Aïvanhov, ad esempio, spiega:

Guardate l’albero: tiene per sé le sue radici, il suo tronco e i suoi rami, ma distribuisce i suoi fiori e i suoi frutti per la gioia di tutti; e anche le sue foglie possono essere utili. È così che la Natura ha organizzato le cose. Il saggio, che ha compreso la lezione della Natura, si sforza di imitare l’albero: conserva le sue radici, il suo tronco e i suoi rami – simbolicamente parlando –, ma distribuisce abbondantemente le sue foglie, i suoi fiori e i suoi frutti, vale a dire i suoi pensieri, i suoi sentimenti, le sue parole, la sua luce, la sua forza. Imparate anche voi a conoscere ciò che potete dare e ciò che dovete conservare.[22]

Un albero però è anche un’Entità vivente, ha una sua propria energia e ogni specie di albero emana una particolare virtù, particolari caratteristiche; per conoscerle bisogna entrare in contatto e in sintonia profonda con ogni tipo di albero, imparare ad ascoltarlo, in modo che possa rivelare le proprie caratteristiche. L’albero le offrirà con gioia a chi, sostando in sua prossimità, saprà entrare in vibrazione con lui attraverso il principio d’amore.

Aïvanhov aveva un rapporto davvero particolare con gli alberi, come testimonia questo singolare racconto:

“Gli alberi… che ricchezza, che benedizione! Soprattutto quando si giunge a percepire che tutta quella materia solida e compatta è in realtà luce condensata. Sì, quei tronchi, quei rami, quel fogliame si nutrono di luce e sono luce solare condensata. Come non rimanere incantati al pensiero che in essi si trova in abbondanza l’amore del Sole? Inoltre, purificando l’atmosfera mediante l’ossigeno che rilasciano, gli alberi sono anche nostri benefattori; ecco perché chi vive vicino a una foresta è veramente privilegiato. Una foresta è naturalmente un luogo pieno di presenze. Non appena inizio a camminare fra gli alberi percepisco alcune presenze: per questo parlo loro. So in che modo rivolgermi a quegli Esseri, so come comunicare con la loro anima, ed essi mi comprendono.[23]

Ho un legame con gli alberi da così tanto tempo che mi è naturale dir loro che sono miei fratelli. Mi avvicino a uno di essi e l’abbraccio sussurrandogli: “Ti incarico di un messaggio per tutti gli alberi di questa foresta. Dì loro che li amo e che vorrei abbracciarli tutti”. L’albero trasmette mio messaggio e tutti gli alberi sono così contenti che quasi danzano mentre proseguo il cammino.

Un giorno, un fratello mi sorprese nel mio giardino mentre stavo abbracciando un cipresso, in seguito mi disse quanto questo gesto lo avesse stupito. Perché? Non c’è nulla di così stupefacente. Io parlo agli alberi e mi capita di abbracciarli: essi sentono che li amo e mi rispondono. Gli umani sarebbero più felici se sapessero intrattenere vere relazioni con gli alberi. Che cos’è un cipresso? Che cos’è un pino? Che cos’è un eucalipto?… Occorre essere rimasti ore intere accanto a loro per scoprirne l’anima e per comunicare con essa. È quello che io faccio spesso, ma è impossibile esprimere ciò che provo e le rivelazioni che ricevo. A quel punto, qualcosa cambia anche nelle vibrazioni di quegli alberi, anche nei loro colori. Quando entrate nelle foreste, dovete pensare che state entrando in un territorio che appartiene agli Spiriti della Natura; mettetevi in armonia con quegli Spiriti, e voi pure ne avvertirete la presenza. Non vi racconto storie: le fate esistono, e l’incantatore Merlino non è il solo ad averle frequentate nella foresta di Brocéliande.[24]

Da quando ero molto giovane ho iniziato a fare queste esperienze e continuo ancora adesso: parlo agli alberi del mio giardino e anche quando passeggio nella foresta, parlo agli alberi, li accarezzo e perfino li abbraccio. Perché? Perché sento che sono vivi e desidero entrare in comunicazione con la vita che circola in loro dalle radici fino all’estremità dei rami. Poi entro in relazione con le Creature invisibili che abitano negli alberi e che si curano di loro, perché, come esistono creature che si occupano degli uomini, esistono Entità che si occupano delle pietre, delle piante, degli animali.[25]

In tutti i paesi che percorro viaggiando, visito ovviamente molte città, ma cerco di visitare anche le foreste. Quando vedo dei begli alberi, avviene qualcosa dentro di me e io rientro a casa felice.[26]

La relazione che Aïvanhov aveva con gli alberi ci fa comprendere fino a che punto si possa arrivare nel rapporto tra uomini e alberi, un’alleanza che molte persone oggi stanno riscoprendo. Ma si può fare molto di più, chiedendo ad esempio agli alberi di aiutare l’umanità a crescere e ad evolvere:

È per questo che, quando passeggiate nei boschi, dovete avvicinarvi a un albero e dirgli: “Come sei bello e forte! Se potessi avere la tua resistenza, la tua stabilità! Ti prego di dire a tutti gli altri alberi del bosco come vi ammiro.” Allora gli spiriti che abitano quell’albero si dicono: “La maggior parte degli uomini è cieca e addormentata, ma quest’essere è entrato nel bosco e ha sentito la nostra presenza; è meraviglioso!” E sono felici e trasmettono la notizia di albero in albero, ed escono tutti dal loro rifugio per guardare e danzare attorno a voi.

Rivolgetevi a tutti gli alberi del bosco: “Voi sapete che Dio, il Creatore, è grande e sublime, ma oltre al vostro lavoro che cosa fate per servirLo di più? Bisogna che aiutate la Fratellanza Bianca Universale! Essa è qui per illuminare gli uomini, per farli rinsavire, affinché Regno di Dio si stabilisca sulla Terra. Voi stessi sarete allora molto più felici. Andate, riunitevi su tutta la Terra e dateci un aiuto!” Così tutti gli alberi della Terra saranno avvertiti si metteranno a lavorare insieme per la Luce.

Talvolta aprendo dolcemente gli occhi, potete scorgere anche un essere immenso, maestoso: è il capo di tutti gli Spiriti della foresta, la creatura che li riunisce in una sola anima. Egli vi avvolge in un immenso sguardo di Luce, proietta su voi i suoi raggi d’ogni colore e voi tornate a casa abbagliato, felice e appagato.[27]

 

I Fiori

Come le pietre preziose per il regno minerale, così i fiori sono senz’altro la più bella e sublime manifestazione del regno vegetale. I fiori sono infiniti per varietà, forme, colori, profumi, e anche in questo caso possiamo dire che rappresentino un simbolo e una realtà energetica e spirituale. Se pensiamo, ad esempio, ai fiori di Bach essi costituiscono un rimedio energetico, che sfrutta le particolari vibrazioni di determinati fiori per la cura del corpo energetico dell’essere umano. I fiori sono il simbolo della capacità di donare le proprie qualità in modo disinteressato: infatti, senza fare alcuna discriminazione, offrono la propria bellezza, il proprio profumo e tutte le loro caratteristiche a quanti si accostano ad essi. Pensiamo ad esempio alla rosa… ecco un fiore che ci indica la via del vero Amore:

Una tradizione riporta che le rose sono Entità provenienti dal pianeta Venere; esse hanno accettato di incarnarsi sulla Terra per aiutare gli esseri umani. Ma chi conosce la missione delle rose? Ci si serve di loro per ornare i giardini e gli appartamenti, per attirare un uomo o sedurre una donna. In realtà, la rosa ha il compito di rivelarci il cammino dell’amore vero. Ecco il ruolo, il messaggio della rosa. Se la rosa è considerata la regina dei fiori, è perché ci insegna il vero amore, l’amore che non imprigiona, l’amore che libera. Il giorno in cui gli esseri umani comprenderanno il sacrificio che essa ha fatto venendo in mezzo a loro e accetteranno di ricevere il suo messaggio, forse diverranno simili ad essa: ovunque, al loro passaggio, impregneranno l’atmosfera di un profumo delizioso.[28]

Ogni singolo fiore ha una propria essenza, ed è abitato da un’Entità luminosa; dipende però da noi la possibilità di percepirla ed entrare in contatto con questa Entità. Sempre in riferimento alla rosa Aïvanhov diceva:

Una rosa diventa più viva se la guardate con una coscienza illuminata: tra la rosa e voi si stabilisce un contatto; sentite che quel fiore è abitato da una creatura meravigliosa la quale si rivolge a voi.[29]

I fiori sono quindi anche una realtà energetica e spirituale e pertanto andranno considerati nella maniera più opportuna: quando li guardiamo, li contempliamo, è importante essere consapevoli che sono vivi e che se ci apriamo nei loro confronti possono offrirci i loro doni, le loro qualità e virtù.

Ecco cosa Aïvanhov suggerisce sulla relazione che è possibile avere con i fiori:

Prendiamo i fiori. Chi non li apprezza? Si ama riceverli e offrirli, si mettono in casa, si piantano in giardino, si ammirano nei parchi e in campagna, ci si meraviglia delle loro forme, dei loro colori e profumi, ma essenzialmente si considerano come elementi decorativi, che contribuiscono a rendere l’esistenza più gradevole. Con questo atteggiamento superficiale non si riceve granché dalla loro presenza. In realtà i fiori sono esseri con i quali si può entrare in relazione. Si, un fiore non è soltanto un pezzo di materia colorata e profumata: è il ricettacolo di una Entità spirituale che viene a parlarci della Terra e del Cielo. Se si sa come guardare un fiore, come legarsi a lui, si entra in relazione anche con le forze della Natura, con le creature sottili che lavorano per fare del fiore una presenza molto vivificante e poetica.[30]

 

 

Il Regno Animale

Nei libri sacri è scritto che con la Caduta l’essere umano trascinò con sé i suoi fratelli minori, ossia gli animali e che da allora alcuni rimasero fedeli all’uomo – come, ad esempio, tutti gli animali domestici – mentre altri gli dichiararono guerra proprio a causa di questo evento. Il rapporto che esiste tra l’uomo e gli animali è qualcosa di molto più intimo e straordinario di quanto l’uomo stesso possa a immaginare.

Gli animali, che si trovavano anche loro nel Paradiso, seguirono l’uomo nella Caduta, ma anche loro, da quel momento, si divisero: alcuni, per amore, non vollero abbandonare l’essere umano, mentre altri, erano talmente indignati contro di lui, che divennero suoi nemici. Ancora oggi non possono perdonarlo; pertanto, quando lo incontrano, vogliono fargli del male per ricordargli la sua colpa. Invece i primi, quelli che sono rimasti inoffensivi, hanno accettato la situazione. Ecco quel che ci rivela la tradizione esoterica.

Dunque, all’inizio non esisteva alcuna divisione fra gli animali, tutti si comprendevano e vivevano in perfetta armonia con l’uomo. In futuro l’armonia sarà ristabilita e tutto ritornerà di nuovo in ordine: gli esseri umani si comprenderanno, si tenderanno la mano, vivranno come fratelli e faranno la pace con gli animali. È questo il senso della profezia di Isaia: “Il lupo abiterà con l’agnello, la pantera dormirà con il capretto, la mucca e il leone passeggeranno insieme sotto la guida di un ragazzo…” È meravigliosa questa profezia! Quando il Regno di Dio si ristabilirà, non esisterà più ostilità fra gli uomini, né fra gli animali e gli uomini.[31]

La relazione che esiste tra l’essere umano e gli animali è tale che tutto ciò che l’essere umano fa agli animali finisce poi per avere delle ripercussioni su di lui. È necessaria una presa di coscienza di questo aspetto, in quanto la maggior parte delle persone è convinta di poter agire sulla Natura e su tutte le sue creature come meglio crede. Esistono però delle Leggi cosmiche, cui tutti siamo sottomessi e che reggono l’intera esistenza dell’universo; la Legge di causa ed effetto è una di queste: nulla rimane senza conseguenze. Secondo queste Leggi spirituali, trattare in modo crudele gli animali, sfruttandoli per un mero interesse economico, è un crimine che prima o poi andrà pagato. Non a caso secondo Aïvanhov, così come secondo altri Maestri:

Quanto agli animali – anche se non prestiamo loro molta attenzione – questi fanno parte della nostra vita, e alcuni di essi conducono accanto a noi un’esistenza dalla quale avremmo molto da imparare. Ma come considera gli animali la maggior parte degli esseri umani, e come si comporta con loro? Il modo in cui essi sfruttano alcune specie è veramente ignobile. Per avere la loro carne, la loro pelliccia, il loro cuoio, le loro corna o qualche altra parte del loro corpo, non indietreggiano di fronte a nessuna crudeltà. Ma ve l’ho già detto: un giorno gli esseri umani saranno condannati a pagare a caro prezzo questa loro crudeltà verso gli animali.

Anche se in apparenza le guerre hanno unicamente cause politiche, economiche, ecc., in realtà sono anche la conseguenza di tutti massacri di animali di cui gli uomini si rendono colpevoli. La Legge di Giustizia, che è implacabile, li obbliga a pagare con il proprio sangue quello che hanno fatto scorrere uccidendo gli animali. Quanti milioni di litri di sangue sparso sulla Terra gridano vendetta verso il Cielo! L’evaporazione di quel sangue attira una moltitudine di larve e di entità inferiori del mondo astrale, che avvelenano l’atmosfera della Terra e alimentano i conflitti. Gli esseri umani vogliono la pace – per così dire – ma finché continueranno a massacrare gli animali, avranno solo la guerra. Ecco una verità che non si conosce che forse non verrà accettata; che la si accetti o meno, io sono obbligato a rivelarla: gli esseri umani saranno trattati come hanno trattato gli animali.[32]

Da questa riflessione possiamo comprendere quanto il rapporto con gli animali andrebbe completamente rivisto. Poter sperare di costruire una società sana, che vive nella pace, significa anche migliorare il rapporto con gli animali: questi nostri fratelli minori vanno rispettati e considerati Entità senzienti, che soffrono e che hanno una loro dignità spirituale.

Analizzando questo regno da un punto di vista simbolico scopriamo che le varie specie animali sono presenti in tutte le antiche culture, in base alle loro caratteristiche, al loro comportamento e attitudine: pensiamo ad esempio agli dèi egizi.

Ogni animale, così come ogni pianta e ogni pietra, è collegato ad una virtù o a una caratteristica che ritroviamo anche nel carattere degli esseri umani. Prendiamo ad esempio animali con una forte simbologia come l’aquila, il leone, il serpente, il cervo, la colomba, ecc. Attraverso l’animale ci si può collegare a una delle virtù che esso rappresenta: la regalità del leone, la furbizia del serpente, la purezza della colomba, l’agilità del cervo, la capacità di osservazione dell’aquila, ecc. Su questo aspetto – l’animale come simbolo – esiste una ricchissima bibliografia[33]: pertanto, non approfondiremo tale argomento, e ci concentreremo invece ora sulle questioni energetiche e spirituali.

Pochi sanno, infatti, che gli animali hanno un rapporto molto stretto con il mondo invisibile, e lo percepiscono con maggiore facilità rispetto agli esseri umani. Un’animale può divenire tramite di altre Entità spirituali, come anche di anime umane, nel senso che queste Entità o queste anime usano il corpo dell’animale per relazionarsi con il mondo fisico e con gli esseri umani. Come questo possa avvenire ci viene spiegato da Aïvanhov con grande chiarezza:

È detto che in tempi antichissimi i primi uomini vivevano in armonia con gli animali: non avevano quindi nulla da temere dagli animali, e questi non fuggivano all’avvicinarsi dell’uomo. Ma ora, anche se si incontrano alcune eccezioni, il legame è spezzato, e gli animali fanno sull’essere umano delle riflessioni che raramente gli fanno onore. Quando gli animali tengono consiglio, cosa non raccontano di lui! Come lo giudicano, come lo criticano! L’essere umano si crede molto superiore, ma gli animali, che lo osservano, dicono fra di loro: “L’uomo pensa che siamo stupidi, che non capiamo. Facciamo in modo che non debba ricredersi, e continuiamo ad osservarlo”.

Provate a parlare con un animale: farà finta di non capirvi; in realtà, è in grado di capire perfettamente, ma solo quando gli fa comodo. Noi non sappiamo cosa passa per la testa degli animali, ma forse essi sanno meglio di noi cosa passa nella nostra. Noi non li capiamo, ma essi ci capiscono, o più esattamente, ci sentono. Molti di coloro che amano i cani, i gatti, i cavalli, ecc., ne hanno avuto delle prove.

A tratti, cercando di captare lo sguardo di certi animali, abbiamo l’impressione che ci nascondano qualcosa. Perché questa impressione? Perché in realtà può succedere che gli animali siano abitati da Entità astrali che ci osservano attraverso i loro occhi. Sì, altre creature vive e intelligenti possono guardarci attraverso gli occhi di un cane, di un gatto o di un cavallo. È questo che a volte dà la strana sensazione di avere di fronte qualcosa di più di un semplice animale. Ma oso appena parlarne di quest’argomento, perché passerei per uno sciocco. Eppure, è la realtà: può accadere che alcune Entità entrino nel corpo di un animale e, nei suoi occhi, incontriamo lo sguardo di quell’Entità. Questa relazione degli animali con il mondo invisibile spiega il motivo per cui alcune religioni abbiano dato ai propri dèi forme di animali. Nella religione egizia per esempio, Horus è rappresentato da un falco, Hathor da una giovenca, Toth da un ibis, Sekhmet da un leone, Bastet da un gatto…[34]

A Izgrev il Maestro Peter Deunov aveva un gatto di cui a volte ci parlava nelle sue conferenze. […] Vedendo che ci stupivamo dell’attenzione che accordava al suo gatto, il Maestro finì col dirci: “In questo gatto è rinchiusa l’anima di un grande filosofo del passato, che ha pensato male e ha vissuto male. Per questo gli parlo, per istruirlo. Voi non mi credete, perché pensate che un’anima umana non possa entrare in un gatto… Ma ragionate un po’: quando un uomo entra in un’automobile o in un aereo, voi non lo confondete con quei veicoli; sapete bene che l’automobile o l’aereo sono solo dei mezzi che egli utilizza per recarsi da un luogo all’altro. Ebbene, anche una forma animale è un veicolo che può trasportare un’anima umana. Così come voi entrate in un veicolo o ne uscite, allo stesso modo, in qualsiasi momento un’anima umana può entrare in un animale e poi uscirne. Negli animali che ci circondano si trovano spesso delle anime con le quali certe persone riescono a comunicare. L’anima che li guarda attraverso gli occhi di un animale può essere quella di un uomo o di una donna che sta seguendo un tirocinio perché deve fare alcune esperienze, capire alcune verità”.[35]

Gli animali sono dunque esseri senzienti che, come abbiamo visto precedentemente, hanno un’anima di gruppo, e stanno lentamente sviluppando il piano mentale. In particolare sono gli animali che vivono a contatto con l’uomo che seguono questo processo evolutivo con maggiore facilità.

Da un punto di vista spirituale è importante quindi considerare gli animali come i nostri fratelli minori, da accompagnare nel loro percorso evolutivo, sapendo che attraverso di loro il mondo invisibile comunica con noi e attraverso di loro possiamo ricevere dei messaggi.

Queste brevi riflessioni sono sufficienti per comprendere quanto sia importante che l’uomo rinnovi il suo rapporto con gli animali alla luce del sapere iniziatico, affinché una nuova relazione basata sul rispetto e sull’amore divenga possibile.

[1] Aïvanhov, O. M., Per diventare un libro vivente, elementi autobiografici 1, Prosveta, 2011, pp. 342-343.

[2] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2011 (25 febbraio), Prosveta, 2010.

[3] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2013 (28 gennaio), Prosveta, 2012.

[4] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, p. 520.

[5] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2015 (9 aprile), Prosveta, 2014.

[6] Aïvanhov, O. M., La Nuova Terra, Prosveta, 2009, p. 108.

[7] Aïvanhov, O. M., Per diventare un libro vivente, elementi autobiografici 1, Prosveta, 2011, p. 343.

[8] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 187.

[9] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2015 (8 gennaio), Prosveta, 2014.

[10] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, pp. 189-191.

[11] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2010 (27 giugno), Prosveta, 2009.

[12] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, pp. 192-193.

[13] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014, p. 346.

[14] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014, p. 321.

[15] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2009 (26 dicembre), Prosveta, 2008.

[16] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 2007; pp. 67-69.

[17] Si vedano, ad esempio, gli studi di Stefano Mancuso e il suo libro Intelligenza Verde.

[18] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 198.

[19] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’Albero della Vita, Prosveta, 2006, p. 276.

[20] Vd. Alberi Sacri di F. Tassi, Stella Mattutina Edizioni, 2017.

[21] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2010 (30 marzo), Prosveta, 2009.

[22] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2018 (12 ottobre), Prosveta, 2017.

[23] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2013 (24 agosto), Prosveta, 2012.

[24] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014, pp. 359-360.

[25] Aïvanhov, O. M., La fede che sposta le montagne, Prosveta, 2001, pp. 189-192.

[26] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014, p. 358.

[27] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’Albero della Vita, Prosveta, 2006, pp. 276-277.

[28] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2010 (25 luglio), Prosveta, 2009.

[29] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2017 (22 maggio), Prosveta, 2016.

[30] Aïvanhov, O. M., La fede che sposta le montagne, Prosveta, 2001, pp. 187-189.

[31] Aïvanhov, O. M., Linguaggio simbolico, linguaggio della Natura, Prosveta, 2009, pp. 188-189.

[32] Aïvanhov, O. M., Per diventare un libro vivente, elementi autobiografici 1, Prosveta, 2011, p. 343.

[33] Si vedano ad esempio i libri: Animali tra mito e simbolo e La natura e i suoi simboli.

[34] Aïvanhov, O. M., Per diventare un libro vivente, elementi autobiografici 1, Prosveta, 2011, pp. 343-345.

[35] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014; pp. 374-376.

 

Il Regno della Natura vivente – 2. I QUATTRO ELEMENTI

Nei precedenti paragrafi abbiamo visto come l’intero universo sia stato formato a partire dalla Luce. Questa Luce non è quella luce che vediamo, bensì la Luce spirituale, da cui tutto ha avuto origine. In realtà, esistono due luci: la luce visibile e la luce invisibile, che è la quintessenza della Creazione. Alcuni idiomi danno infatti, […]

La Verità ferita

Editoriale della Rivista Misli 6, 2020 di Carlo Simon Belli

Nell’anno che si sta concludendo, non è possibile esimersi dal fare un accenno alla difficile situazione sanitaria che l’intero pianeta sta attraversando ma, non avendo competenze in ambito medico, mi limiterò ad esprimere qualche riflessione da una prospettiva sociale e spirituale.

In questo senso, guardando al mondo della comunicazione, ma soprattutto alle scelte in ambito economico, sociale e sanitario che i governi stanno intraprendendo, appare assai evidente quanto, in questi tempi, la principale vittima sia la Verità, la quale appare gravemente ferita, con lesioni profonde che comportano preoccupanti ripercussioni anche nel tessuto sociale, e con cicatrici che impiegheranno anni per rimarginarsi. Nelle società in cui la Verità è stata violata, e in cui conseguentemente dominano insicurezza e incertezza, emergono forme di disagio individuale e collettivo, che si manifestano concretamente con atteggiamenti paranoici di reciproca diffidenza, paralisi di attività socializzanti, preoccupante rallentamento dei processi educativi e formativi, incremento e diffusione di svariate forme di intolleranza, xenofobia, violenza, innescando o aggravando crisi socioeconomiche contraddistinte da uno scandaloso accrescimento del divario tra ricchi e poveri.

Ebbene, bisognerà riconoscere come tutto questo possa considerarsi causa più o meno diretta di un diffuso e profondo malessere individuale, quasi come fossimo in una sorta di guerra, seppur non dichiarata. Non si muore solo di malattia, anzi, si può affermare che nel nostro mondo globalizzato si muore di più a causa di conflitti sociali, povertà, fame, disperazione, paura, e anche spesso a causa di malattie che gli individui contraggono come conseguenza di pesanti disagi psichici, che finiscono per manifestarsi in maniera dirompente sul piano sociale.

Ma la crisi sociale, economica e politica che stiamo vivendo e che rischiamo di dover affrontare nei prossimi tempi, non è riconducibile solo e soltanto a questioni materiali (come conseguenza diretta delle scelte della gran parte dei governi): se così fosse la “ripresa” sarebbe più facile da conseguire. In realtà, vi è una dimensione della crisi che è più “sottile”, più “spirituale”, e che sta incidendo in maniera molto più profonda e molto più duratura sulla nostra società globalizzata, essendo riconducibile alla diffusa perdita di fiducia, allo scoraggiamento che derivano dalla ormai forte propensione a manipolare e distorcere le informazioni, una tendenza nefasta, che ormai caratterizza la maggior parte dei governanti, dei politici, degli uomini di potere. Le moltitudini sono come disorientate, in quanto non sanno più se possono fidarsi delle élite che li governano, non si sentono più rappresentati; la diffidenza si diffonde verticalmente e orizzontalmente in tutta la società.

È ragionevole, oltre che necessario, saper riconoscere quanto tutti i fattori di crisi che si stanno profilando possono essere considerati conseguenza diretta o indiretta di verità parziali presentate come assolute, di informazioni distorte o ingannevoli, di notizie false o esagerate, spesso date con il preciso intento di creare disinformazione, ansia e smarrimento.

Purtroppo, sono ancora pochi coloro che si rendono conto di quanto sia dannoso – per i singoli individui e per la società nel suo insieme – ferire e violare la Verità; spesso neanche gli intellettuali più attenti sono consapevoli del fatto che tale pratica costituisce forse la principale fonte di disarmonia e conflitti, in tutte le civiltà, di tutti i tempi.[1]

Grandi saggi e grandi Maestri spirituali ci hanno invece spesso ammonito in proposito: nell’antico grandioso poema epico indiano Mahabharata – che narra dello scontro tra una élite di regnanti buoni contro una élite di regnanti cattivi, avvenuto nell’era (il Dvāpara-yuga) che ha preceduto la nostra (il Kali-yuga) – la vera causa del conflitto finale (che porterà ad una vera e propria ecatombe e che vedrà soccombere pressoché tutta l’umanità) sta nelle trame e nei raggiri di un protagonista apparentemente secondario, Dushasana, noto per essere falso e bugiardo; il messaggio è chiaro: le società umane rischiano la catastrofe non a causa di governanti “buoni” non sufficientemente capaci, o di governati “cattivi” troppo autoritari o crudeli, ma a causa di individui che, mentendo, diffondono zizzania.

Per tutte queste ragioni, quanti desiderano adoperarsi per il “Bene comune” – tanto da una prospettiva materialista agnostica, quanto da una prospettiva spiritualista – dovrebbero darsi come compito irrinunciabile la difesa della Verità, la non adesione alla menzogna.

Ma come adempiere a questo compito così vitale per la salute del singolo individuo e dell’intera società? Evidentemente, la conditio sine qua non sarebbe di riuscire a capire dove si “trova” la Verità, compito assai difficile, e che andrebbe affidato alla sensibilità soggettiva di ciascuno di noi.

In questa nostra realtà materiale, della Verità si può dire dove non si trova; ad esempio, essa non si trova negli “estremi”, non dimora negli eccessi, nei proclami, negli editti, di nessun schieramento, e rifugge i portatori di odio e di violenza: qui non troveremo mai una Verità assoluta. Piuttosto, è importante riconoscere che potremo trovare tante verità quanti sono gli abitanti del nostro pianeta.

In questo nostro tempo invece, travolti da un nemico invisibile, più che mai stiamo assistendo ad un tentativo diffuso di convincere tante più persone possibile che la verità è su uno dei due “fronti” che si stanno contrapponendo con tanta forza: da un lato il fronte delle istituzioni governative di tutto il mondo che, in nome di una supposta pandemia (dichiarata in base a dei parametri opinabili), stanno imponendo restrizioni alla vita sociale, limitazioni foriere di quelle ansie e disarmonie sociali che sono all’origine di quei problemi cui si accennava poc’anzi; dall’altro, in netta antitesi, abbiamo quei tanti che si ostinano a negare la gravità dell’emergenza sanitaria che le nostre società si trovano a dover affrontare, inducendo così moltissime persone a mettere in essere comportamenti incauti e irresponsabili.

Quanto sarebbe preferibile riconoscere che la verità sta in medias res, vale a dire “nel mezzo” e che pertanto, per dirla in termini semplici e diretti, ci troviamo in una situazione seria – dove quindi tutti dobbiamo assumere comportamenti civilmente responsabili –, ma che non giustifica assolutamente il sacrificio della vita sociale e delle libertà.

I cittadini di questo mondo dovrebbero sviluppare una sorta di “responsabilità civile condivisa” della salute, in virtù della quale, al fine di garantire la salute globale, ciascuno si assume singolarmente il compito di migliorare la propria salute, attraverso comportamenti oggettivamente benefici per il proprio corpo fisico, per il proprio equilibrio emotivo, per la propria condizione mentale.

Sia coloro che negano la pericolosità di questo virus, sia coloro che pretendo di trovare soluzioni esogene – con vaccini propagandati come miracolosi e approcci che medicalizzano l’esistenza –, non comprendono quale sia la verità da perseguire, quella socialmente utile e quindi “vera”. Di conseguenza, limitano o impediscono a tanti di intraprendere il percorso mediano, quello che suggerisce a tutti di assumere comportamenti adeguati a vivere in maniera più sana, in contesti ambientali e lavorativi più sani, promuovendo una nuova visione della salute che includa il rispetto del nostro ecosistema.

Non riconoscendo questa verità, i governi non approfittano di questa importantissima occasione per stimolare nei cittadini una maggiore attenzione consapevole alla salute: invece di proporre e propagandare soluzioni miracolose, e scientificamente non provate, i governi avrebbero ora l’occasione di dare ai cittadini tutta una serie di indicazioni su quei tanti comportamenti – che invece godono di comprovata scientificità – che è possibile assumere per migliorare il proprio stato generale di salute, per rafforzare il proprio sistema immunitario e renderlo più resistente a virus e batteri, di qualsiasi natura e provenienza essi siano.

Secondo ipotesi scientificamente fondate, il virus che tanto ci preoccupa rischia di essere solo il primo di una lunga serie di malattie, capaci di diffondersi facilmente nel nostro mondo globalizzato e verso le quali non ha senso concepire soluzioni che tentano di arginare gli effetti, mentre sarebbe opportuno cercare di affrontarne le cause.

Ma, al di là di queste considerazioni su cosa fare, questa è anche un’occasione assai importante per riflettere sul tema della Verità, perché è proprio quando la Verità viene ferita con così tanta veemenza che divengono evidenti le sofferenze che tale atto provoca al tessuto sociale.

Per chi ha intrapreso un percorso improntato ad una visione spirituale dell’esistenza questa è dunque l’occasione migliore per sviluppare un’attitudine volta a difendere le ragioni della Verità e, riassumendo quanto fin qui espresso, potremmo dire che a tal fine dovremo in primo luogo riconoscere la relatività delle verità che incontriamo nella nostra esistenza terrena, e che di conseguenza è necessario tenersi lontano da quanti hanno la presunzione di proporre in maniera apodittica verità assolute. In secondo luogo, è necessario riflettere sul fatto che, se vogliamo coltivare e difendere la Verità, dobbiamo altresì cacciare da noi i due sentimenti che più di altri sono i nemici (interiori ed esteriori) della Verità: la rabbia e la paura. La rabbia ci rende intolleranti verso le verità altrui, mentre la paura ci induce a credere nelle “verità” estreme e assolute, quelle che appunto non sono veritiere. Questi sentimenti ci portano anche ad essere incapaci di recepire i suggerimenti che, attraverso il nostro intuito, ci giungono dal piano spirituale.

Per aiutarci a cacciare rabbia, paura e incertezze, Aïvanhov ci ricorda il relativismo di concetti come Bene e Male, esortandoci a collegarci con un Principio di ordine superiore, che sovrasta Bene e Male, piegandoli al Suo servizio: in tal modo lo spiritualista riesce ad agire nel mondo con quel necessario distacco consapevole, agendo sempre come portatore di amore e saggezza, e manifestandosi con un nuovo modo di essere, come precursore di una nuova umanità.

Se nei nostri cuori e nelle nostre menti coltiveremo questa consapevolezza, potremo aiutare la Verità a risorgere: la Verità può infatti essere ferita, ma prima o poi, quale fenice che risorge dalle ceneri, rinasce, per rivelarsi in maniera inconfutabile.

Possiamo concludere queste brevi riflessioni con un pensiero di O. M. Aïvanhov, che ben riassume quanto abbiamo appena cercato di esprimere: «Se è così difficile dare una definizione della Verità, è perché essa non esiste in quanto tale: esistono soltanto la Saggezza e l’Amore. È il comportamento degli esseri a rivelare se essi sono nella Verità, non le teorie che presentano agli altri. Quanto a quelli che sostengono di cercare la Verità ma non l’hanno ancora trovata, essi devono comprendere che in realtà non hanno nulla da cercare: devono soltanto progredire, ogni giorno della loro vita, nell’Amore e nella Saggezza. Sono l’Amore e la Saggezza che conducono alla Verità. La Verità non la si può concepire indipendentemente dal cuore e dall’intelletto. Se essa fosse indipendente dall’attività del cuore e dell’intelletto, ciascuno dovrebbe scoprire la stessa Verità. Ebbene, le cose non stanno così: tutti – o quasi tutti – trovano una verità diversa. Soltanto coloro che posseggono l’amore e la saggezza scoprono la medesima Verità. Ecco perché, nonostante le loro diverse origini e culture, in fondo essi parlano la stessa lingua» (Pensiero di martedì 5 marzo 2019).

[1] A conferma di quanto appena detto, è interessante richiamare una citazione di Rudolf Steiner – che troviamo nell’articolo di Harrie Salman con il quale si apre la serie degli articoli di questo numero di Misli –  secondo cui, da un punto di vista esoterico, i batteri (e i virus) sono «i demoni della menzogna fisicamente incorporati» (cfr. La Saggezza dei Rosacroce, O.O. 99, conferenza del 30/5/1907) e possono quindi essere considerati la materializzazione delle menzogne della nostra civiltà materialistica.

I Fiori di Bach – Un Libro che nasce dall’Esperienza Pratica. Sergio Abram

I Fiori di Bach – Un Libro che nasce dall’Esperienza Pratica.

  Intervista a Sergio Abram

Sergio Abram, ricercatore di vasti interessi nel settore floro-faunistico-ambientale, fotografo professionista, è autore di centinaia di articoli e di una cinquantina di volumi a carattere naturalistico, ci racconta per la prima volta come è nata l’idea di scrivere un libro sui Fiori di Bach, come è nata in lui la passione per la raccolta, la catalogazione e l’approfondimento per i fiori.

Il suo interesse per questa disciplina nasce oltre venti anni fa, quando Sergio Abram partecipa a un corso di Naturopatia, durato 3 anni, nel quale c’era la materia di floricultura, con uno studio sui fiori di Edward Bach. E’ stata la materia che lo ha interessato maggiormente, che lo ha portato a sperimentare in proprio l’utilizzo di questi fiori, andando a cercare personalmente i fiori dopo aver utilizzato quelli del kit da cui aveva mosso i primi passi. Dopo un lungo percorso attraverso seminari e conferenze, Sergio Abram decide di andare ad approfondire le fonti, a partire da Edward Bach fino ai suoi discepoli sparsi per il mondo.

Il suo percorso di approfondimento è durato 5 anni, arrivando alla conclusione che non è così fondamentale conoscere proprio tutti i fiori, ma importante riuscire a maneggiare e padroneggiare ciò che ci circonda. L’approccio di Abram è sempre rivolto alla praticità e alla pragmaticità: nel passaggio da studente e insegnante, cerca sempre di trasmettere a chi si appassiona ai rimedi, come trovare i fiori a parte del proprio luogo di appartenenza, ad imparare a riconoscerli, a distinguerli, a utilizzarli al meglio per quelle che sono le caratteristiche specifiche di ogni fiore e di ogni luogo.

https://youtu.be/l4kMX0APXxM

A corollario di questo percorso Sergio Abram ha deciso di raccogliere tutto in un libro dedicato ai Fiori di Bach, andando a catalogare ogni fiore, menzionando il nome originale e quello nelle lingue più conosciute, raccogliendo delle immagini molto significative e tratteggiando le principali caratteristiche e gli utilizzi più indicati. Una particolare attenzione viene posta sull’habitat naturale del fiore e sulle condizioni di utilizzo.

Una volta analizzato il fiore si passa alla sezione sulle osservazioni specifiche dedicate a ogni singolo fiore, su quali parti si utilizzano, su come si preparano, il periodo di raccolta, quale il metodo si utilizza per realizzare la tintura.

Andando a ricercare le parole di Edward Bach, integrando poi con le proprie considerazioni sugli stati armonici e disarmonici di ogni singolo fiore, sono emerse alcune curiosità che nel tempo non erano state approfondite a dovere: se per alcuni fiori era stata fatta confusione nella traduzione in varie lingue di determinati fiori, Abram ci racconta il particolare caso dell’Olmo inglese, a cui è dedicato questo video. La sua ricerca minuziosa ha dimostrato che non c’è bisogno di andare in Inghilterra per trovare un fiore che è molto più vicino di quanto si pensi, dato che si trova comunemente nelle nostre campagne.

https://youtu.be/XvFXfzATrXw

Nel terzo video che va a completare la serie, Sergio Abram racconta come è importante essere ben focalizzati nel momento in cui si vanno a preparare e utilizzare i Fiori di Bach: “il pensiero crea”, credere in quello che si sta facendo è il primo, fondamentale, passo per riuscire a ottenere ciò che si vorrebbe, ma la concentrazione assoluta è necessaria in ogni singolo passaggio, dedicandosi al 100% al fiore, che rappresenta quel determinato momento che stiamo vivendo. “Sono i fiori dell’anima”, in questo bellissimo passaggio Abram racconta la forza dell’anima di ognuno di noi, di come questa certe volte vada in contrasto con la mente, il pensiero razionale, che ci porta lontano da ciò che la Natura vorrebbe dirci, da dove vorrebbe portarci. Quando ci accorgiamo di ciò e impariamo veramente a seguire l’anima, ad ascoltarla nel profondo, non c’è miglior guida per la nostra esistenza.

Il libro comprende poi le Carte dei Fiori, che sono delle carte illustrate che possono essere seguite per realizzare vari giochi, sia in solitudine che in compagnia, attraverso la lettura dei fiori e delle poesie, raccolte dal corposo archivio di Sergio Abram, con il quale l’autore racconta il significato profondo che ogni fiore esercita per lui e nella sua vita.

A questo punto non rimane che dare un’occhiata al libro, disponibile nel catalogo di Stella Mattutina Edizioni

https://www.stellamattutinaedizioni.it/i-fiori-di-bach-sergio-abram/

https://youtu.be/Q2EnBGVNdgs

Il Regno della Natura vivente – 1. INTRODUZIONE

Il Regno della Natura vivente secondo l’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov
PRIMA PARTE
di Francesco Mossolin[i]

Tratto da Misli V – 2018

Il vero Tempio è quello che Dio ha creato: l’universo. È questo Tempio che il Maestro Peter Deunov chiama “il Regno della Natura vivente”, ed è indistruttibile. Noi tutti viviamo in questo Tempio, ma ci vivono realmente solo quelli che hanno una coscienza risvegliata.[ii]

Introduzione

La Natura è presente in tutti gli aspetti della vita quotidiana di ogni essere umano, eppure la maggior parte di loro sembra aver scordato questa semplice verità. Il concetto di “Natura” a cui facciamo riferimento include non solo le piante o i fiori che troviamo nei giardini o in campagna, bensì l’intero universo, ossia tutto ciò che esiste. Da questo punto di vista tutto ciò che ci circonda, tutto ciò che ci mantiene in vita, tutto ciò di cui abbiamo bisogno, proviene in origine dalla Natura. Noi stessi siamo parte di questa Natura, che possiamo anche chiamare “il Creato”.

Negli ultimi decenni l’essere umano ha costruito intorno a sé una vita artificiale, una sorta di sfera di cristallo…, o meglio di cemento, che lo ha allontanato dalla Natura al punto da aver perso un vero contatto con essa e con tutte le sue creature. Ci stiamo naturalmente riferendo all’uomo moderno, che vive in grandi città, che lavora tutto il giorno in splendidi o miseri uffici, circondato da oggetti e strutture artificiali. Quest’uomo moderno non ha più un vero legame con il Creato, né con il susseguirsi delle stagioni e i suoi ritmi, con le giornate che si allungano e si accorciano, con il caldo e il freddo: in un grande centro commerciale ogni giorno è identico al giorno precedente, come a quello successivo… e così per tutto l’anno: stessa temperatura, stessa luce, stessa aria, stessi ritmi.

Per la maggior parte degli esseri umani la Natura è ormai un’entità sconosciuta.

Nonostante in certi luoghi della Terra milioni di persone vivano ancora in stretto contatto con la Natura, la amino, la apprezzino e la rispettino, soprattutto in Occidente sta rapidamente crescendo il numero di individui che si sente sempre più attratto dal modello esistenziale maggiormente pubblicizzato dalle grandi multinazionali – purtroppo molto gradito dalle nuove generazioni –, un modello fatto solo di benessere materiale, di prosperità economica, di successi e riconoscimenti evanescenti e superficiali, un modello che insomma non include la Natura.

Ci sono fortunatamente molte correnti di pensiero che propongono vie alternative e che hanno come obiettivo quello di riportare l’uomo verso se stesso e quindi, conseguentemente, verso la Natura. Queste correnti si basano su antichi o nuovi insegnamenti di carattere spirituale: infatti, la visione spirituale dell’esistenza implica, necessariamente, la conoscenza, l’amore e il rispetto verso la Natura.

Nonostante il lavoro di queste correnti di pensiero – volto a riarmonizzare il rapporto tra l’uomo e l’ambiente – sia vasto e profondo, dobbiamo purtroppo affermare che pochissimi sono coloro che hanno davvero compreso gli aspetti energetici e spirituali della Natura. Si è molto approfondito lo studio delle scienze naturali nel loro aspetto fisico, chimico, biologico, fisiologico, ma da un punto di vista energetico e spirituale si conosce ancora ben poco.

Omraam Mikhaël Aïvanhov ha ampiamente trattato di questo argomento, descrivendone le caratteristiche in modo dettagliato. Con il presente lavoro cercheremo di strutturare e sintetizzare le sue riflessioni su questo tema.

Naturalmente non sarà possibile entrare nel dettaglio di ogni aspetto del vasto mondo della Natura, ma saranno toccati e sviluppati gli aspetti principali – da punto di vista simbolico, energetico e spirituale – relativi ai quattro elementi e ai tre regni presenti in Natura.

La Natura è il Tempio di Dio

Cerchiamo anzitutto di comprendere cos’è la Natura.

Secondo i grandi Maestri spirituali – tra cui Omraam Mikhaël Aïvanhov – la Natura è il Corpo di Dio, il Tempio di Dio. La Natura è il Creato, Dio è il Creatore, ossia lo Spirito o l’Intelligenza cosmica che abita e vivifica costantemente la Creazione.

Se la Natura è il Corpo di Dio, significa che Dio è presente ovunque nella Natura, e significa soprattutto che non c’è separazione tra Dio – lo Spirito – e la Natura – la Materia. Dio abita la Natura, la governa e la dirige. La Natura è quindi abitata dall’Intelligenza Divina e, grazie ad essa, è in continua evoluzione.

Aïvanhov osserva:

La maggior parte dei credenti considera come primo dogma di fede il fatto che Dio è il creatore del Cielo e della Terra. Lo recitano nelle loro preghiere, lo cantano anche… Siccome Dio è il creatore del Cielo e della Terra, Egli è senza dubbio presente in tutta la Creazione, dai più piccoli atomi, fino alle pietre. Sì, anche le pietre sono un aspetto di Dio, una Sua manifestazione. Dio è nella luce ed è nelle pietre. Quanta distanza fra le pietre e la luce! Ma in entrambe agisce la presenza divina. Queste poche parole riassumono tutta la saggezza degli Iniziati. È una verità molto semplice, ma molto distante dalla comprensione degli esseri umani! Bastano pochi secondi per enunciarla, ma ci vorranno anni per spiegarla e ci vorranno secoli, millenni, affinché tutti possano realizzarla.[iii]

Questo modo di vedere le cose spiega anche perché nelle tradizioni e nei culti più antichi le principali divinità erano in qualche modo collegate alla Natura, e per quale ragione i riti fossero in sintonia con le stagioni. La ricerca del Divino attraverso le manifestazioni della Natura ha quindi una sua precisa logica e coerenza in quanto, attraverso il Creato, l’uomo può incontrare e ritrovare il Creatore.

Tutto ciò che esiste nell’universo è composto dalla stessa quintessenza divina. Dio, il Creatore, avrebbe forse potuto non mettere qualcosa della Sua vita in ogni particella dell’universo che ha creato? E il politeismo che i cristiani hanno molto combattuto, non è che un modo di affermare che tutta la Natura è abitata da Dio. Non bisogna pensare che i Pantheon induisti, egizi, greci siano scaturiti dalle menti di persone ingenue e superstiziose. Anche la religione ebraica, che fu la prima nella storia ad insistere sulla realtà di un Dio unico, nella Kabbalah ha presentato Dio con nomi differenti, che esprimono i Suoi differenti attributi e manifestazioni dell’universo. Direte che la differenza fra la religione monoteista e le religioni politeiste è che la prima non rende culto alle forze della Natura, né agli astri, né ai quattro elementi, e che gli animali e le piante non sono considerati sacri! Certamente, ma trovate che gli oggetti (statue, quadri, vetrate) fabbricati dagli esseri umani siano migliori intermediari fra voi e la Divinità, di tutta la Natura in cui il Creatore stesso ha messo la propria vita?… I cristiani dovrebbero allargare un po’ la loro coscienza e comprendere che tutte le religioni, sotto forme più o meno elaborate, esprimono sempre la stessa idea: Dio, che ha creato l’universo, si può rivelare attraverso tutte le manifestazioni viventi dell’universo stesso, del quale conosciamo solo una piccola parte.[iv]

In sostanza, il Divino anima e vivifica tutta la Natura e, conseguentemente, attraverso tutte infinite le manifestazioni della Natura, noi possiamo riscoprire e ritrovare il Divino: questo è dunque il primo passo da compiere per conoscere e comprendere cosa realmente sia la Natura.

Tutto è vivo nella Natura

La Natura è viva e intelligente.

L’uomo moderno è abituato a vedere il Creato da un punto di vista materialista, dove le cose esistono e hanno un valore solo nella misura in cui possono portargli una qualche forma di profitto, possibilmente economico. Questa visione miope sta letteralmente distruggendo il Pianeta sul quale viviamo. Dobbiamo prendere coscienza che la Terra, la nostra Casa comune, è un’Entità viva e intelligente, poiché fa parte della Natura, ed è nostro compito stabilire una relazione corretta con lei.

Per la maggior parte delle persone l’idea che la Natura sia viva e intelligente suona come una cosa strana, persino ridicola. Ad esempio, se ad un materialista chiedessimo se una pietra possa essere considerata intelligente, potremmo ricevere risposte quanto meno sdegnate. E invece – come vedremo in seguito – la risposta può essere “sì”, ma a patto di capire e comprendere cos’è che in una pietra è vivo e intelligente, e come rivolgersi a questa parte.

Su tale aspetto Aïvanhov ha molto insistito, sottolineando anche l’aspetto pedagogico e psicologico dell’importanza di considerare la Natura viva e intelligente:

Tutta la Natura parla, poiché tutto ciò che esiste nell’universo possiede un particolare modo di esprimersi. Si tratta di lavorare sulle nostre facoltà di percezione, non soltanto per comprendere ogni manifestazione della Natura e le forme del suo linguaggio, ma anche per trovare in noi stessi dei mezzi di espressione per rivolgerci ad essa, o per risponderle. Infatti la Natura è viva e intelligente. Sì, intelligente, dal momento che l’intelligenza non è propria unicamente degli esseri umani. Per alcuni è molto difficile da ammettere, lo so, ma bisogna che conoscano questa verità: a mano a mano che cambiamo la nostra opinione sulla Natura noi modifichiamo il nostro destino. La Natura è il corpo di Dio, e se pensiamo che sia morta, che sia stupida, diminuiamo la vita in noi; se invece pensiamo che sia viva e intelligente, che le pietre, le piante, gli animali, le stelle sono esseri vivi intelligenti, introduciamo la vita in noi. E poiché la Natura è viva e intelligente, dobbiamo essere estremamente attenti e rispettosi nei suoi confronti, accostandosi con un sentimento di sacralità. Quanti di voi pensano: “Ma che importanza può avere il modo in cui considero la Natura? Per lei non fa differenza; non le faccio né del bene, né del male”. Che ne sapete?… Anche ammettendo che sia vero, cercate almeno di avere un atteggiamento rispettoso per gli effetti positivi che questo avrà su di voi. Sì, se avete un certo riguardo per le pietre, le piante, gli animali e anche per gli oggetti che vi circondano, la vostra consapevolezza del mondo invisibile si sviluppa, si approfondisce, e vi arricchite di tutta quella vita che respira e vibra intorno a voi. Essere un discepolo della Scienza iniziatica significa sviluppare la consapevolezza che nella Natura ogni cosa è viva, al fine di poterla rispettare, preservare e proteggere; significa approfondire dentro di sé lo spirito di costruzione. Ci avete mai pensato? Credo di no, ed è per questo che vi sentite spesso disorientati, angosciati, nel vuoto. Per uscire da questa situazione, cominciate a pensare che siete legati alle forze e alle Entità luminose della Natura, e che potete comunicare con loro. La vera vita è proprio questa comunicazione ininterrotta che avviene ogni giorno con una moltitudine di creature.[v]

Ci si potrebbe ora interrogare su come sia possibile entrare in relazione con l’Intelligenza della Natura, con quale linguaggio, o mezzo di comunicazione. Gli antichi celebravano riti e cerimonie di ogni genere per entrare in contatto con queste Entità, in particolare offrendo loro dei sacrifici. Queste pratiche, oggi considerate barbare e incivili, avevano come obiettivo quello di rendere omaggio alle divinità, agli dèi e agli Spiriti di Natura. Ma c’è da chiedersi se davvero queste Entità desiderassero certi sacrifici, o se più probabilmente ciò che era loro gradito era l’amore e la riconoscenza celati dietro queste pratiche rituali. Purtroppo, come spesso accade, i riti nel tempo si svuotano del proprio significato e rimangono solo forme esteriori e superficiali.

In effetti, ad un’attenta lettura delle parole di Aïvanhov comprendiamo come l’elemento essenziale di queste antiche forme di “comunicazione” con le Entità della Natura fosse proprio l’amore, la riconoscenza, la gratitudine. Ovviamente non c’è necessità di ritornare verso queste forme rituali e compiere nuovi sacrifici per manifestare tali sentimenti verso la Natura, anzi: questo tipo di pratiche – in particolare i sacrifici umani e animali –, erano accettabili per le culture del passato, ma non certo per quelle contemporanee. Piuttosto, è importante recuperare l’essenza di questi riti, quell’elemento che permette di entrare in relazione con l’Anima della Natura vivente: l’Amore.

Direte: “Ma quale mezzo di comunicazione abbiamo?” L’amore. Non esiste altro mezzo che l’amore. Se amate la Natura, lei parlerà in voi, perché anche voi siete parte della Natura. Certo occorre una lunga preparazione per raggiungere questo stato di coscienza, ma il giorno in cui ci riuscirete, vi sentirete nella luce, nella pace, protetti da Madre Natura che vi riconoscerà come suoi figli; essa allora vi amerà teneramente, vi prenderà fra le sue braccia e vi donerà la sua gioia. Non saprete neppure da dove provenga quella gioia, ma sarete felici come se il Cielo e la Terra vi appartenessero.[vi]

Il Libro vivente della Natura – Macrocosmo & Microcosmo

La Natura può essere analizzata anche da un punto di vista esoterico e simbolico e, in questo caso, possiamo vederla come una sorta di libro, in cui tutto è scritto:

La Natura è il libro in cui Dio ha scritto tutte le Sue Leggi. Dio si esprime attraverso i fenomeni della Natura.[vii]

Chi sa leggere e comprendere questo “Libro” comprende sia le Leggi che regolano l’universo, sia ogni più piccolo fenomeno della vita quotidiana. Ma solo gli Iniziati[viii] riescono a penetrare questo linguaggio e a decifrarne il contenuto.

Il Maestro Peter Deunov diceva: «La Natura diverte gli uomini comuni, insegna ai discepoli e svela i suoi segreti soltanto ai saggi». Nella Natura ogni cosa possiede una forma, un contenuto e un senso. La forma è per gli uomini comuni, il contenuto per i discepoli e il senso profondo per i saggi, gli Iniziati.[ix]

Aïvanhov ci spiega che la Natura, oltre ad essere il Corpo di Dio, può essere vista anche come un Libro vivente, sul quale l’Intelligenza cosmica ha scritto le Leggi che sostengono e regolano l’intero universo.

Possiamo quindi iniziare a comprendere da dove gli Iniziati di tutti i tempi abbiano tratto le loro intuizioni e i loro insegnamenti spirituali: dalla Natura stessa, dallo studio di questo particolare Libro vivente.

È venuta l’ora di imparare ad attingere nozioni dal Libro della Natura, nel quale tutto è scritto. Dobbiamo imparare a trarne gli insegnamenti poiché, data l’imperfezione della natura umana, entro certi limiti tutti i pensatori del passato sono nell’errore, mentre la Natura è e rimarrà eternamente viva e veritiera. Un grande Maestro, un grande Iniziato, è un essere che conosce la struttura dell’uomo e della Natura, nonché gli scambi che deve fare, mediante i propri pensieri, i propri sentimenti e le proprie azioni, con la Natura stessa.[x]

La Natura si manifesta in molte forme: il cielo sereno, la pioggia, la nebbia, la neve, le stagioni che si susseguono: primavera, estate, autunno e inverno… Cambiamenti questi che comportano un linguaggio da decifrare.[xi]

Studiate la Natura, osservate tutti fenomeni che vi avvengono e vedrete che si farà molta luce dentro di voi. Contemplando ogni mattina il levar del Sole, berrete l’elisir dell’immortalità, elisir che non si trova solo nel Sole; infatti, lo potete trovare e raccogliere anche dall’aria, dalle piante e dalle pietre.[xii]

Aïvanhov invitava spesso i suoi discepoli a studiare, analizzare, contemplare e meditare su questo grande Libro, ed egli stesso ha più volte affermato che i principi del suo Insegnamento li aveva tratti e verificati dal Libro della Natura vivente, in cui tutto è scritto, tutto è spiegato, anche se attraverso un linguaggio diverso dal nostro, che si può decifrare tramite la meditazione, la contemplazione, l’identificazione e lo sviluppo dell’intuizione.

La Scienza dello Spirito ci insegna che l’uomo è la condensazione di tutto l’universo, un Microcosmo che rappresenta il Macrocosmo. Lo studio della Natura ci porta quindi anche verso la comprensione di cos’è l’uomo, di com’è strutturato.

Da tempo immemorabile l’uomo viene considerato una sintesi dell’universo. Negli antichi templi era rappresentato simbolicamente come la chiave capace di aprire le porte del Palazzo del Grande Re, poiché tutto ciò che esiste nell’universo, dalla materia alle energie, esiste in quantità proporzionale anche nell’uomo. Da qui il motivo per cui l’universo viene chiamato “macrocosmo” (grande mondo), mentre l’uomo “microcosmo” (piccolo mondo); e Dio è il nome dello Spirito sublime, il Creatore del grande e del piccolo mondo, che vivifica e ne sostiene l’esistenza.[xiii]

Dire che l’uomo rappresenta un microcosmo creato a immagine del macrocosmo, significa che i quattro elementi, come pure tutti i regni della Natura, sono presenti in lui. Il regno minerale è rappresentato dal sistema osseo, il regno vegetale dal sistema muscolare, il regno animale dal sistema circolatorio, infine, il regno umano dal sistema nervoso.[xiv]

Quando si dice che nell’uomo sono rappresentati i vari regni della Natura, non si tratta solamente di una realtà fisica (le pietre corrispondono al sistema osseo, le piante al sistema muscolare, ecc.), ma anche e soprattutto di una realtà psichica. I regni minerale, vegetale, animale, umano e angelico corrispondono ai diversi stati di coscienza che ci è dato vivere. Il regno minerale è rappresentato dall’inconscio, il regno vegetale dal subconscio, il regno animale dalla coscienza, regno umano dalla coscienza di sé, il regno angelico, che è quello dei grandi Maestri e degli Iniziati, è rappresentato dalla supercoscienza.[xv]

Con questi brevi estratti abbiamo visto un piccolo accenno alle corrispondenze che esistono tra l’uomo e l’universo, tra il Microcosmo e il Macrocosmo. Questa materia meriterebbe senz’altro un ulteriore approfondimento, in quanto una maggiore conoscenza dell’essere umano e del suo legame con la Natura e con l’intero universo favorirebbe la comprensione di come tutto è interconnesso e che qualsiasi cosa facciamo, pur nel ristretto contesto delle nostre esistenze personali, ha delle ripercussioni in tutto il Creato. Come disse il poeta Francis Thompson: «Le cose sono unite da legami invisibili: non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella».[xvi]

CORRISPONDENZA TRA I REGNI DELLA NATURA E L’ESSERE UMANO
RegnoStato di coscienzaSistema fisico
Regno AngelicoSupercoscienzaSistema energetico
Regno UmanoCoscienza di séSistema nervoso
Regno AnimaleCoscienzaSistema circolatorio
Regno VegetaleSubconscioSistema muscolare
Regno MineraleInconscioSistema osseo
La Luce: materia della Creazione

È scritto nei testi sacri che Dio creò il mondo attraverso la Luce; la Luce è dunque la materia originaria con la quale il mondo venne creato; tutti gli altri elementi non sono quindi che una condensazione di questo primo elemento: la Luce spirituale. Per comprendere meglio questo concetto dal punto di vista della Scienza dello Spirito riportiamo alcune brevi riflessioni di Aïvanhov:

La Luce è quella sostanza che Dio, il Fuoco primordiale, ha emanato all’origine del mondo dicendo: “Che Luce sia!”. Quella Luce altro non è che il Verbo citato all’inizio del Vangelo di San Giovanni: “In Principio era il Verbo, e il Verbo era con Dio e il Verbo era Dio… Tutto ciò che è stato fatto, è stato fatto da Lui…”. La Luce è il Verbo che il Creatore ha pronunciato e col quale ha creato il mondo. Il mondo fisico, così come lo conosciamo, altro non è che la condensazione della Luce primordiale. Dio, il Principio attivo, ha proiettato quella Luce e l’ha utilizzata quale materia per creare l’universo. Si comincia così a percepire la manifestazione dei due principi, maschile e femminile, che sono all’origine della Creazione, poiché Dio, il Fuoco, il Principio maschile, ha emanato da Sé e proiettato il Principio femminile, la Luce, la materia con la quale doveva creare.[xvii]

La Luce è lo stato più sottile della materia e ciò che noi chiamiamo materia altro non è che la forma più condensata della Luce. Si tratta dunque della stessa materia per tutto l’universo… ovvero della Luce stessa… più o meno sottile, più o meno condensata. Tutto ciò che si trova condensato sulla Terra esiste nel piano eterico in forma più sottile, più pura. Ed è appunto questo il significato del lavoro spirituale: riuscire a cogliere lo stato sottile più simile allo stato primordiale.[xviii]

Queste considerazioni ci aiutano a comprendere che tutto ciò che vediamo di materiale intorno a noi è, in realtà, Luce spirituale condensata, e che ogni cosa è compenetrata e abitata da una parte più sottile, ma sostanziale, che viene definita corpo eterico, o corpo energetico. Ci sono, in verità, ulteriori e diversi livelli di questa Luce spirituale che, in base al livello di condensazione, vengono definiti corpo astrale, mentale, causale, buddico e atmico. Senza però entrare nei dettagli di cosa siano tutti questi diversi “corpi sottili” – giacché esiste su questo tema un’ampia bibliografia[xix] –, possiamo dire che è attraverso di essi, ed in particolare attraverso il corpo eterico, che si manifesta e agisce l’Intelligenza Divina sulla Natura: ad esempio, è nel corpo eterico e nel corpo astrale della Terra che vivono e abitano gli Spiriti e i Deva di Natura, di cui parleremo più avanti.

Attraverso il corpo energetico possiamo entrare in contatto con tutti gli esseri viventi della Natura, ma non solo: tale connessione può essere attivata anche con le pietre e con tutto il regno minerale, perché, nel loro corpo eterico vivono Entità intelligenti con cui è possibile avere degli scambi energetici di carattere emozionale, mentale e spirituale.

Le foreste, le montagne, i fiumi, i mari… Tutto ciò che vediamo della Natura non è che il suo involucro esteriore, il suo corpo fisico. Dobbiamo sforzarci di andare oltre, per scoprire il suo corpo eterico, con le sue vibrazioni, le sue emanazioni e le sue correnti che circolano. In realtà, però, non basta fermarsi al corpo eterico della Natura; bisogna spingersi ancora più lontano. È questo che veniva insegnato ai discepoli nelle antiche iniziazioni: “sollevare il velo di Iside”. La dea Iside è, nella religione egizia, la sposa del dio Osiride. In questa grande figura femminile, gli Iniziati hanno visto un simbolo della Natura primordiale, dalla quale hanno avuto origine tutti gli esseri e tutti gli elementi della Creazione. Di questa Natura, impenetrabile per l’uomo ordinario, gli Iniziati hanno fatto il loro principale oggetto di studio; essi vogliono conoscerla, e per questo si applicano per comprendere le creature da lei generate, attraverso le quali essa si manifesta.[xx]

[i] Francesco Mossolin è segretario e cofondatore della Fondazione Omraam Onlus, e direttore responsabile della Casa editrice Stella Mattutina Edizioni. Da diversi anni svolge studi e ricerche sull’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov.

[ii] Aïvanhov, O. M., Alla scuola del Maestro Peter Deunov – Elementi autobiografici, Prosveta, 2014, p. 368.

[iii] Aïvanhov, O. M., La fede che sposta le montagne, Prosveta, 2001, pp. 182-183.

[iv] Aïvanhov, O. M., La fede che sposta le montagne, Prosveta, 2001, pp. 182-184.

[v] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, pp. 552-553.

[vi] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, pp. 553-554.

[vii] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 171.

[viii] «Spesso mi è stato chiesto di spiegare che cosa sia un Iniziato. Posso solo rispondere che un Iniziato è un essere che ha cominciato a comprendere di dover dare sempre più spazio all’intelligenza, alla ragione, che sono le facoltà del mentale superiore. Ogni giorno si concentra, riflette, medita; non smette mai di consultare il principio spirituale dentro di sé e lo supplica di guidarlo, di illuminarlo. È solo prendendo l’abitudine di volgersi sempre verso l’alto – per cercare e domandare – che gli esseri progrediscono, poiché a quel punto le energie in loro cambiano direzione. Fino ad allora quelle energie li mantengono nelle regioni inferiori della coscienza, dove provocano smarrimenti, disordini e distruzioni. Ma non appena essi prendono l’abitudine di guardare verso l’alto, di cercare il proprio orientamento in alto, i loro pensieri, i loro sentimenti e le loro azioni vengono trasformati dalle potenze del loro mentale superiore, ed essi procedono sul cammino dell’Iniziazione». Tratto da Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2016 (31 maggio), Prosveta, 2015.

[ix] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 20.

[x] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 13.

[xi] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 25.

[xii] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, p. 157.

[xiii] Aïvanhov, O. M., I segreti del libro della natura, Prosveta, 2007, pp. 13-14.

[xiv] Aïvanhov, O. M., Voi siete dèi, Prosveta, 2001, p. 154.

[xv] Aïvanhov, O. M., Voi siete dèi, Prosveta, 2001, pp. 155-156.

[xvi] Thompson, F., The Mistress of Vision, 1913.

[xvii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2004, p. 11.

[xviii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2004, p. 20.

[xix] Ad esempio il libro Centri e corpi sottili di Omraam Mikhaël Aïvanhov o i libri di Arthur E. Powell: Il corpo astrale, il corpo mentale, il corpo causale.

[xx] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2008 (28 marzo), Prosveta, 2007.

la felicità nell'insegnamento di Aivanhov

IL CONCETTO DI “FELICITÀ” NELL’INSEGNAMENTO DI OMRAAM MIKHAËL AïVANHOV


Libri di Aivanhov

di Laura Galgani

Tratto da Misli IV – 2017

Nel XXI secolo parlare e scrivere a proposito della felicità procura un certo disagio: sarà per il fatto che questo concetto è ormai relegato per lo più all’ambito pubblicitario, dove viene impiegato per rendere accattivante un prodotto da vendere; o perché è associato ad uno stato d’animo che si ricollega all’infanzia – ormai lontana nel tempo e che senz’altro non tornerà più –  o ancora perché lo si collega ad istanti, ad attimi fuggevoli dell’esistenza, in cui qualche avvenimento scatena piacevoli sensazioni chiamate, appunto, felicità. Questi attimi, per la maggior parte delle persone, sono davvero solo momenti, o al massimo brevi periodi, in quanto le condizioni esterne, non sempre favorevoli, li trasformano presto in stati d’animo più o meno grigi.

Di felicità non se ne parla quindi apertamente, come se fosse una pretesa eccessiva, un qualcosa di cui un individuo adulto e maturo sa bene di dover fare a meno; e se per sua fortuna gli sarà dato ancora di provarla, farà bene a tacere e a custodire per sé quelle sensazioni preziose. Condividere quegli attimi, infatti, potrebbe toglierne il beneficio e la proprietà esclusiva, nonché il potere taumaturgico di lenire la sofferenza. Si può quindi dire che, nei confronti della felicità, l’essere umano si trova di fronte ad un nuovo e moderno tabù, che lascia davvero l’amaro in bocca.

Tutto ciò nasce da un equivoco, basato essenzialmente sulla poca conoscenza che l’essere umano ha di sé. Egli, infatti, ha il diritto di essere felice! Anzi, il dovere!

Questo dovere non coincide però necessariamente, o non soltanto, con la realizzazione di quelle aspirazioni che si nutrono sin da giovani: avere un buon lavoro, guadagnare molti soldi, amare un/a compagno/a ed essere riamati, avere dei figli sani e forti, viaggiare, avere una bella casa; infatti, anche se riuscissimo davvero a conquistare tutto ciò, non è detto che potremmo dirci veramente felici.

Si afferma comunemente che “il denaro non dà la felicità”, eppure bisogna riconoscere che l’aspetto economico dell’esistenza interessa buona parte dei pensieri e condiziona lo stato d’animo degli esseri umani: quante volte si ha paura “di non farcela”, e ci si sente sprofondare perché si pensa di non avere abbastanza denaro per la propria sussistenza?

L’Insegnamento filosofico di Omraam Mikhaël Aïvanhov propone interessanti riflessioni su questo tema, che aiutano a trovare il giusto atteggiamento nei confronti del denaro:

Per risolvere una volta per tutte il problema del denaro, bisogna sapere che il vero pericolo sta nel consentirgli di prendere possesso della mente dell’uomo. Intendo dire che non è bene pensare solo al denaro, in quanto l’idea del denaro e il desiderio di possederne, si ingrandisce via via, gonfiandosi al punto da oscurare il cielo. È come una tenda che impedisce alla Luce celeste di penetrare e di venire a dimorare nell’essere umano. È buona cosa avere del denaro, […] ma a condizione che lo si metta in tasca, in un cassetto, in cassaforte … per poterne disporre quando se ne ha bisogno. Mettetelo da qualsiasi parte, ma non in testa, altrimenti diventerà il vostro padrone e voi il suo schiavo. Se, invece, il padrone siete voi, il denaro dovrà obbedire, e ne potrete fare tante cose buone.[1]

Questa riflessione ci aiuta anzitutto a comprendere che il denaro deve ritornare ad essere, nell’esistenza di un essere umano, un semplice strumento e non il suo centro; evitando in particolar modo di pensare che l’ottenimento della felicità sia ad esso collegato.

Si può quindi dire che la prima illusione che ci allontana dalla felicità risiede nel cercare questo stato d’animo in qualcosa di esterno alla natura umana, come per l’appunto il denaro. È necessario, vedremo, partire dall’interiorità e coltivare l’idea della felicità come un dono, intimo e personale, che ogni essere può conquistare.

Nell’insegnamento del filosofo Omraam M. A. troviamo passaggi che aprono nuove prospettive assolutamente invitanti e gratificanti sul perché e sul come si possa sviluppare una felicità stabile e duratura:

Se volete la felicità non rimanete con le mani in mano, ma partite alla ricerca degli elementi che vi permettano di trovarla. Tali elementi appartengono al mondo divino, e quando li avrete trovati, amerete il mondo intero e sarete riamati da tutti, godrete di una migliore comprensione delle cose e avrete finalmente il potere di agire e di realizzare.[2]

Si prospetta quindi un lungo viaggio, volto ad una profonda comprensione di cosa si debba intendere per felicità e soprattutto di dove andare a cercarla. Prima, però, è bene liberare il campo da possibili falsi obiettivi! Omraam M. A., ad esempio, insegna a distinguere la differenza che esiste fra piacere e felicità. Troppo spesso, infatti, nella vita quotidiana, questi due concetti vengono confusi tra loro, e si crede che il piacere coincida con la felicità:

 

Orientarsi secondo il piacere che si prova presenta dei rischi, poiché, di solito, ciò che piace alimenta solo gli istinti, anziché l’anima e lo spirito. Basta vedere in che cosa l’essere umano trova piacere: nel mangiare, nel bere, nell’abbracciare un uomo o una donna, nel gioco, nel demolire gli altri, nella vendetta, ecc.; le possibilità non mancano. Ma, di questo passo, dove andrà a finire? Certamente non nella felicità, poiché la felicità è qualcosa di più vasto, di infinito, mentre il piacere tocca nell’uomo un campo molto limitato, quello della sua natura inferiore, egoista e limitata.[3]

Da questa riflessione risulta evidente come piacere e felicità tocchino e agiscano su diverse parti dell’essere umano. Il piacere è legato per lo più al corpo fisico, la felicità invece all’anima e allo spirito.

Omraam M. A. utilizza un’immagine molto eloquente, che aiuta a capire cosa accade se, nella vita, si pone il piacere al primo posto:

Non si tratta di privarci del piacere, ma semplicemente di non metterlo al primo posto come scopo della nostra esistenza, poiché fisicamente ci debilita e spiritualmente ci impoverisce. Chi cerca il piacere prima di ogni altra cosa si comporta come chi, per rimediare al freddo dell’inverno, utilizza per riscaldarsi tutti gli oggetti di legno della propria casa: le porte, le finestre, le sedie, i letti, gli armadi… dopo un po’ di tempo non gli rimane più nulla. Lo stesso accade a colui che si lascia guidare dal piacere: le emozioni e le sensazioni che sta vivendo bruciano a poco a poco le sue riserve. Coloro che cercano il piacere a tutti i costi, devono quindi sapere che cosa offrirà loro l’avvenire: l’impoverimento e l’offuscamento della coscienza. Non potendo conoscere i tesori dell’anima e dello spirito, conoscono soltanto quello che accade nello stomaco, nel ventre o ancora più in basso.[4]

C’è un’altra grande illusione che allontana molte persone dal poter vivere e sperimentare la felicità: la convinzione che essa si possa raggiungere solo nella vita di coppia. Quante persone credono che senza un compagno o una compagna si sia condannati ad essere irrimediabilmente soli ed infelici!

L’origine e la causa di questo senso di triste solitudine che molti vivono ci viene spiegato con chiarezza da Omraam M. A. in questa seguente riflessione:

Quanti si lamentano della solitudine! Ebbene, devono sapere che sono loro ad aver creato quella solitudine in se stessi, nella propria mente. In realtà non si è mai soli. E allora, perché le persone si sentono sole? Perché non hanno molto amore. «Come? – diranno – ma noi abbiamo fin troppo amore, non sogniamo altro che l’amore!» Appunto, qui sta l’errore: sognano l’amore, aspettano il principe o la principessa delle fiabe, ed è per questo che si sentono sole: perché aspettano l’amore invece di cercarlo dentro di sé. L’amore che si attende non arriverà mai. L’amore non lo si deve aspettare dall’esterno: si trova dentro di noi, lasciatelo uscire, lasciate che si manifesti, questo è l’unico modo in cui lo incontrerete veramente.[5]

Il problema della solitudine oltretutto non tocca esclusivamente le persone sole; quanta solitudine e infelicità troviamo anche in coloro che vivono una relazione di coppia! Le aspettative spingono a credere che sia sempre l’altro a dover rendere felice; tutti desiderano un partner capace di prevenire e realizzare ogni desiderio, soddisfare tutte le necessità, rispondere ai bisogni di accudimento, sostegno, risoluzione dei problemi, gratificazione, sicurezza, piacere … magari prima ancora di averli espressi.

Nella relazione di coppia spesso l’altro viene visto come una fonte d’acqua cui attingere a piacimento, e si beve, si beve…  finché la sorgente si esaurisce, e ugualmente ciò che sosteneva e nutriva la relazione.

Omraam M. A. ci invita a considerare la coppia da un punto di vista diverso, in una prospettiva che permetta di sperimentare un’immensa felicità nella relazione:

Tutti cercano il principio femminile superiore. Quando si parla di felicità, è lei che si cerca, perché è lei che la distribuisce. […] Se volete bere dalla tazza della felicità, cercate di considerare la donna come un’Anima e voi come uno Spirito. Un altro tipo di relazione si instaurerà allora fra voi e le donne. (T.d.A)[6]

Questa riflessione comporta un radicale cambiamento di prospettiva. Omraam M. A. consiglia quindi di andare oltre l’apparenza per cercare di conoscere l’essere umano nella sua essenza, infatti:

Gli esseri umani non si limitano all’aspetto esteriore: ciascuno di essi ha un’Anima, uno Spirito, e anche se quell’Anima e quello Spirito si manifestano raramente, esistono […]. Credetemi, il miglior modo di agire con gli altri consiste nello scoprire le loro qualità, le loro virtù e le loro ricchezze spirituali, e concentrarsi su di esse.[7]

Occorre allora comprendere e conoscere la natura profonda dell’essere umano, com’è fatto e come funziona, e per far questo è necessario andare oltre il piano fisico e materiale nel quale viviamo la nostra quotidianità.

Omraam M. A., in numerosi passaggi, illustra la struttura dell’essere umano, divisa in due parti: la natura “inferiore”, composta dal Corpo fisico, dal Corpo astrale (il mondo delle emozioni e dei sentimenti) dal Corpo mentale, e la natura “Superiore”, costituita dal Corpo atmico (il corpo della volontà superiore), dal Corpo buddico (il mondo dei sentimenti superiori), e dal Corpo causale (il piano mentale superiore).

In sostanza, questi corpi sono «l’uno il riflesso dell’altro, come una casa che si specchia su un lago […], non c’è separazione fra i due, è come un gatto davvero lungo che cerca di mordere la sua stessa coda, e sente male! Fra la testa e la coda c’è qualcosa in mezzo, e la stessa cosa accade a noi. Il Sé superiore vuole connettersi al sé inferiore, vuole discendere in basso e cerca di arrivare, attraverso la materia del nostro corpo, al sé inferiore […] è la perfezione, è Dio che vuole connettersi all’uomo».[8] (T.d.A)

Questo processo di unificazione della natura Superiore con la natura inferiore costituisce un lungo cammino per l’essere umano, un cammino però non è facile, che spesso fa sentire così lontani dall’armonia, dall’unità, dalla comunione con il Sé superiore, che si ha la sensazione di essere come scissi, divisi interiormente. Per spiegare bene questo concetto di dualità, Omraam M. A., in francese, utilizza parole molto efficaci, quali: bifurcation (scissione, separazione, bivio, divisione) e unification (unità, armonia, coesione):

Non essere scissi significa non avere due pensieri contrari, due ideali incompatibili, due desideri o due attività che si contraddicono […] Il discepolo deve prima di tutto evitare ed impedire le separazioni correggendo gli errori.[9] (T.d.A)

Questa divisione interiore è oggi sempre più comune, in quanto viviamo in una società contraddittoria: da una parte troviamo gli elevati ideali cui tutti aspirano, di pace, fratellanza, armonia, dall’altra le piccole o grandi ambizioni personali ed egoistiche di successo, potere e benessere materiale. Ci si sente così in bilico fra i due piatti della bilancia, dilaniati nel dover scegliere a quale parte di sé dare voce. Chi, infatti, può dire di condurre un’esistenza assolutamente coerente con un unico principio unificatore?

Eppure la vera felicità non può esistere se interiormente si è nella scissione. Omraam M. A. ci spiega come comprendere se interiormente siamo in uno stato di unità o di divisione:

E la felicità, la gioia, la salute, che cosa sono? Un’unità. Nel momento in cui siete contenti, leggeri, sorridenti, osservate se tutto è in accordo dentro di voi, se tutto è unito, se niente è rimasto da parte […]. Se siete gioiosi ma il vostro plesso solare è contratto, c’è da qualche parte una dissonanza, qualche cosa che non lavora in armonia con il tutto. La disunione è alla base di tutti i mali e di tutte le sofferenze umane. L’unità è alla base di tutte le forze, il fondamento della potenza.[10] (T.d.A)

La ricerca e l’ottenimento della felicità passano quindi dalla ricerca dell’unità, e se accade di trovarsi interiormente nella separazione, è necessario porvi rimedio il più velocemente possibile:

Il discepolo deve prima di tutto evitare ed impedire le separazioni correggendo gli errori. È questo il lavoro degno di un discepolo. Si occupi quindi per anni di armonizzare e riconciliare tutto dentro di sé.[11] (T.d.A)

Il lavoro suggerito da Omraam M. A., volto a creare l’unità interiore, passa però da una maggiore consapevolezza del proprio mondo interiore, dei propri stati d’animo, delle proprie personalità in conflitto che, vedremo, lo stesso Omraam M. A. paragona a tante “tribù”. Il lavoro di unificazione presuppone che queste “tribù”, durante tutto il percorso della vita, imparino a sottomettersi al volere del Sé superiore, l’unico capace di creare una vera unità e di instaurare, nell’essere umano, un regno di pace e armonia:

Quando in lui il Sé superiore parlerà, Egli detterà le leggi dell’amore, della giustizia, della purezza, dell’obbedienza alla volontà di Dio a tutti gli abitanti. Le stesse leggi per tutti e in tutto il regno! […] Vale la pena consacrare la vita intera a questa unificazione; soffrire, lavorare, al fine di riunire le tribù del nostro mondo interiore che hanno così tante abitudini e gusti differenti, al fine di creare una nazione, un regno, una famiglia, con una testa che governa l’insieme! Non è una realizzazione esteriore, bensì interiore. […] Il compito principale di un re è quello di pacificare il proprio popolo.[12] (T.d.A)

Quest’immagine del modo interiore visto come un regno verrà affrontata anche successivamente, in quanto è possibile approfondirla ed esplorarla anche sui piani più elevati dell’esistenza umana.

Il lavoro che ognuno può compiere su di sé nella ricerca della felicità e nell’unità interiore è qualcosa che porta benefici e vantaggi non solo a livello individuale, ma anche sul piano collettivo.

Omraam M. A. infatti ci spiega che nell’unità si trova la chiave di volta per superare i non solo i conflitti e le difficoltà personali, ma anche i conflitti e i disordini sociali.

Cari fratelli e sorelle, l’essere divisi è il più grande nemico della nostra felicità. Se vogliamo creare delle condizioni favorevoli per i nostri Paesi e per l’umanità, dobbiamo diventare tutti dei servitori dell’amore e della saggezza. […] Stabiliamo l’unità prima di tutto in noi stessi, poi nella nostra famiglia e nella società. Se ne siamo capaci, questo avviene grazie a un amore che sottintende nobili sentimenti e pensieri luminosi. Sono questi che creano l’unità.[13] (T.d.A)

La ricerca dell’unità e la conseguente felicità che ne deriva, sono da considerarsi un processo interiore, composto da diversi gradi e livelli di sviluppo. Omraam M. A. individua in questo processo di armonizzazione e unificazione interiore tre grandi livelli, vediamo quali:

La contentezza, che, aumentando, si trasforma e diventa gioia, con le sue diverse sfumature, la quale, condensandosi, si trasforma in Resurrezione, e cioè Felicità, Nirvana, Vita eterna. È vero: se voi vi sentite contenti, è perché vi avvicinate all’armonia, è perché vi allontanate da una biforcazione, e se persistete lungo la via intrapresa, conoscerete l’allegria, la gioia, poi la beatitudine e la Vita eterna. Come si fa ad introdurre in sé l’ordine e l’armonia? Bisogna dirigere tutto il proprio amore verso un centro unico, il Signore […] bisogna amare l’unità, farne il proprio ideale.[14] (T.d.A)

In questa riflessione Omraam M. A. spiega qual è l’elemento essenziale di questo processo di unificazione: «dirigere tutto il proprio amore verso un centro unico, il Signore». Questo Centro, verso cui tutto deve convergere, è rappresentato simbolicamente dal sole: la sua luce, il suo calore, il suo lavoro senza fine, di cui tutte le creature, indistintamente, beneficiano, è il primo esempio da prendere in considerazione per superare i contrasti interiori e lavorare secondo un ideale superiore:

Anziché prefiggerci il piacere come scopo dell’esistenza, ci si dovrebbe dire: ‘Ora devo fare della mia vita qualcosa di utile, qualcosa che abbia un profondo significato: sostituire al piacere il lavoro, cioè un ideale.’ E quale dovrebbe essere questo lavoro? Quello del sole. Non vi è attività che superi quella che svolge il sole. Senza mai fermarsi, indiscriminatamente, esso illumina, riscalda e dà vita.[15]

Lavorare come lavora il sole, identificarsi con esso, sviluppare le sue stesse qualità di amore, abnegazione, generosità… questo lavoro interiore, di miglioramento e perfezionamento produce fin da subito i suoi frutti:

Il discepolo che vuole imitare con serietà il compito del sole, dapprima lo farà naturalmente in modo maldestro e imperfetto, ma un giorno comincerà anch’egli a irradiare luce, calore e vita, proprio come fa il sole. Quando un discepolo intraprende un simile lavoro, tutto il resto lo interesserà sempre meno, e le solite piccole gioie e distrazioni quotidiane impallidiranno dinnanzi al grandioso compito di imitare il sole. Avvertirà allora un piacere, una gioia e un’espansione della propria coscienza senza pari.[16]

Ed è proprio così: quale gioia può rivelarsi più grande e autentica dell’irradiare luce, calore e vita come il sole? Contemplarlo al suo sorgere, e lasciarsi avvolgere dalla sua pura luce, fondersi in lui e respirarne le particelle ricchissime che arrivano con i suoi primi raggi dorati, ecco il cammino che porta alla felicità.

Un lavoro di profonda purificazione che permette all’essere umano di bruciare tutte quelle scorie, quei pensieri faticosi, quegli stati d’animo negativi, persino quelle esperienze dolorose che ne hanno segnato l’esistenza e che hanno appesantito il suo spirito, impedendogli di divenire potente, capace di librarsi verso il Cielo e di unirsi a Dio.

In questo stato di gioia e armonia interiore la respirazione diventa esperienza di autentica felicità:

Inspirare, espirare… inspirare, espirare… La felicità è il respiro dell’anima. […] Si potrebbe dire che il respiro è stato dato all’uomo per fargli capire che tutto ciò che è tangibile, come il denaro, le ricchezze, ecc. non può essere paragonato a ciò che è sottile, impalpabile, invisibile, a quel mondo eterico nel quale l’uomo è immerso. Tutti coloro che hanno la consapevolezza di essere immersi nel mondo eterico, nel mondo spirituale, respirano ininterrottamente e sono felici grazie a quella respirazione.[17]

La respirazione, la contemplazione e la meditazione al sorgere del sole sono quindi mezzi e strumenti a nostra disposizione per riuscire a viaggiare con la nostra anima verso il sole, dove potremmo finalmente fonderci nel nostro Sé superiore:

Quindi esiste qualcosa nell’essere umano che si estende fino a molto lontano: sono delle emanazioni, dei raggi che arrivano fino al Sole. […]  E là, vi è l’essere umano nel suo aspetto superiore: il suo aspetto divino si trova già nel Sole. Ma poiché la coscienza risiede nel cervello, l’uomo non può rendersi conto che abita nel Sole. […] Quando l’essere umano diverrà cosciente di tutte queste verità […], si collocherà nella coscienza che si trova al di sopra della coscienza, che è già nella regione della super coscienza, fino a comprendere che ne è un abitante, che abita già in alto. Che cos’è questo essere, questa entità? È il nostro Sé superiore che abita nel sole; non abita nel nostro corpo fisico, poiché se vi abitasse compirebbe delle cose straordinarie, formidabili. Viene di tanto in tanto, si manifesta qualche volta, prende contatto col cervello, ma poiché questo non è ancora pronto a vibrare all’unisono con lui, se ne va e si prepara finché il cervello gli offrirà rifugio, e il Sé superiore non è nient’altro che una particella di Dio. Noi, nelle regioni superiori, siamo Dio stesso; perché al di fuori di Dio non esiste niente. […] Una particella di noi abita già in Dio in una felicità incredibile.[18] (T.d.A)

Questo obiettivo molto elevato può forse spaventare o scoraggiare; come si fa, concretamente, a raggiungere il proprio Sé superiore, che abita già nel sole? Si vive nei tormenti, nelle difficoltà, nella routine della quotidianità!

Anche in questo caso Omraam M. A. ci mostra qual è la giusta attitudine da adottare nei confronti di tali quesiti. Ciò che conta, egli afferma, non sono infatti i risultati, ma il lavoro di perfezionamento.

Si deve desiderare la gioia, la pienezza e la pace, poiché quella è la vera vita, ma finché si è ancora troppo imperfetti, si passerà loro accanto senza sfiorarle. Per dimostrare la veridicità di quanto sopra, chiediamoci: chi non desidera la felicità? Tutti gli esseri viventi non desiderano altro. Gli uomini trascorrono il loro tempo facendo progetti per realizzare quello che pensano li possa rendere felici, eppure non lo sono mai … C’è dunque ancora qualche cosa da capire e da rettificare. Infatti, finché non si sono fatti sforzi sulla via della perfezione, non bisogna desiderare che la vita sia facile e priva di difficoltà – non lo sarà comunque. Le difficoltà che ci impongono degli sforzi vanno accettate, ben sapendo che i motori che ci condurranno alla vera felicità sono proprio gli sforzi.[19]

Questo lavoro di perfezionamento interiore presuppone anche la capacità di affrontare con serenità le difficoltà, in quanto anch’esse possono essere viste come occasioni di crescita e perfezionamento. Non è quindi rifuggendo le difficoltà che si ottiene la vera felicità, poiché essa non rappresenta un rifugio, una facile soluzione per chi rinuncia a vivere se stesso e la propria vita. Piuttosto, la felicità:

Altro non è che uno stato di coscienza, un modo di capire, di sentire, di comportarsi, un modo di essere nella vita, ed è per questo che può appartenere solo a coloro che la sanno trovare con l’appoggio di un lavoro spirituale. La felicità, come la pace, è una sintesi: se comprendiamo bene le cose e le facciamo nostre, avremo la possibilità di agire bene e di essere felici. Per arrivarvi, bisogna tuttavia accettare la scienza iniziatica che è la sola capace di insegnare all’intelletto, al cuore, e alla volontà i metodi per dominare la natura inferiore, la personalità, al fine di dare alla natura superiore, l’individualità, tutte le possibilità di evolvere.[20]

«La felicità come modo di essere nella vita»: ecco una frase da interiorizzare e ripetere ogni giorno, come un mantra: al risveglio, durante le attività della giornata, al lavoro, nell’interagire con la famiglia, ma anche nel fare la spesa in un caotico supermercato … rivestire tutto di una possibile felicità che è già presente nell’animo umano.

La profonda comprensione che la felicità sia uno stato di coscienza permetterà di nutrire la mente, il cuore, e aprirà la strada affinché essa prenda stabilmente dimora nella profondità dell’essere. Ma prima è necessario desiderarla, proiettarla dentro e fuori di noi con il fuoco dell’amore, senza il quale nessuna realizzazione sarà possibile. La felicità va amata, vissuta e percepita, perché la felicità è come un’amante, sempre in cerca del suo amato, l’essere umano, e quando lo trova lo colma di un’energia inesauribile.

La strada che porta a realizzare la felicità, come stato di coscienza, è lunga, ma appena intrapresa permette all’essere umano di vivere in pace con se stesso e con tutto il suo mondo interiore. Questo lavoro che ognuno di noi deve compiere, può essere paragonato, come dicevamo, a quello di un sovrano che regna sulle tribù che vivono sulle proprie terre.

Quando l’essere umano arriverà ad essere ragionevole, intelligente, risvegliato e vigile per custodire il suo regno – regno che rappresenta lui stesso – solo allora otterrà una pace stabile e duratura. E che cosa sarà questa pace? Una felicità indescrivibile, una sinfonia ininterrotta, uno stato di coscienza sublime, in cui tutte le cellule si dilatano in un oceano di luce, nuotano nell’acqua viva e si nutrono di ambrosia.[21] (T.d.A)

Se si riesce, anche solo per brevi istanti, ad attingere a quell’oceano di Luce, improvvisamente si comprende che tutto è perfetto, che non c’è bisogno di avere alcuna paura, che ci si può perdere in quell’amore sconfinato che esiste dentro e fuori di noi, e che si può ritornare a fondersi con quella Luce dalla quale siamo stati generati, per continuare a vivere nella felicità come scintilla inesauribile in seno all’Eterno.

Questa fusione è l’unione tra il Sé superiore e il sé inferiore dell’essere umano, che genera attimi indescrivibili di immensa gioia, felicità, armonia, pace e gratitudine.

Terminiamo questo breve excursus sul tema della felicità con un’ultima riflessione di Omraam M. A. in cui egli descrive con poetiche parole questo stato di coscienza chiamato felicità.

Solo quando la natura Superiore sarà venuta a dimorare in voi, potrete assaporare una felicità indescrivibile. Sarete felici senza conoscerne la ragione. Quella felicità – ed è la cosa più sorprendente – è una felicità senza causa. Vi appare meraviglioso vivere, respirare, mangiare … nulla vi è accaduto, né regali, né eredità, né incontri, tuttavia siete felici, perché qualcosa vi ha raggiunti dall’alto, qualcosa che non dipende da voi … come un nettare sceso dal Cielo, e sarete sorpresi di trovare in voi stessi quel meraviglioso stato di coscienza. Gioite e non ne sapete il perché. Ecco qual è la vera felicità.[22]

Biografia
Opere Edite

Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007,

Aïvanhov, O. M., Il dovere di essere felici, Prosveta, 2017.

Opere inedite

Aïvanhov, O. M., La vraie place des deux principes, Conférence n. 516 du 27 mars 1951, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Comment regarder le soleil. Séparativité, Réalité et Maya, Conférence du 31 juillet 1967, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Bifurcation et unification, Conférence n. 194 du 14 avril 1943, Prosveta.

Conferenze audio:

Aïvanhov, O. M., Conférence du 28 aout 1965, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Conférence du 31 juillet 1971, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Conférence du 23 juillet 1973, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Conférence du 07 aout 1976, Prosveta.

Aïvanhov, O. M., Conférence du 17 juillet 1981, Prosveta.

Note

[1]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, pp. 49-50.

[2]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 14.

[3]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 20.

[4]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 30.

[5]  Aïvanhov, O. M., Il dovere di essere felici, Prosveta, 2017, p. 34.

[6]  Aïvanhov, O. M., «Il vero posto dei due principi», Conferenza nr. 516 del 27 marzo 1951, Prosveta, 1951.

[7]  Aïvanhov, O. M., Il dovere di essere felici, Prosveta, 2017, p. 36.

[8]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[9]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[10]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[11]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[12]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[13]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[14]  Aïvanhov, O. M., Conferenza nr. 194 del 14 aprile 1943, Prosveta, 1943.

[15]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 30-31.

[16]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, pp. 30-31.

[17]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 79.

[18]  Aïvanhov, O. M., Come guardare il sole: separazione, realtà e illusione, Conferenza del 31 luglio 1967, Prosveta, 1967.

[19]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 41.

[20]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 76.

[21]  Aïvanhov, O. M., Conferenza del 23 luglio 1973, Prosveta, 1973.

[22]  Aïvanhov, O. M., I semi della felicità, Prosveta, 2007, p. 78.

[1] Laura Galgani (Firenze, 1963), partecipa da anni alle attività del Centro Studi della Fondazione Omraam; dedicandosi allo studio dell’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov, e approfondendo temi di carattere spirituale, finalizzati all’evoluzione interiore. Scrive testi teatrali per ragazzi, su questioni di attualità, dedicandosi inoltre a laboratori teatrali per la preparazione all’interpretazione scenica dei testi, e alla messa in scena dei lavori con la partecipazione dei giovani attori.

fukuoka masanobu

SUL CAMMINO DELLA RIVOLUZIONE DEL FILO DI PAGLIA

Lettera di Francesco Mossolin a Pia Pera

Cara Amica,
queste mie riflessioni sulla Rivoluzione del Filo di Paglia nascono da un percorso iniziato 15 anni fa, e sono il racconto di un breve tratto del mio cammino, perché questa Rivoluzione, dentro di me, sta ancora facendo il suo corso, con le sue gioie e i suoi dolori, i suoi successi e soprattutto i suoi fallimenti. Il mio intento è quello di analizzare l’esperienza vissuta finora, raccoglierne l’essenza, trasformarla in parole, forse in consigli, per coloro che sentono la stessa voglia e il medesimo desiderio di percorre il Cammino della Rivoluzione del Filo di Paglia.

Ho abbracciato questa causa all’età di 14 anni, quando all’Istituto agrario, un docente, divenuto negli anni un caro amico, con grande convinzione apostrofò come “inutili” tutte le nozioni che con fatica stavamo apprendendo, aggiungendo: “leggete i testi di Masanobu Fukuoka e capirete cos’è davvero l’agricoltura”.

Nonostante la mia giovane età, gli scritti di quel contadino giapponese risuonarono in me come pura verità; era come aver ritrovato la Via maestra dopo anni di incertezze; un antico richiamo a tornare verso la Natura. Sentivo infatti che lui aveva davvero compreso la Natura, e da quel momento decisi di percorrere anch’io questo Cammino.

A rafforzare le mie convinzioni c’era il lavoro che fin dalla più tenera età io e i miei fratelli dovevamo svolgere nell’orto di casa: le tecniche che usavamo, così poco rispettose della natura, mi spinsero sempre più lontano dai metodi dell’agricoltura tradizionale, mentre sempre più in me ardeva il desiderio di provare e sperimentare l’Agricoltura naturale, sicuro che sarebbe stato un successo.

I cinque anni di Scuola media superiore passarono senza che io potessi sperimentare questo metodo, ma nel frattempo la fantasia creava e, lentamente, nella mia immaginazione si facevano spazio campi immensi, ricchi di ortaggi, alberi da frutto, cereali, una sorta di Paradiso terreste. Nella mia mente tutto era chiaro, mancava solo il terreno su cui realizzare questa mia visione, ma la convinzione era che tutto sarebbe stato facile, semplice, immediato.

Il mio arrivo a Firenze creò inaspettatamente le condizioni per il manifestarsi di questa possibilità: un bellissimo oliveto su cui sperimentare e portare nella realtà quel Paradiso che da anni affollava ormai non più solo la mia mente, ma anche il mio cuore.

Cara Amica, se ora ti dicessi che, in quattro anni, da migliaia di semi nelle palline di argilla non nacque un solo filo d’erba, e se ti dicessi con quanto sconforto ogni anno constatavo l’insuccesso dei miei tentativi di applicare questo metodo, ti chiederesti cosa mi ha spinto a continuare, a insistere e a voler credere in questo contadino di nome Fukuoka.

L’immagine del mio piccolo Paradiso era comunque sempre nella mia mente, e dentro di me sentivo profondamente che Fukuoka aveva compreso qualcosa, aveva intuito e afferrato i segreti della Natura, ma davvero non riuscivo a comprendere come avesse fatto e, soprattutto, non riuscivo a riconoscere i miei errori.

Ripensando a quei quattro anni, agli esperimenti nell’oliveto sulle colline di Bagno a Ripoli, vedo chiaramente che io, in quel periodo, non stavo bene, mi sentivo spiritualmente oppresso, e gli insuccessi agricoli rispecchiavano uno stato interiore privo di gioia e serenità.

Il Cielo ha voluto che dopo quattro anni di difficoltà esistenziali, incontrassi il mio Maestro spirituale, Omraam Mikhaël Aïvanhov, grazie al quale ho potuto trasformare la mia esistenza e iniziare a conoscere e vivere il mio destino.

Posso quindi dire che è grazie al Maestro Aïvanhov se la mia vita ha potuto cambiare corso, ritrovare la sua meta, la sua gioia e serenità, ed è sempre grazie a Lui se il mio percorso lungo la Rivoluzione del Filo di Paglia ha potuto approfondirsi e trovare senso e logica, persino nei suoi insuccessi.

Grazie alla sua presenza, non fisica ma spirituale, ho compreso una prima cosa essenziale: la Rivoluzione del Filo di Paglia è una rivoluzione interiore, è un percorso spirituale, di riavvicinamento alla Natura e alla nostra Essenza. Ho così cominciato ad approfondirne l’aspetto filosofico, cercando di comprendere e di “identificarmi” nel pensiero di Fukuoka.

A tale proposito ricordo bene che un giorno, in un campo di lavoro per la preparazione di palline di argilla per rinverdire una zona incendiata, durante la pausa pranzo, chiesi se qualcuno dei partecipanti fosse in grado di parlarmi della Filosofia di Fukuoka. La risposta mi lasciò perplesso: “Ma quale filosofia, qui si semina e non c’è nient’altro da fare!…”

Compresi profondamente perché questo metodo non si è sviluppato come avrebbe potuto, perché, prima di essere un metodo tecnico di coltivazione, l’Agricoltura naturale è una disciplina di vita, un metodo filosofico, che va quindi compreso, applicato e sperimentato prima sul piano spirituale invece che su quello materiale.

Grazie al Maestro Aïvanhov, ci fu un altro importante passo verso una maggiore comprensione di questo mio percorso. Egli infatti menziona spesso nelle sue conferenze i Deva della Natura: ne avevo già sentito parlare, ma solo tramite il Suo Insegnamento ho iniziato a comprendere che la Natura è viva, è abitata da Entità invisibili, che la curano e la sostengono in ogni suo aspetto: la bellezza, la simmetria, i colori, i profumi; tutto ciò è opera di queste Intelligenze invisibili, la cui presenza si manifesta con risultati tangibili e ammirevoli.

Un magico mondo quello dei Deva … è stato come tornare bambini, lasciando da parte molti preconcetti, aprendo il cuore a nuovi punto di vista …

Come molti sanno, i metodi di coltivazione in “collaborazione” con i Deva hanno trovato una sua concreta e alta manifestazione nell’esperienza di Findhorn e nel Giardino di Perelandra, grazie a donne con particolari capacità interiori, in grado di comunicare direttamente con queste Intelligenze.

In questi ultimi anni ho continuato a sperimentare diversi metodi naturali, e nonostante i risultati ottenuti non siano ancora paragonabili a quelli ottenuti a Findhorn o in altre realtà simili, posso dire che il giardino e l’orto in cui, insieme a due fratelli spirituali, lavoro ogni giorno, sono ora luoghi speciali: vi si respira un’aria di pace e di armonia, le piante sono sane e rigogliose, si sente che la Natura è viva, gioiosa.

Quando scendo nel campo, e vado verso l’orto, saluto le Entità che vi abitano, porto loro il mio affetto e sento che esse sorridono, che mi salutano e che sono contente di essere riconosciute; infatti, quando le si ringrazia per il lavoro che svolgono sono felici e gioiscono, e anche il mio cuore si riscalda e si dilata.

Volendo favorire una comprensione profonda della filosofia e della dimensione spirituale della Rivoluzione del Filo di Paglia, posso dire che Fukuoka agiva secondo la logica dell’intuizione, attraverso una sorta di Intelligenza superiore, che prescinde dall’intelletto. Egli era in tale sintonia e armonia con la Natura che tramite i suoi abitanti invisibili, e grazie al suo intuito, riceveva le informazioni su come, dove e quando agire. In altri termini, non era più separato dalla Natura, ma ne era diventato parte integrante, e la sua Rivoluzione vuole riportare l’uomo proprio verso questa condizione.

Potremmo anche spingerci ad affermare che l’uomo non ha il solo scopo di ritornare verso la Natura, di coltivarla con metodi naturali, con l’Amore e la Gratitudine, cercando di divenire un tutt’uno con lei, ma ha anche il compito di renderla bella, di creare Armonia e Poesia. Nelle antiche Scritture si parla di Giardino dell’Eden e dunque, proprio come sosteneva il grande filosofo giardiniere Jorn de Précy, l’uomo nasce con il compito di coltivare l’Armonia e la Bellezza su questa terra.

Questo grande ideale, che dà la spinta a tutti coloro che abbracciano la Rivoluzione del Filo di Paglia, dev’essere però accompagnato da altre considerazioni: non si può infatti sperare di riuscire in questa grande impresa semplicemente spargendo delle palline di argilla su campi incolti. La rivoluzione va fatta prima di tutto dentro di sé, anzitutto conoscendo la Natura in maniera profonda e spirituale, ma anche da un punto di vista scientifico: Fukuoka infatti era un biologo, conosceva la natura e l’agricoltura tradizionale da un punto di vista intellettuale, e se successivamente il suo intuito superiore ha potuto guidarlo così bene è perché si basava su una conoscenza tecnica. Anche se Fukuoka rigettò la conoscenza scientifica, affermando la sua inutilità, una minima conoscenza della natura è indispensabile. Un giorno quando l’uomo sarà spiritualmente più evoluto, non ci sarà bisogno di avere alcuna conoscenza tecnica, egli semplicemente saprà sempre cosa è corretto fare; ma fino ad allora l’intelletto e la conoscenza dovranno aiutare e sostenere il nostro lavoro.

Infatti, se non conosciamo il tipo di terreno, il clima, la resistenza delle piante e tante altre cose, la nostra Rivoluzione non avrà gli strumenti sufficienti per potersi realizzare. A questa conoscenza tecnica va aggiunta la conoscenza del mondo invisibile, per sapere chi sono davvero queste Entità intelligenti che popolano la Natura e come entrare in contatto con loro. Solo quando questi due aspetti si saranno sviluppati e armonizzati potremo cercare di sviluppare e applicare il piano intuitivo, un tipo di conoscenza che possiamo appunto definire “Superiore”.

La Rivoluzione del Filo di Paglia, per chi ancora non lo avesse compreso, è una rivoluzione spirituale, che spinge l’uomo a tornare verso la Natura e, suo tramite, verso Dio, quel Dio che si manifesta in tutta la Creazione, in ogni fiore, in ogni albero e arbusto, in ogni fratello e sorella, e in tutte le creature dell’Universo. Questo ritorno verso Dio è la strada che conduce l’Uomo verso una Fratellanza Universale in cui, come ci insegna S. Francesco, il sole non è solo un astro luminoso, ma è Frate Sole, la luna non è solo un satellite ma è Sorella Luna, il lupo non una belva feroce, ma Frate Lupo…

Ho scritto queste poche righe perché nel mio cuore vive la speranza che sempre più persone vengano toccate profondamente dal desiderio di dar vita a questa Rivoluzione, affinché l’Uomo comprenda l’importanza di guardare Madre Terra con occhi diversi, di amarla, comprenderla e coltivarla con metodi naturali, quindi amorevoli … al fine di ricreare il Paradiso terrestre, un nuovo Eden …

Come vedi, mia cara Amica, la Rivoluzione del Filo di Paglia ha portato in me molti frutti, dolci e succulenti, ha portato la gioia di scoprire cos’è la Natura, la piacevole sensazione di essere sempre circondato da molti Amici, la comprensione che anche i fallimenti sono un passo essenziale per l’apprendimento e per la propria crescita, ma soprattutto mi ha donato una Via di ritorno verso me stesso.

Febbraio 2014

Francesco Mossolin

Scopri di più sulla Vita di Omraam Mikhael Aivanhov

Vita di un Maestro occidentale


Scopri la nostra collana: Madre Terra

Alberi sacri Franco Tassi

Alberi sacri Franco Tassi

LA CORRISPONDENZA TRA I PUNTI CARDINALI, LE STAGIONI E I QUATTRO ARCANGELI, NELL’INSEGNAMENTO DI OMRAAM MIKHAËL AÏVANHOV


Libri di Aivanhov

di Francesco Mossolin[1]

Tratto da Misli III – 2016

Adonai, Elohei Israel

mimini Michaèl

umismoli Gavrièl

milefanai Uriel

meachorai Refael

ve al roshì, Shekinat El

Mio Signore, Potenza d’Israele

alla mia destra Mikhaël

alla mia sinistra Gabriel

davanti a me Uriel

dietro di me Raphaël

e sulla mia testa, la Shekinà di Dio

 

Antica meditazione ebraica da recitare prima di addormentarsi, per proteggersi dalle entità negativ

Preambolo

All’alba di ogni nuovo giorno, se volgiamo lo sguardo verso Est, scorgiamo un bagliore, frotte di luci che lentamente avanzano verso di noi sottraendo la volta celeste all’oscurità. Se indugiamo più a lungo in questa direzione i nostri occhi si riempiranno di stupore nel contemplare lo spettacolo che da tempo immemorabile si ripete puntualmente ogni mattino: il sorgere del sole. Ogni giorno l’astro luminoso non manca mai questo importante appuntamento; ogni giorno, da Est, la luce torna a manifestarsi, e tutto rinasce al nuovo giorno.

Col passare delle ore poi il sole continua la sua solitaria marcia nell’immenso blu che lo circonda e quando, dopo una lunga ascesa raggiunge lo Zenit, è a Sud che dobbiamo volgerci per ammirare la sua luce splendente. È questo il momento del giorno in cui la luce raggiunge il culmine della sua intensità; in questo istante i raggi abbaglianti del sole infuocato sembrano arrivare ovunque… a mezzogiorno non c’è spazio per l’oscurità, tutto brilla, tutto risplende.

Superato lo Zenit, il sole riprende la parabola discendente che lo riporta verso un nuovo orizzonte, un’alba per altre terre, ma per noi, che già abbiamo goduto dell’intero giorno, un tramonto, ricco di colori: la quiete dopo le molte attività. È a Ovest che il nostro sguardo si volge per contemplare lo spettacolo del tramonto, quando il sole, dipingendo d’oro tutto il cielo, svanisce e sembra penetrare nella Terra, lasciando nuovamente spazio alle tenebre, all’oscurità.

E di notte? Il sole non lo vediamo e approfittiamo della sua assenza per il meritato riposo. Se però qualcuno, nelle silenziose ore notturne, ci chiedesse dov’è il sole, dovremmo volgerci verso Nord e col dito indicare questa direzione; infatti è questo il punto cardinale che il sole attraversa nel buio della notte.

I Punti cardinali e la croce

Cosa sono i Punti cardinali? Quali le loro caratteristiche? Cosa rappresentano simbolicamente per la Scienza iniziatica?[2]

Sappiamo bene che i Punti cardinali sono alla base del nostro sistema di orientamento. Fin dall’antichità i viaggiatori avevano necessità di punti di riferimento, punti cardine, fissi, che fossero stabili nel tempo e nello spazio, e che permettessero di orientarsi per trovare la rotta verso la meta desiderata. Un albero, una montagna, per quanto stabili e fissi, possono svolgere questa importante funzione solo per brevi tragitti; quando lo spostamento diventa un vero e proprio viaggio, è necessario qualcosa che si trovi “oltre”, ossia che rimanga stabile in ogni parte del nostro pianeta… e gli antichi cercarono questi punti molto lontano, portando lo sguardo oltre l’orizzonte, in alto, verso gli astri luminosi del giorno e della notte. Osservando e studiando i movimenti dei corpi celesti, determinarono la posizione dei quattro Punti fondamentali: il Nord indicato ogni notte dalla Stella Polare, nell’emisfero settentrionale; il Sud che nell’emisfero boreale è indicato dal sole in linea con lo Zenit e, nell’emisfero australe, dalla Croce del Sud, l’Est e l’Ovest indicati dal sole all’alba e al tramonto.

I viaggiatori di un tempo conoscevano bene i Punti cardinali … oggi invece, grazie alle bussole, ai navigatori satellitari e a molti altri strumenti sofisticati, non abbiamo più bisogno di tali conoscenze. Poche persone ormai, anche in una giornata di sole, sanno determinare rapidamente la posizione dei Punti cardinali, mentre un tempo a chiunque bastava uno sguardo fugace verso il sole, per sapere esattamente dove posizionare il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest.

Fu dunque la luce del sole e delle stelle a permettere agli antichi di orientarsi e di muoversi nei loro viaggi e spostamenti, con sicurezza e precisione. Allo stesso modo la conoscenza delle caratteristiche spirituali dei Punti cardinali, ci permette di utilizzare queste “forze” per la nostra evoluzione e per orientarci nel nostro percorso di crescita interiore. Ma cosa rappresentano da un punto di vista simbolico i Punti cardinali?

Noi siamo soliti definire lo spazio in base ai quattro Punti cardinali. Ora, cosa sono i quattro Punti cardinali se non una croce?[3]

Si tratta della croce cosmica con cui l’Eterno creò l’Universo:

Dopo che l’Eterno ebbe stabilito i quattro Punti cardinali, il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest… fece i quattro elementi: il Fuoco e l’Aria, l’Acqua e la Terra, per mezzo dei quali tutte le cose sono state create.[4]

Questa croce cosmica, che è all’origine della Creazione dell’Universo, ha una forma e un significato diverso dalla croce cattolica che, invece, si ricollega alla Croce del supplizio di Gesù poiché, come ci spiega il filosofo Omraam M. A.:

La croce è un simbolo che ha la sua origine nella natura stessa.[5]

In primo luogo, la croce è un simbolo dell’unione dei due principi, ed è perciò un simbolo universale che si ritrova nelle civiltà e nelle religioni più antiche.[6]

La linea verticale rappresenta il principio maschile e la linea orizzontale il principio femminile, quei due principi che sono all’origine di tutta la Creazione. Il principio maschile è associato al Fuoco che sale in verticale e il principio femminile all’Acqua che si espande in senso orizzontale.[7]

Anche l’essere umano è una croce: quando apre le braccia, diventa una croce nello spazio ed entra in relazione con i quattro Punti cardinali; e quando ha lavorato a lungo per purificarsi e santificarsi, è lui stesso, con le sue emanazioni, che può respingere tutto ciò che è negativo e tenebroso.[8]

Possiamo quindi dire che i Punti cardinali rappresentano, attraverso il simbolo della croce, lo Spazio entro il quale l’Universo è stato creato, e che questa croce rappresenta in particolare «quei due principi che sono all’origine di tutta la Creazione».[9]

I Punti cardinali, i 4 Elementi e i 4 Animali sacri

Per proseguire la nostra indagine riportiamo qui un estratto dell’introduzione dal titolo l’Uovo alchemico, dal volume l’Alchimia spirituale di Omraam M. A.. Questo breve brano è un vero e proprio compendio di conoscenze alchemiche:

Dopo che l’Eterno ebbe stabilito i quattro Punti cardinali, il Nord, il Sud, l’Est e l’Ovest, fece i quattro elementi: il Fuoco e l’Aria, l’Acqua e la Terra, per mezzo dei quali tutte le cose sono state create. Li distribuì come segue: il Fuoco, che è caldo e secco, prese posto al Nord, che è freddo e umido. L’Acqua, fredda e umida, fu posta al Sud che è caldo e secco.

L’Aria, calda e umida, fu posta a Est che è come lei, e servì da legame tra il Fuoco e l’Acqua. La Terra, fredda e secca, fu posta all’Ovest, che le assomiglia. Servì anch’essa da legame tra il Fuoco e l’Acqua ed equilibrò l’Aria dell’Est. […] Collocate ora i quattro animali simbolici: il Leone al Nord, l’Uomo a Sud, l’Aquila a Est e il Toro all’Ovest e comprenderete molte cose.[10]

In questo articolo non approfondiremo tutti gli aspetti alchemici e esoterici di questo testo, ma possiamo osservare che in questo brano, ad ogni Punto cardinale vengono attribuite determinate caratteristiche: l’Est caldo e umido, il Sud caldo e secco, l’Ovest freddo e secco e il Nord freddo e umido.

Anche i quattro elementi presentano le medesime caratteristiche: l’Aria caldo e umido, il Fuoco caldo e secco, la Terra freddo e secco e l’Acqua freddo e umido.

Il testo propone le corrispondenze necessarie per l’attivazione dei processi alchemici, ponendo l’Aria nell’Est, la Terra nell’Ovest, perché hanno uguali caratteristiche, il Fuoco a Nord e l’Acqua a Sud, invertendo evidentemente quello che sarebbe il loro naturale domicilio. Per attivare dei processi alchemici è tuttavia necessario mescolare elementi con caratteristiche tra loro opposte, il Fuoco nel Nord, domicilio dell’elemento Acqua, e l’Acqua nel Sud, domicilio dell’elemento Fuoco. Si tratta di corrispondenze valide per il punto di vista alchemico; non a caso lo stesso Omraam. M. A., in tutte le altre conferenze, porrà ogni elemento nel suo consueto domicilio, con il Fuoco a Sud e l’Acqua a Nord. La posizione dei quattro animali simbolici verrà invece chiarita da questo ulteriore testo dello stesso autore:

La croce trova il suo equivalente in molti altri simboli, quali per esempio, la sfinge degli Egizi, che aveva una testa d’Uomo, un corpo di Toro, gli artigli di Leone, le ali dell’Aquila. Questi quattro animali rappresentano la croce formata dai due assi Leone-Aquario e Scorpione-Toro. La tradizione riferisce che in tempi lontanissimi prima della caduta dell’uomo, l’Aquila occupava nello Zodiaco il posto dello Scorpione. La sfinge era quindi una rappresentazione dei quattro elementi, i quali sono pure menzionati nell’Apocalisse sotto la forma dei quattro animali sacri Hayot ha-Kodesh, o Serafini che stanno davanti al trono di Dio e che giorno e notte cantano incessantemente: Santo, Santo, Santo è il Signore Dio onnipotente. La sfinge è la croce e la croce è la radice della materia, i quattro elementi. I primi Padri della Chiesa che erano istruiti nella scienza egizia e non volevano che essa andasse perduta, hanno attribuito a ciascuno dei quattro evangelisti una delle figure componenti la sfinge: a San Matteo il Toro, a San Marco il Leone, a San Luca l’Uomo e a San Giovanni l’Aquila. La sfinge è collegata anche con i quattro Punti cardinali.[11]

Bisogna a questo punto fare chiarezza su alcuni aspetti, in particolare con riguardo alle corrispondenze astrologiche. Abbiamo visto qual è la collocazione corretta in base all’affinità delle caratteristiche (caldo/freddo secco/umido) dei quattro elementi, nei quattro Punti cardinali: Sud-Fuoco, Nord-Acqua, Est-Aria, Ovest-Terra. Anche per gli Animali sacri che si trovano a Sud e a Nord, bisognerà compiere un’inversione, affinché possano trovarsi in correlazione all’elemento corrispondente, avremo quindi il Leone nel Sud-Fuoco e l’Uomo nel Nord-Acqua.

Possiamo approfondire ulteriormente la relazione esistente tra i quattro Animali sacri e i quattro elementi, collegandoli anche all’antica formula degli iniziati egizi: “Sapere, Volere, Osare, Tacere”

I maghi, gli alchimisti, i cabalisti hanno fatto dei quattro elementi il loro principale argomento di studio e spesso li hanno rappresentati sotto forme simboliche, forme incomprensibili fino a quando non se ne scopre il collegamento con i quattro elementi. Il simbolo della croce e quello della Sfinge, come pure quello dello zodiaco, possono essere interpretati soltanto attraverso i quattro elementi. In realtà, però, i quattro elementi, così come li conosciamo sul piano materiale, sono solo l’aspetto più condensato dei quattro elementi divini, la cui radice si trova nella sefira Kether e ai quali la Kabbalah ha dato il nome di Hayot ha-Kodesch, vale a dire Animali sacri che, nella religione cristiana, corrispondono ai Serafini. Questi quattro Animali hanno la forma di un Leone, di un Toro, di un’Aquila e di un Uomo, essendo, fra gli altri, anche l’uomo un animale. Naturalmente ciò non vuol dire che i Serafini abbiano il muso di leone o di toro… È soltanto un modo di presentarli e di far sentire le relazioni sottili esistenti fra loro e vari stati della materia che rappresentano. I quattro Animali li ritroviamo nello zodiaco: sono i segni del Leone, del Toro, dell’Acquario (che è l’immagine dell’uomo) e dello Scorpione (che un’altra forma dell’Aquila). Perché dunque lo Scorpione invece dell’Aquila? Per significare che al momento della caduta dei primi uomini, L’Aquila che simboleggia la forza sessuale sublimata si è trasformata in Scorpione, simbolo della forza sessuale non dominata. L’immagine degli Animali sacri è molto diffusa nell’arte cristiana: la si trova disegnata o dipinta in manoscritti e in affreschi, oppure scolpita nella pietra all’ingresso delle chiese. Ma non è stata spiegata e poche persone suppongono quanto sia ricca di significati. Nella sua preghiera, Salomone cita i quattro Animali sacri quando dice: «Aralim, agite. Ophalim, girate e risplendete. Hayot ha-Kodesch, gridate, parlate, ruggite, muggite». Gli Aralim sono i Troni, i ventiquattro Vegliardi che agiscono sulla terra con i loro decreti. Gli Ophalim sono i Cherubini, le ruote di fuoco in perpetuo movimento. E infine, gli Hayot ha-Kodesch, sono i quattro Animali sacri, i Serafini; ed è a questi che Salomone chiede di gridare, parlare, ruggire, muggire. Quello che grida è l’Aquila, quello che parla è l’Uomo, quello che ruggisce è il Leone e quello che muggisce è il Bue. L’invocazione di Salomone ha un significato molto profondo. Infatti vuol dire, parlate perché io possa sapere, gridate perché io possa volere, ruggite perché io possa osare e muggite perché io possa tacere. L’audace è il Leone, il lavoro nel silenzio lo fa il Bue, la volontà di volare molto in alto è compito dell’Aquila, infine il sapere spetta all’uomo. Il precetto degli iniziati: “Sapere, Volere, Osare, Tacere” proviene quindi da molto lontano, viene dalla conoscenza delle virtù dei quattro Animali sacri.[12] 

Osservando lo schema appare evidente che da un punto di vista astrologico c’è una contraddizione, infatti l’Uomo, che rappresenta il segno dell’Acquario, è un segno d’Aria e nello schema si trova in connessione con l’elemento Acqua. Come spiegare questa apparente contraddizione? Il fatto è che, all’inizio dei tempi, simbolicamente, con la “caduta” del genere umano lo Scorpione (segno d’Acqua) ha preso il posto dell’Aquila (segno d’Aria). Questa caduta è stata rappresentata anche dall’involuzione dell’elemento, attraverso il passaggio dell’Aria in Acqua, ossia attraverso una condensazione, una materializzazione.

Ma là dove c’è un’involuzione ci dev’essere anche un’evoluzione a bilanciare l’equilibrio cosmico, così l’Acquario – che evidentemente dal nome e dal simbolo che rappresenta, comprendiamo essere originariamente collegato all’Acqua – si evoluto ed ha preso il posto dell’Aquila, divenendo un segno d’Aria. Prima però della caduta questo simbolo, l’Uomo, l’Acquario, era collegato all’elemento Acqua; solo con la “caduta” dell’Aquila si è evoluto in elemento d’Aria.

Queste corrispondenze ci spiegano il forte valore simbolico ed esoterico dei Punti cardinali, e la ragione per cui in molte culture e tradizioni erano tenuti in grande considerazione, soprattutto quando venivano praticati rituali di vario genere o per compiere atti di magia. Omraam M. A. ci spiega infatti che:

Quando un Iniziato deve cominciare un lavoro, si volge in sequenza verso ciascuna delle quattro direzioni dello spazio; così facendo, traccia una croce per indicare che il suo spirito si accinge ad entrare in attività.[13]

È poiché l’Iniziato comprende la croce vivente, che tutte le Entità luminose rispondono al suo appello e vengono a partecipare al suo lavoro. Questo rito di volgersi verso i quattro Punti cardinali si è perpetuato nella religione cattolica sotto forma del “segno della croce”.[14]

I Punti cardinali e le Stagioni

Come lo spazio, così anche il tempo ha quattro Punti cardinali che sono, nel corso dell’anno, i due Equinozi e i due Solstizi,[15] ciascuno dei quali segna l’inizio di una stagione. I quattro Punti cardinali sono come nodi di forze cosmiche e, in quei periodi, nuove energie fluiscono nell’universo. Ma il fatto che il rinnovamento di quelle forze si verifichi regolarmente ogni anno, non significa che avvenga automaticamente, meccanicamente. No, tutti quei cambiamenti sono prodotti dal lavoro di Entità che hanno il compito di occuparsi delle pietre, delle piante, degli animali e degli esseri umani.[16]

La tradizione iniziatica ha posto ciascuna stagione sotto l’influenza di un Arcangelo: Raphaël regna sulla Primavera, Uriel sull’Estate, Mikhaël sull’Autunno, e Gabriel sull’Inverno.[17]

Nel tempo e nello spazio i Punti cardinali sono dunque nodi di forze cosmiche, abitati da Entità che determinano sul nostro pianeta il cambiamento delle Stagioni nel corso dell’anno. Ma non solo: come detto, esse agiscono in modo diverso anche sull’uomo, ed è nostro compito comprenderne il senso spirituale, per armonizzarsi ad esse e per utilizzare al meglio queste correnti energetiche.

Vedremo quindi cosa succede nel corso dell’anno al nostro pianeta e come queste correnti agiscono sull’uomo quando egli è in sintonia con queste forze cosmiche. Ma prima di proseguire vediamo se tra tutte le corrispondenze scoperte finora c’è coerenza e armonia.

Punto CardinaleNordSudEstOvest
CaratteristicheFreddo – umidoCaldo – seccoCaldo – umidoFreddo – secco
ElementoAcquaFuocoAriaTerra
EvangelistaSan GiovanniSan MarcoSan LucaSan Matteo
Animale SacroUomoLeoneAquilaToro
ArcangeloUrielRaphaëlMikhaëlGabriel
StagioneEstatePrimaveraAutunnoInverno

Apparirà al lettore alquanto strano che l’Estate sia posta a Nord, associata con l’elemento Acqua, così come forse ci si chiederà il senso delle altre tre corrispondenze (Primavera/Sud/Fuoco; Autunno/Est/Aria; Inverno/Ovest/Terra).

Per comprendere queste apparenti incongruenze dobbiamo ricorrere nuovamente all’Astrologia, in particolare ponendo attenzione all’elemento corrispondente al segno astrologico con cui inizia ogni stagione. Vedremo quindi che la Primavera inizia quando il sole entra in Ariete, un segno di Fuoco; che l’Estate inizia quando il sole entra nel segno del Cancro, un segno d’Acqua; che l’Autunno inizia quando il sole entra in Bilancia, un segno d’Aria e che l’Inverno inizia quando il sole entra nel Capricorno, un segno di Terra.

Indagando ulteriormente tra le corrispondenze legate alle caratteristiche dei 4 elementi, possiamo chiederci che cos’hanno in comune Primavera e Autunno dominate dai due elementi maschili, l’Aria e il Fuoco, e l’Inverno e l’Estate, governate dai due elementi femminili, l’Acqua e la Terra.

Sappiamo che il principio maschile è attivo, emissivo, esso rappresenta la forza creatrice, mentre il principio femminile è passivo, ricettivo e rappresenta le forze formatrici. Dobbiamo quindi comprendere in che modo agiscono queste energie nella natura, nel corso delle 4 Stagioni. Vediamo ad esempio cosa succede in particolare nelle Stagioni dominate da elementi maschili (Fuoco e Aria): a Est l’Arcangelo Mikhaël domina l’Autunno, le foglie cadono, i frutti maturi si aprono per permettere ai semi di disperdersi, c’è dunque un movimento che dal centro va verso l’esterno, si ha la dispersione del seme che in Primavera germoglierà e darà vita a una nuova pianta. L’aria, proprio come l’elemento maschile, non assorbe ma diffonde, è attiva, dinamica, trasporta il seme lontano … Così allo stesso modo l’elemento maschile non assorbe ma disperde, diffonde il proprio seme per fecondare l’elemento femminile.

Anche a Sud, Raphaël domina una stagione di grande espansione: dopo la lunga pausa invernale, le piante tornano a germogliare, i semi si schiudono, di nuovo il movimento è dal centro verso la periferia. Come il fuoco che sale verso l’alto e si espande se trova materiale infiammabile, così in Primavera, la vita, là dove la terra è fertile, si manifesta ed esplode in tutta la sua bellezza e vitalità. In Primavera le piante producono il polline necessario alla fecondazione dei fiori, ed ecco così nuovamente l’elemento maschile in azione: in Autunno con la dispersione dei semi, in Primavera con la dispersione del polline.

Osservando invece cosa succede nella natura durante l’Inverno, ad Ovest, comprendiamo facilmente che in questa stagione il movimento energetico è direzionato verso il centro, va dalla periferia al centro. Tutto rallenta tutto si ferma, tutto sembra morire, mentre in realtà la vita, la nuova vita, si sta condensando nel centro; in questa fase di oscurità la Vita si condensa nel cuore di ogni cosa, per poter poi rinascere in Primavera. Ed è proprio nella terra, nell’elemento Terra che i semi si nascondono e operano questo processo alchemico … la morte apparente dell’Inverno nasconde la preparazione per una nuova nascita. Come il principio femminile accoglie il seme e lo elabora in sé per mettere al mondo il figlio, allo stesso modo, grazie all’energia dell’inverno, Madre Terra accoglie i semi e li custodisce fino al giorno in cui, caricati di nuove energie, potranno germogliare.

Osservando poi l’Estate, a Nord, apparentemente non scorgiamo, come per l’Inverno un movimento di condensazione che dalla periferia va verso il centro, ma al contrario, l’Estate ci sembra il momento dello svago e del divertimento… eppure, mentre questo è vero per noi esseri umani, se osserviamo con occhio distaccato i fenomeni della Natura, scopriremo che l’Estate è il periodo dell’anno in cui la Luce del sole riesce a penetrare più in profondità la materia, accolta da una terra particolarmente ricettiva. È questa luce che permette ai frutti della terra di maturare. La Natura fa penetrare in sé la luce e il calore dei giorni d’Estate per trasmutare la materia, per purificarla, nobilitarla, proprio come quando l’acqua riscaldata dai raggi del sole evapora, purificandosi e trasmutandosi dalla forma liquida alla forma gassosa.

Come una Madre, la Natura accoglie, nel suo grembo, in sé i potenti raggi del sole estivo per sublimare la materia grezza, purificarla e renderla luminosa, splendente: non a caso, secondo la tradizione esoterica, sono proprio le schiere angeliche di Uriel, quelle che dominano l’Estate, a creare, nelle profondità della terra, le pietre preziose.

Questo è dunque il motivo per cui l’Estate è posta a Nord, perché è in questa stagione che la luce riesce a penetrare l’oscurità, per trasformarla, trasmutarla, sublimarla.

I Punti cardinali e le Feste cardinali

Ecco quindi l’importanza di conoscere il valore energetico dei Punti cardinali, infatti:

Percorrendo la fascia zodiacale, il sole attraversa ogni anno i quattro Punti cardinali chiamati Equinozi e Solstizi. Gli Equinozi corrispondono ai due giorni dell’anno solare in cui, mentre il sole incrocia l’equatore, il dì e la notte hanno eguale durata: il 21 marzo e il 21 settembre. I Solstizi corrispondono ai due giorni in cui il sole raggiunge la massima lontananza angolare del piano equatoriale: il 21 dicembre, Solstizio d’Inverno, il giorno più corto, il 21 giugno, Solstizio d’Estate, il giorno più lungo.

Questi quattro punti, Solstizi ed Equinozi, coincidono con le quattro feste dette cardinali: Natale, Pasqua, San Giovanni e San Michele; feste istituite dagli Iniziati per ricordare agli uomini che in quelle date il sole immette nell’universo delle forze particolarmente potenti, forze che gli uomini, se coscienti, hanno la possibilità di utilizzare per la loro evoluzione. L’invio di tali forze è organizzato e regolato da grandi Spiriti che hanno ai loro ordini molti altri spiriti, incaricati di distribuire le energie sulla superficie del pianeta. Una moltitudine di Spiriti si dedicano a questa attività.[18]

Le feste popolari in occasione dell’inizio di ogni stagione erano già presenti negli antichi culti, così come nella tradizione contadina. Il Cristianesimo ha fatto propria questa tradizione, ponendo in corrispondenza di ogni Solstizio ed Equinozio un avvenimento importante: in Primavera si celebra la Pasqua, in Estate si festeggia la notte di S. Giovanni, in Autunno c’è la festa di S. Mikhaël e in Inverno si celebra il Natale. Come vedremo più avanti, ognuna di queste feste, nel suo profondo significato spirituale, è in perfetta armonia con ciò che accade nella Natura.

Le quattro Stagioni, guidate dai quattro Arcangeli, sono dunque in relazione con i quattro Punti cardinali, e quindi esiste una precisa corrispondenza tra le caratteristiche dei Punti cardinali e ciò che accade nella Natura durante le quattro Stagioni. Conoscere le caratteristiche energetiche dei quattro Punti cardinali ci rende coscienti di quale lavoro possiamo compiere su di noi, sintonizzandoci ed entrando in contatto con le energie e le Entità che guidano e governano le quattro Stagioni e i quattro elementi.

Possiamo ora rappresentare in un semplice schema le corrispondenze finora trovate e analizzare in modo più approfondito la loro posizione.

Osservando questa immagine possiamo notare che i 4 elementi (in verde) sono posizionati secondo il loro livello di condensazione, di materializzazione, formando un anello che ruota in senso orario, partendo da Ovest con la Terra, si passa all’Acqua nel Nord, poi all’Aria nell’Est e infine l’elemento più eterico, più sottile e spirituale, a Sud, il Fuoco.

Troveremo anche che in questa corrispondenza Acqua e Fuoco sono opposti e, non a caso: rappresentano infatti, a livello spirituale, il principio maschile il Fuoco – lo spirito che sta in alto – e il principio femminile l’Acqua – la materia, che sta in basso.[19] Tutto ciò che si può realizzare dalle diverse combinazioni di questi due elementi riproduce simbolicamente la scienza che cela in sé i misteri dei due principi.[20]

L’Emisfero australe

Per correttezza di indagine – visto che quando nell’Emisfero boreale è Estate, a Sud abbiamo l’Inverno, e viceversa – ci dobbiamo ora chiedere se tutte queste corrispondenze abbiano la medesima valenza per l’Emisfero australe.

Troviamo una risposta a tale quesito nel momento in cui riconosciamo che il nostro pianeta va considerato come un’unica entità, in cui tutto è collegato.  In particolare possiamo osservare come ciò che succede nell’Emisfero boreale influenza e determina le caratteristiche spirituali ed energetiche anche dell’Emisfero australe, per le seguenti ragioni:

Anzitutto dobbiamo ricordare che il 70% delle terre emerse si trova nell’Emisfero Nord, motivo per cui l’estate boreale, ad esempio, è molto più estesa e forte dell’inverno che si manifesta nello stesso momento nell’Emisfero sud; quel 70% di terre emerse rappresenta la grande maggioranza e per tale motivo determinerà con maggiore forza il tipo di “energia” presente in quel momento sulla Terra.

Un altro elemento importante viene dal fatto che, se consideriamo la Terra come un organismo vivente, allora possiamo sostenere che la sua “testa” è il Polo Nord[21], e ciò che succederà in questa zona (Emisfero boreale) influenzerà maggiormente l’intero pianeta. A sostegno di tale affermazione riportiamo un brano di Omraam M. A. in cui afferma che:

Il Polo Nord è una regione dalla quale ci giungono tutte le forze celesti che sono distribuite sulla Terra; tale regione è abitata dagli Esseri più elevati, Esseri purissimi e immortali. Le aurore boreali sono manifestazioni accidentali dell’aura degli Esseri che abitano il Polo Nord. Dal punto di vista spirituale, il Polo Nord è il centro più elevato che esista sul nostro globo.[22]

Aspetti e caratteristiche spirituali dei Punti cardinali e delle Stagioni

L’analisi e lo studio dei quattro Punti cardinali, delle loro caratteristiche e corrispondenze, in particolare con le Stagioni e l’Arcangelo che le presiede, non deve rimanere però una semplice speculazione filosofica, o un mero piacere intellettuale: questo sapere ci deve permettere di conoscere quali caratteristiche energetiche e spirituali possiede ogni stagione per compiere un lavoro interiore nel corso dei 12 mesi. Infatti:

L’agricoltore sa in quale epoca deve arare, seminare, potare, raccogliere… Ma è anche compito di ognuno di noi imparare a lavorare secondo le Stagioni. Salomone dice nell’Ecclesiaste: «C’è un tempo per tutto, un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per estirpare ciò che è stato piantato, un tempo per abbracciare e un tempo per abbandonare gli abbracci, un tempo per abbattere e un tempo per costruire». Queste parole non riguardano unicamente il piano fisico, le attività fisiche, bisogna interpretarle anche da un punto di vista magico, cabalistico. La Cabala spiega come determinare il tempo per ogni cosa, ed è tutta una scienza. In funzione delle Stagioni, nel corso dell’anno c’è un lavoro interiore da svolgere con i quattro elementi, con i quattro Punti cardinali, con i quattro Arcangeli, così come con le pietre preziose, le piante e le entità corrispondenti.[23]

In questa prospettiva vediamo dunque quali sono le caratteristiche energetiche e spirituali di ognuno dei quattro Punti cardinali, e conseguentemente delle Stagioni, per precisare quale sia il lavoro interiore che possiamo compiere in ogni periodo dell’anno:

Est

Da questo Punto cardinale viene la luce del nuovo giorno; l’Arcangelo Mikhaël, il capo delle Milizie Celesti, scaccia le tenebre, separa il giorno dalla notte, la luce dall’oscurità, mentre i bagliori del sole che sorge portano nuovi semi di luce che si diffondono su tutta la superficie terrestre grazie all’immenso lavoro degli Spiriti di Natura e dei Deva.

L’Autunno è posto sotto l’influsso di Mikhaël, l’Arcangelo del sole nella Sefirah Tiphéreth. Il suo nome significa: Chi è come Dio?! Infatti, una tradizione riporta che quando, nel suo orgoglio, Lucifero si dichiarò uguale a Dio, Mikhaël, ergendosi davanti a Lucifero, esclamò: «Chi è come Dio?!». E da quel momento questo fu il suo nome.[24]

La separazione e la selezione sono processi cosmici che avvengono in Autunno, la stagione governata proprio dall’Arcangelo Mikhaël, quando si raccolgono i semi buoni separandoli da quelli cattivi, quando il vento (l’elemento Aria) diffonde i semi per  ogni dove. In questa stagione, il 29 settembre, si festeggia S. Michele Arcangelo, che nell’iconografia viene sempre raffigurato con una spada e una bilancia, intento a pesare le buone e le cattive azioni degli uomini, e a separare le anime buone da quelle cattive. L’Arcangelo Mikhaël ci insegna dunque il discernimento, la capacità di selezionare e di separare il puro dall’impuro.

Sta scritto nella Tavola di Smeraldo: «Separerai il sottile dal denso con grande abilità». Ma dove sono questo sottile e questo denso che bisogna separare? Sono soltanto nel crogiolo dell’alchimista, oppure sono nella nostra vita interiore, nei nostri pensieri, nei nostri sentimenti?… Dei quattro Arcangeli, l’Arcangelo Michele è colui che separa le cose. Lo si festeggia alla fine di settembre, perché Egli regna sull’Autunno, periodo delle separazioni, quando i frutti si staccano dall’albero e la scorza dal frutto. La separazione, che è un processo molto importante nell’alchimia, si ritrova anche in tutti i campi della vita e, a seconda dei casi, si chiama pulizia, selezione, decantazione, purificazione, ma anche liberazione.[25]

Rivolti verso questo Punto cardinale, al momento del sorgere del sole, che molte tradizioni religiose e spirituali, e molti Maestri, consigliano di praticare la propria meditazione quotidiana, poiché da Est, ogni giorno, rinasce e risorge la Luce, ed è questa rinascita che deve compiersi ogni mattino anche dentro di noi. La luce del sole che sorge purifica, rigenera, ricarica, armonizza e permette di avvicinarsi sempre più al Mondo divino.

Cosa c’è di più bello e di più essenziale della nascita del giorno? Direte che la vostra presenza non cambierà nulla: il sole sorgerà che voi ci siate o meno. Certo, il sole non ha bisogno di voi per apparire all’orizzonte, ma siete voi che avete bisogno di lui, perché esiste una relazione tra gli avvenimenti della natura e quelli della vostra vita interiore. Quando saprete come guardare il sole sorgere, nell’istante in cui si sprigiona il primo raggio, sentirete tutte le forze pure e luminose entrare in azione e capirete quanto è importante lavorare con esse affinché il giorno si risvegli anche nella vostra coscienza.[26]

Questo invito alla selezione e al discernimento, alla separazione del sottile dallo spesso, oltre che all’alba, è un’opera che possiamo compiere con maggior profitto nei mesi autunnali, sotto la guida dell’Arcangelo Mikhaël. In questa stagione possiamo infatti fare un’analisi della nostra esistenza portando alla luce tutti gli aspetti del nostro essere, per selezionare quelli buoni da quelli nocivi. Gli aspetti buoni, proprio come dei semi, li conserveremo per piantarli nel giardino della nostra Anima, affinché un nuovo ciclo abbia inizio.

Ecco quindi cosa dobbiamo imparare dall’Arcangelo Michele: la selezione, cioè il discernimento, l’apprendere a separare il puro dall’impuro, l’utile dall’inutile, il nocivo dal salutare, la cosa morta da quella viva. La causa di tutte le sventure è proprio la mancanza della capacità di discernimento.

Le forze presiedute dall’Arcangelo Michele sono forze di equilibrio, di giustizia, quindi di discernimento tra il buono il cattivo, per poter liberare ciò che è bene e trasformare ciò che è male. Ma il bene e il male sono così strettamente uniti che non li si può separare prematuramente senza provocare lacerazioni. L’arte di separare i contrari è la cosa più difficile che ci sia; ed è in natura che, da sempre, gli Iniziati si sono istruiti in quest’arte. Non è facile separare la noce del suo mallo, ma la natura sa come farlo: essa lascia maturare il frutto, il mallo si apre da solo e la noce si libera. Lo stesso dicasi per il bambino nel ventre di sua madre: esso è strettamente collegato alla madre non lo si può strappare prematuramente, altrimenti sarebbe la morte per entrambi. Se invece si aspetta, il frutto giunge a maturazione e, quel punto, si può recidere il legame che univa madre e bambino. Questa separazione rappresenta il simbolo della maturità.[27]

Sud

L’Arcangelo Raphaël domina questo Punto cardinale e porta in sé il Fuoco della guarigione, quella guarigione che otteniamo quando le energie vitali fluiscono liberamente in tutto il nostro corpo, quelle stesse energie che attraversando Madre natura si manifestano nei mille e mille fiori, e nella moltitudine di piante che in Primavera sembrano rinascere a nuova vita.

Le energie spirituali che fluiscono quando il sole è a mezzogiorno sono forti e potenti, come quelle primaverili, ed esse purificano, guariscono e armonizzano. Nonostante ciò, in piena Estate, quando il sole a mezzogiorno diviene fuoco, il suo effetto di purificazione è troppo forte, motivo per cui non è consigliabile esporsi alla sua luce nelle ore centrali di questa stagione.

Le energie che dominano il Sud, proprio come avviene in Primavera, sono quelle della gioia, della rinascita. In Primavera la Natura è nel massimo del suo splendore, così come il sole a Sud è nel massimo della sua manifestazione. Non a caso in questo momento dell’anno si festeggia la Pasqua, la risurrezione di Gesù, la rinascita.

L’Equinozio di Primavera, il 21 marzo, è sotto l’influsso dell’Arcangelo Raffaele. È Raffaele che dà alle Entità a lui sottoposte l’ordine di lavorare sulla vegetazione e di inviare ovunque forze di crescita e di rigenerazione.

L’Arcangelo Raphaël vive nella sfera di Mercurio. Il suo nome significa: Dio guaritore. Questo Arcangelo e gli Angeli che sono ai suoi ordini hanno l’incarico di lavorare sulla forza divina in modo da renderla curativa. Gli altri Arcangeli preposti alle altre Stagioni danno alla forza divina un’altra lunghezza d’onda e trasmettono a questa forza altre virtù. Gli antichi che volevano conoscere la scienza di Raphaël sceglievano determinati giorni e formule per collegarsi a Lui; ed è così che sono state fatte loro delle rivelazioni riguardanti le caratteristiche delle piante. Il dio greco della medicina, Esculapio, era collegato a Mercurio, e non è quindi a caso che il caduceo di Mercurio sia rimasto da millenni il simbolo della medicina. Ecco perché, all’avvicinarsi della Primavera, dovete pensare a collegarvi con l’Arcangelo Raphaël per chiedergli di rivelarvi i segreti delle piante, dei semi e dei fiori, allo scopo di beneficiare dei buoni influssi che essi contengono e diffondono attorno a sé. In Primavera la natura rinasce, ricordando all’uomo che anch’egli deve resuscitare, non fisicamente – il che non sarebbe proprio possibile – ma spiritualmente. Come la linfa sale nella vegetazione per rigenerarla, così l’uomo deve lavorare affinché la linfa spirituale penetri in lui per vivificare sui corpi sottili. La grande festa cristiana della Primavera è la festa della Pasqua che commemora la resurrezione del Cristo: si congiungono così la vita della natura con quella dell’anima.[28]

La rinascita, il rinnovamento, la resurrezione, sono quindi i processi interiori che la Primavera ci spinge a compiere dentro di noi, con il nostro corpo fisico e tutti i nostri corpi sottili.

Ovest

È Gabriel, l’Arcangelo dell’Annunciazione, a presiedere l’Ovest, e se volti verso questo punto cardinale osserviamo attentamente un tramonto, scopriremo che questa manifestazione della natura nel suo aspetto spirituale rappresenta la discesa del Principio cristico nella materia. Ed è proprio ciò che avviene durante l’Inverno: esteriormente la natura si spoglia di ogni sua bellezza; la luce e lo splendore che manifestava in Primavera sembrano essere svanite, mentre in realtà è in atto una concentrazione e condensazione delle forze vitali, nelle radici e nei semi nascosti sotto terra. Nell’oscurità la Natura si ricarica di nuove forze, di nuove energie che daranno l’impulso per una nuova nascita, una futura Primavera, simbolicamente rappresentata dalla nascita del Cristo. In questa stagione infatti si festeggia proprio una nascita, la venuta al mondo del bambino Gesù. Ma questa nascita è stata possibile solo grazie alla discesa nella materia del Principio cristico, della Luce.

Così, contemplando il tramonto, si percepisce che il sole non sta svanendo ma sta penetrando Madre Terra per fecondarla, per far sì che il Principio cristico possa rinascere in Lei.

L’Inverno ha inizio nel momento in cui il sole entra nella costellazione del Capricorno. Simbolicamente, il Capricorno è legato alle vette, ai picchi rocciosi, ma anche alle caverne profonde, alle grotte che si aprono nelle viscere della Terra. È nelle proprie viscere che la donna porta e forma il bambino, ed è ancora nelle viscere, nel centro Hara, che il Cristo-Bambino si forma in noi. Durante il resto dell’anno, la natura è in grande attività, ma all’avvicinarsi dell’Inverno molti lavori si fermano, i giorni si accorciano, le notti si allungano, ed è il momento della meditazione, del raccoglimento. È questo acquietarsi di tutta la natura che ci permette di penetrare nelle profondità del nostro essere e di trovare le condizioni per la nascita del Fanciullo divino.[29]

L’inverno è dunque un buon momento per ritornare in se stessi, per condensare e cristallizzare il lavoro interiore svolto nel corso dell’anno; è anche un buon momento per iniziare nuovi progetti e cominciare nuove attività.

Nord

Rivolti verso questo punto cardinale, non vedremo mai la luce del sole manifestarsi. È dunque l’oscurità ad abitare questo punto cardinale? Non ci sono forze di Luce che abitano il Nord? Naturalmente invece ci sono, e sono guidate e sostenute dall’Arcangelo Uriel: sono forze potenti, tanto da riuscire a penetrare la materia, purificarla e sublimarla. Proprio come avviene d’Estate quando la luce infuocata del sole è così forte che penetra tutta la natura e porta a maturazione i frutti acerbi e costringe gli uomini a spogliarsi dei molti vestiti che proteggevano i loro corpi nei mesi invernali.

Queste forze luminose agiscono molto in profondità, là dove sono le tenebre. Per questo talvolta sono state attribuite a Uriel caratteristiche infernali o legate al piano sessuale, mentre in realtà esistono diversi tipi di fuoco sotterraneo: c’è quello infernale, quello sessuale, ma il Fuoco di Uriel è un Fuoco spirituale, proviene dai raggi del sole che hanno penetrato la Terra, è un Fuoco capace di purificare la materia, di sublimarla creando, per esempio, le pietre preziose, i metalli nobili.

La letteratura tradizionale di tutti i paesi contempla un gran numero di racconti e narrazioni mitiche in cui si vedono darsi battaglia le forze della Luce e quelle delle tenebre … Ebbene, verso il 21 giugno, al Solstizio d’Estate, entriamo nel periodo in cui la luce è vittoriosa. Qualche giorno dopo, il 24 giugno, si celebra la festa di San Giovanni, in occasione della quale si usa accendere fuochi tutta la notte. Il Solstizio d’Estate è sotto il dominio dell’Arcangelo Uriel. La Chiesa ha trascurato questo Arcangelo. Dal momento che menziona Gabriel, Raphaël e Mikhaël che presiedono alle tre feste cardinali del Solstizio d’Inverno e degli Equinozi di Primavera e Autunno, ci si chiede perché ha fatto passare sotto silenzio Uriel. Uriel è l’Angelo della Luce: il suo nome significa: Dio è la mia Luce. La festa di San Giovanni si celebra nel momento in cui il sole entra nel segno del Cancro – segno dominato da Venere – e ciò non è dovuto al caso, poiché quella di San Giovanni e la festa del Fuoco, del calore che fa maturare i frutti e tutte le cose. Durante l’Estate tutta la natura è infuocata. Ma questo Fuoco e anche quello dell’amore fisico, sensuale, ed è cosa nota che in certi paesi la notte di San Giovanni dà via libera a eccessi sessuali di ogni genere. Questo è senza dubbio il motivo per cui la Chiesa ha preferito non celebrare l’Arcangelo Uriel e la festa dell’Estate.

Se l’uomo è cosciente e attento durante questo periodo del Solstizio d’Estate in cui la Luce e al massimo della sua potenza e le tenebre indietreggiano, vi sono offerte grandi possibilità di sferrare attacchi contro le tenebre interiori, con la speranza di vincerle. Quando le notti si allungano nuovamente, la luce si indebolisce e si fanno più forti le influenze che riducono e rallentano la circolazione di tutte le correnti vitale. Non è più tempo di intraprendere simili lavori. Non vi sono più le stesse condizioni interiori ed esteriori per affrontare le forze ostili. Nel periodo del trionfo della luce, invece, se alcuni vogliono veramente fare un lavoro importante per il mondo intero, lo possono fare: se sono già riusciti a risolvere i loro problemi personali, hanno il diritto e persino il dovere di andare oltre.[30]

L’Estate, con le energie dell’Arcangelo Uriel, ci permette di compiere un lavoro di approfondimento e di maturazione, ci permette di purificare e sublimare consapevolmente le energie della natura inferiore, delle personalità.

Conclusioni

L’argomento trattato in questo articolo meriterebbe di essere ulteriormente approfondito, ma ci auguriamo di aver dato elementi sufficientemente chiari per una prima comprensione del valore energetico e spirituale dei Punti cardinali e delle Stagioni.

Possiamo infine concludere che le caratteristiche delle Stagioni e dei Punti cardinali sono determinate, anche esotericamente, dalla Luce del sole: nell’analisi delle qualità energetiche di ogni Punto cardinale abbiamo anzitutto ricercato le possibili corrispondenze con i quattro Elementi, con gli Arcangeli, con gli Animali sacri, ma soprattutto con le quattro Stagioni. E cos’è infatti che determina il passaggio da una stagione all’altra?

La qualità della Luce del sole che giunge sulla Terra. È la Luce del sole che determina le caratteristiche e le peculiarità di ogni stagione e per analogia anche quelle dei Punti cardinali. Il sole che, come sostiene Omraam M. A., è la migliore manifestazione del Principio divino sulla Terra, è anche l’origine, la Sorgente di tutti i mutamenti stagionali.

L’immagine della perfezione è il sole; e se lo prenderete come modello, nel desiderio di illuminare, riscaldare e vivificare tutte le creature come fa lui, vi trasformerete in profondità. La vostra luce, il vostro calore e la vostra vita non eguaglieranno mai quelli del sole, è evidente, ma il solo desiderio di acquisirli vi proietterà nelle regioni celesti dove compirete prodigi. Sarà il desiderio di donare la luce, il calore e la vita del sole a rendervi più luminosi, più calorosi e più vivi.[31]

Attraverso i suoi raggi luminosi, le Entità angeliche giungono sulla Terra per compiere un lavoro straordinario su tutta la Natura e su tutti gli esseri viventi.

Così, rivolgendosi ogni mattina ad Est, verso il sole nascente, meditando e contemplando la sua Luce, possiamo entrare in contatto e in armonia con quelle correnti cosmiche che dirigono e governano l’evoluzione nostra e quella del nostro pianeta. Meditare sul sole nascente significa collegarsi alla Sorgente da cui tutto ha origine.

Note

La foto ritrae la volta della chiesa di Torcello (Venezia)

[1] Francesco Mossolin è segretario e cofondatore della Fondazione Omraam Onlus, e direttore responsabile della Casa editrice Stella Mattutina Edizioni. Da diversi anni svolge studi e ricerche sull’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov.

[2] Per rispondere a queste domande trarremo indicazione principalmente dall’Insegnamento del filosofo e pedagogo Omraam Mikhaël Aïvanhov, che nelle sue numerose conferenze ha più volte affrontato l’argomento portando luce e chiarezza sul significato spirituale dei Punti cardinali e delle Stagioni.

[3] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia, Prosveta, p. 425, 2005.

[4] Aïvanhov, O. M., L’Alchimia spirituale, Prosveta, pp. 9-10, 2010.

[5] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2007, (13 dicembre), Prosveta, 2006.

[6] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia, Prosveta, p. 425, 2005.

[7] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2007, (13 dicembre), Prosveta, 2006.

[8] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2013, (26 gennaio), Prosveta, 2012.

[9] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2007, (13 dicembre), Prosveta, 2006.

[10] Aïvanhov, O. M., L’Alchimia spirituale, Prosveta, pp. 9-10, 2010.

L[11] Aïvanhov, O. M., Il linguaggio delle figure geometriche, Prosveta, pp. 130-131, 2008.

[12] Aïvanhov, O. M., I frutti delll’Albero della Vita, Prosveta, pp. 86-87, 2006.

[13] È interessante notare che questa corrispondenza tra Punti cardinali e Arcangeli è la medesima che ritroviamo nella preghiera di protezione ebraica riportata all’inizio dell’articolo. Infatti se posizioniamo davanti a noi Uriel, alla destra Mikhaël, a sinistra Gabriel, e dietro di noi Raphaël, e supponiamo di essere rivolti a Nord, vedremo che la disposizione è esattamente la medesima: davanti a noi il Nord con Uriel, a destra l’Est con Mikhaël, a sinistra l’Ovest con Gabriel, dietro il Sud con Raphaël.

[14] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la sua Giustizia, Prosveta, p. 425, 2005.

[15] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2008, (25 dicembre), Prosveta, 2007.

[16] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2016, (21 marzo), Prosveta, 2015.

[17] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2010, (21 dicembre), Prosveta, 2009.

[18] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’albero della vita, Prosveta, pp. 231-232, 1995.

[19] Nella tradizione esoterica i due principi sono anche rappresentati con due triangoli speculari, uno con la punta rivolta verso l’alto e uno con la punta rivolta verso il basso.

[20] Potremmo ora chiederci se esistono altre corrispondenza e, analogie e, partendo dai 4 Arcangeli, troveremo che ognuno di essi è collegato ad una Sephira nell’Albero della Vita, e che ogni Sephira è collegata ad un pianeta: Uriel si trova in Malkout il cui pianeta è la Terra, Gabriel in Iesod il cui pianeta è la Luna, Raphaël in Hod il cui pianeta è Mercurio e Mikhaël in Tiphéret il cui pianeta è il sole. Questi quattro pianeti sono nuovamente collegati a un elemento, la Terra all’elemento Terra, la Luna all’Acqua, Mercurio all’Aria, il sole al Fuoco. Lasciamo al lettore il piacere di sviluppare ulteriori approfondimenti su queste corrispondenze.

[21] Un po’ come dire che al Polo Nord c’è il chakra della Corona e, anche da un punto di vista scientifico, «rispetto al Campo geomagnetico della terra, le linee di forza del campo magnetico terrestre entrano nell’emisfero nord (emisfero boreale) ed escono dall’emisfero sud (emisfero australe)». (cfr.: https://it.wikipedia.org/wiki/Campo_geomagnetico).

[22] Aïvanhov, O. M., L’Alchimia spirituale, Prosveta, p. 184, 2010.

[23] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2009, (22 settembre), Prosveta, 2008.

[24] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2014, (22 settembre), Prosveta, 2013.

[25] Aïvanhov, O. M., La libertà, vittoria dello Spirito, Prosveta, p. 67, 1996.

[26] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2015, (26 giugno), Prosveta, 2014.

[27] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’Albero della Vita, Prosveta, pp. 236 -237, 1995.

[28] Aïvanhov, O. M., I frutti dell’Albero della Vita, Prosveta, pp. 232-233, 1995.

[29] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2007, (21 dicembre), Prosveta, 2006.

[30] Aïvanhov, O. M., Dall’uomo a Dio, Prosveta, p. 130, 2004.

[31] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2015, (6 giugno), Prosveta, 2014.

meditazione sorgere del sole e laser

LA MEDITAZIONE LASER E LA MEDITAZIONE AL SORGERE DEL SOLE parte 3/3

La Meditazione sulla Luce nell’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov 3/3

Centro Studi Internazionale Omraam Mikhaël Aïvanhov

Tratto da Misli III – 2016


Libri di Aivanhov

MEDITAZIONE SULLA LUCE

Di tutte le possibili pratiche meditative Omraam M. A. consigliava ai suoi numerosi ascoltatori di meditare sulla Luce:

La Luce è quella sostanza che Dio, il Fuoco primordiale, ha emanato all’origine del mondo dicendo: «Che la Luce sia!». Quella Luce altro non è che il Verbo citato all’inizio del Vangelo di San Giovanni: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio… Tutto ciò che è stato fatto, è stato fatto da Lui…». La Luce è il Verbo che il Creatore ha pronunciato e col quale ha creato il mondo.

Il mondo fisico, così come lo conosciamo, altro non è che la condensazione della Luce primordiale. Dio, il Principio attivo, ha proiettato quella Luce e l’ha utilizzata quale materia per creare l’universo. Si comincia così a percepire la manifestazione dei due principi maschile e femminile, che sono all’origine della Creazione, poiché Dio, il Fuoco, il principio maschile, ha emanato da Sé, e proiettato, il principio femminile, la Luce, la materia con la quale doveva creare.[i]

Secondo il libro della Genesi, il primo evento fu quindi la creazione della Luce. Dio disse: «Che Luce sia!». Ma di quale luce si trattava? In bulgaro abbiamo due termini diversi per indicare la luce: svetlina e Videlina. Il termine svetlina sta a indicare la luce fisica ed è formato sulla radice di un verbo che significa “brillare”. Videlina, invece, è la Luce spirituale ed è il termine fondato sulla radice del verbo “vedere”. Videlina è quindi la Luce che permette di vedere il mondo spirituale, il mondo invisibile; è Videlina che, materializzandosi, ha prodotto svetlina, la luce fisica.[ii]

La Luce è lo stato più sottile della materia e ciò che noi chiamiamo materia altro non è che la forma più condensata della Luce. Si tratta dunque della stessa materia per tutto l’universo… ovvero della stessa Luce… più o meno sottile, più o meno condensata. Tutto ciò che si trova condensato sulla terra esiste nel piano eterico in forma più sottile, più pura. Ed è appunto questo il significato del lavoro spirituale: riuscire a cogliere tutto ciò di cui abbiamo bisogno, lo stato sottile più simile allo stato primordiale.[iii]

La Luce è dunque quella materia con cui tutto l’Universo è stato creato. Questo concetto ci permette di comprendere che, grazie alla Luce spirituale, vero e proprio “mattone fondamentale” della Creazione, possiamo attingere a tutti gli elementi di cui il nostro corpo fisico e i nostri corpi sottili possono aver bisogno. Inoltre, la Luce spirituale, essendo la prima manifestazione del Creatore, è il mezzo più efficace per collegarci a Lui. Racconta Omraam M. A.:

Molti anni fa, quando ero ancora un giovanissimo discepolo del Maestro Peter Deunov, gli avevo posto la seguente domanda: «Qual è il mezzo più efficace per legarsi a Dio e per sviluppare le facoltà e le virtù spirituali?» Mi rispose: «Si deve pensare alla Luce, concentrarsi su di Essa e immaginare che l’universo intero sia immerso nella Luce». Su quella visione ho lavorato a lungo e ho imparato moltissimo. In realtà, Dio non è la Luce, è molto di più della Luce; non Lo si può conoscere e nemmeno immaginare. Dio non è la Luce, ma poiché la Luce è la prima emanazione divina, contiene tutte le qualità, tutte le virtù di Dio, per cui si può conoscere Dio soltanto attraverso la Luce.[iv]

La Luce spirituale dona la vita alla Creazione, e infatti la Luce spirituale è un’Entità vivente:

Nella Luce vi è tutto; è all’origine del mondo, è la causa dell’universo. La Luce è uno Spirito, uno Spirito che viene dal sole… Ogni raggio è una forza straordinaria che va dovunque per penetrare la materia e lavorare su di essa. Se vi è un campo da approfondire veramente, è proprio quello della Luce: che cosa è veramente, come agisce e in quale modo noi pure dobbiamo lavorare con essa.[v]

Beati coloro che hanno posto nella loro mente, nella loro anima, nel loro cuore e nello Spirito la Luce, la Luce spirituale, che è la vera ricchezza.[vi]

Ecco quindi un esercizio che potete fare ogni giorno, più volte al giorno, appena avete qualche minuto: cercate di concentrarvi sulla Luce, di riposarvi nella Luce, di fondervi nella Luce, impregnavi di Luce… Immaginate che l’universo intero sia immerso in quella Luce. Sentirete a poco a poco che in voi tutto si ristabilisce, si riequilibra, che quella luce vi porta la vera conoscenza, la pace duratura, l’equilibrio e la potenza. Invece di perdere il vostro tempo in tante attività inutili, pensate alla Luce che rischiara, che vivifica e che calma.[vii]

Quando sarete riusciti a concentrarvi sulla Luce, quando la sentirete come un oceano che vibra, che palpita, che freme, dove tutto è pace, felicità e gioia, allora comincerete a sentire che quella Luce è un profumo e una musica, quella musica cosmica che chiamano la musica delle sfere, il canto di tutto ciò che esiste nell’universo. Non esiste un lavoro che sia più degno, più glorioso, più potente del lavoro con la Luce.[viii]

Fate della Luce il vostro principale tema di meditazione, concentratevi su di essa: a poco a poco, essa verrà perfino a sostituire tutte le particelle logore e malaticce del vostro corpo con particelle nuove, più pure. Poi, una volta che sarete in grado di attirare la Luce in voi, dovrete anche esercitarvi a proiettarla nel mondo intero per aiutare tutti gli esseri umani.[ix]

Cercate di comprendere l’importanza del lavoro con la Luce e disporrete di un mezzo infallibile.[x]

Il Surya-Yoga e la “Meditazione Laser”

La meditazione con la Luce è stata sviluppata da Omraam M. A. soprattutto in due particolari pratiche: il Surya Yoga, ossia la Meditazione al sorgere del Sole e la Meditazione Laser. Entrambe queste pratiche, apparentemente molto semplici, rivestono per Omraam M. A., un ruolo fondamentale nello sviluppo personale di ogni individuo che desideri perfezionarsi e percorrere un cammino spirituale, seguendo il precetto dato dal Cristo, – spesso citato da Omraam M. A. – «Siate perfetti come perfetto è il Padre vostro che è nei Cieli».

Queste due meditazioni costituiscono due capisaldi nell’Insegnamento di Omraam M. A., proprio per la loro capacità di favorire lo sviluppo personale e collettivo nelle società umane.

La Meditazione Laser

Questa pratica deve il suo nome al Laser, uno strumento ormai universalmente conosciuto che produce un fascio di luce con particolari caratteristiche. Queste proprietà fisiche e lo sviluppo tecnico del Laser hanno fatto sì che il suo utilizzo sia ormai presente in moltissimi ambiti delle attività umana.

Lo stesso Omraam M. A. descrisse il laser e le sue caratteristiche:

Recentemente la scienza ha messo a punto il laser che permette di ottenere dei fasci luminosi di grande potenza capaci di realizzare cose meravigliose. Il laser, che significa Light Amplification by Stimulated Emission of Radietions (“Amplificazione della luce mediante emissione stimolata di radiazioni”), è stato messa a punto attorno al 1960 dal fisico americano Theodore Maiman. Il laser si compone di un cristallo di rubino sintetico a forma di cilindro le cui estremità presentano, da una parte, una superficie riflettente e dall’altra una superficie semi-riflettente. Il cristallo viene sottoposto alla luce di un flash verde che eccita gli atomi di cromo contenuti nel rubino (processo che viene denominato pompaggio ottico). Quando l’intensità del pompaggio del flash è sufficiente, all’estremità semi-riflettente si ha l’emissione di un fascio di luce estremamente intensa.

La luce del laser è caratterizzata da fotoni della stessa frequenza – si tratta quindi di una luce monocromatica – che vengono emessi in un’unica direzione e in fase. La luce del laser è quindi anche una luce coerente. Sono queste le caratteristiche che rendono il laser interessante, in quanto una luce monocromatica e, al tempo stesso, coerente è una luce di eccezionale potenza. Non entrerò nei dettagli, che potranno essere ricavati dalla letteratura specializzata.[xi]

Per comprendere il motivo per cui Omraam M. A. spiegò ai suoi ascoltatori le caratteristiche del Laser anche da un punto di vista tecnico, bisogna sapere che il principale metodo pedagogico che egli utilizzava per trasmettere le verità del suo Insegnamento, era l’uso di “analogie”. Attraverso immagini o situazioni prese dal Libro vivente della Natura – come Egli stesso lo definiva – illustrava, attraverso delle corrispondenze, le verità del Mondo spirituale e del mondo interiore dell’essere umano.

Descrivendo il Laser, anche da un punto di vista tecnico, per analogia spiegò che se un gruppo di persone, riunite insieme in meditazione, si concentra su un medesimo soggetto, si crea, attraverso il pensiero e la concentrazione, una sorta di “Laser energetico”, spirituale, ossia un fascio di energia spirituale con determinate caratteristiche. Affinché ciò accada il soggetto su cui tutti si devono concentrare è appunto la Luce. Omraam M. A. spiegò anche quali sarebbero stati gli effetti di un simile lavoro collettivo:

Anche noi possiamo divenire un laser che produce dei fenomeni e degli avvenimenti magnifici sul mondo intero, e per fare questo bisogna che i fratelli e le sorelle, che sono come gli atomi e gli elettroni, vibrino all’unisono alla frequenza della Luce cosmica. Ci si concentra tutti solo su un’immagine: la Luce. In questo modo le vibrazioni arrivano ad essere della stessa lunghezza d’onda e la Fratellanza, meditando e concentrandosi sulla Luce, diviene un laser, che migliora, illumina, porta la pace nel mondo e risveglia le coscienze di milioni e milioni di persone. Ecco cos’è il laser! Noi siamo il laser, tutti insieme consciamente, quando meditiamo nel silenzio, pensando alla stessa cosa e vibrando alla stessa lunghezza d’onda.[xii]

Quindi, d’ora in poi, anziché concentrarci ognuno su un soggetto diverso, il che disperde le nostre energie, è preferibile concentrarci tutti sulla Luce per produrre una vibrazione unica, potente. Possiamo immaginare quella Luce come la luce del sole: bianca, chiara, limpida, splendente e, facendo tale esercizio sul ritmo della respirazione, potremo sprigionare un’energia spirituale potente che andrà a risvegliare le coscienze di milioni di individui nel mondo, affinché tutti si comincino a lavorare per la pace e per la felicità dell’umanità intera.[xiii]

Affinché questa pratica sia efficace, è importante sapere che questa tecnica sia attuata simultaneamente da tutti i praticanti e sullo sforzo collettivo che tutti compiono nell’essere concentrati sul medesimo soggetto. Questo sforzo permette ai praticanti di iniziare a “vibrare” all’unisono, aumentando enormemente le emanazioni energetiche di tutto il gruppo, facendo sì che queste si propaghino in lontananza. Grazie alla Legge di affinità, queste vibrazioni attirano verso di sé tutti quegli esseri, umani e angelici, che vibrano a quella medesima lunghezza d’onda.

Per questo la meditazione Laser può essere estremamente efficace, perché è il risultato di un lavoro collettivo che produce un’unica vibrazione capace di risvegliare le coscienze degli esseri umani e di attirare le Entità luminose del mondo invisibile. Per ulteriori approfondimenti consigliamo la lettura dell’opera La Luce spirito vivente di Omraam M. A.

Surya-Yoga: la Meditazione al sorgere del Sole

Se la Meditazione Laser presuppone un lavoro collettivo, il Surya Yoga è invece una pratica personale che, in questo breve articolo, sarebbe impossibile sviluppare in modo approfondito ed esaustivo; di conseguenza, anche in questo caso, rimandiamo alla lettura delle opere di Omraam M. A. Lo yoga del Sole e Meditazioni al sorgere del Sole. Qui ci limitiamo a sottolineare che anche nel Surya Yoga il ruolo centrale è svolto dalla Luce ma, in questo caso, dalla luce del sole che sorge. L’Insegnamento di Omraam M. A. può essere considerato un Insegnamento solare, proprio per l’importanza rivestita dal sole:

Tutta la natura può aiutarci a unirci alla Sorgente, ma il mezzo più potente, più efficace è il sole. Il sole è il simbolo di quel fiume vivente che scorre e scende per vivificare, dissetare tutto l’universo, simbolo di Dio stesso; il sole può aiutarci nel modo migliore a trovare il cammino verso il Creatore, a vibrare come Lui, a diventare il tralcio unito alla vite. Il sole è il ceppo: unendoci a lui, diventeremo i tralci e avremo così la vita eterna.[xiv]

Attraverso la meditazione al sorgere del sole noi possiamo quindi ricollegarci alla Sorgente, al Divino.

In questa pratica, secondo Omraam M. A., sono racchiusi e condensati tutti i diversi tipi di yoga praticati da secoli in Oriente:

Ora vorrei parlarvi di uno yoga che supera tutti gli altri: lo yoga del sole. Era praticato in passato da numerosi popoli, ma ai giorni nostri lo si è abbandonato, soprattutto in Occidente. Poiché in sanscrito la traduzione di “sole” è “Surya”, l’ho chiamato “Surya-yoga”. È il mio yoga preferito, in quanto riunisce e riassumesse tutti gli altri. Sì, perché non si dovrebbero riunire tutti gli yoga in uno solo? Per chiarire le idee, si può affermare che è un insieme di esercizi spirituali che si possono praticare assistendo al mattino al sorgere del sole. Il periodo più favorevole per la pratica di questi esercizi è compreso tra l’inizio della primavera e la fine dell’estate.[xv]

Nel Surya-yoga sono comprese tutte le qualità degli altri yoga: l’adorazione, la saggezza, la potenza, la purezza, l’attività, la devozione e la Luce, come pure il fuoco sacro dell’amore divino. Ecco perché è importante che siate consapevoli di tutte le benedizioni che potrete riceverete assistendo al mattino al sorgere del sole.

Praticando il Surya-yoga vi unite alla potenza che dirige e anima tutti pianeti del sistema solare: il sole. Da questa pratica otterrete immancabilmente dei risultati. Ecco perché posso dirvi che quegli yoga che erano considerati magnifici nel passato, e lo sono tuttora, cederanno il posto al Surya-yoga che li supera tutti, perché tramite il sole si lavora con Dio stesso. Vi dirò anche che tutto ciò che nessuno ha mai potuto insegnarmi me lo ha rivelato il sole, perché nessun libro può darvi ciò che vi donerà il sole, se imparerete ad avere con lui un rapporto corretto.[xvi]

Perché questa forma di meditazione è così efficace? Anzitutto perché si medita guardando e contemplando il sole (solo i primi istanti da quando sorge, poi è bene chiudere gli occhi e continuare la meditazione a occhi chiusi), da cui riceviamo delle particelle, degli elementi, purissimi e potenti. Inoltre, poiché la Luce è la materia con la quale l’intero universo è stato creato, ogni nostro problema, difficoltà, carenza o malattia potrà essere risolto, guarito o armonizzato dalle particelle luminose che ci giungo attraverso i raggi del sole.

Il sole è poi il centro del nostro sistema solare, rappresenta il Centro, l’Unità, intorno al quale tutto ruota; è la migliore manifestazione del Principio divino che abbiamo sulla Terra, ed è quindi un modello di perfezione, da seguire e imitare. Avvicinandoci ogni giorno al sole, amandolo e contemplandolo, nutriamo in noi la nostra Natura divina, fino al giorno in cui potremo manifestarla in pienezza. Per poter compiere al meglio questo lavoro, Omraam M. A, spiegava come assorbire le particelle energetiche del sole:

Ora vi dirò come fare per assorbire quelle particelle eteriche che il sole emana al mattino. È molto semplice e non vale neppure la pena di sapere quali sono gli elementi che ristabiliscono la vostra salute: infatti questo non ha alcuna importanza. Sforzatevi soltanto di salire col pensiero fino ai mondi più sottili; lassù vi esponete e attendete… Intanto la vostra anima e il vostro spirito, che sono dei chimici e dei medici molto competenti, che conoscono esattamente la natura di tutte le sostanze eteriche, capteranno ciò che per voi è necessario, lasciando da parte il resto. Non fate altro che aspettare nell’amore, nell’umiltà, nella gioia, nella fiducia… Al vostro ritorno sentirete che qualcosa in voi si è ristabilito, calmato e rafforzato. [xvii]

Ecco uno degli esercizi più utili che potete fare al levar del sole: col vostro pensiero con la vostra immaginazione cercate di afferrare quelle particelle divine per introdurle in voi… è così che un po’ alla volta, rigenererete completamente la materia del vostro corpo e grazie al sole, a opera completata, sarete in grado di pensare e di agire come un figlio di Dio. [xviii]

Per esempio, potete abituarvi a fare il seguente esercizio: siete al levar del sole e attendete che appaia il primo raggio; vigili e attenti, appena spunta il primo raggio lo bevete, lo aspirate… In quel modo cominciate a bere il sole. Invece di limitarmi a guardarlo lo bevete, lo mangiate, pensando che quella luce vivificante si propaghi in tutte le cellule del nostro organismo, che le rinforzi, le vivifichi e le purifichi. Questo esercizio vi aiuterà a concentrarvi e i risultati saranno notevoli: tutto il vostro essere fermerà e riuscirete a sentire che vi state veramente nutrendo di Luce.[xix]

Il Surya-Yoga può essere considerato non soltanto come una pratica di meditazione, ma anche una filosofia e un metodo pedagogico.

Conclusioni

Omraam M. A. ha trattato nelle sue conferenze molti altri aspetti legati alla Meditazione, rimandiamo il lettore alla studio della sua opera per ulteriori approfondimenti. In questo articolo sono stati dati e strutturati solo gli elementi fondanti del suo pensiero.

Ci auguriamo di aver comunque offerto al lettore gli strumenti necessari a valutare e capire la prospettiva di Omraam M. A. su questo soggetto così appassionante.

Note

[i] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 11.

[ii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 13.

[iii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 20.

[iv] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 57.

[v] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 37.

[vi] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 45.

[vii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 57.

[viii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 63.

[ix] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2009 (14 febbraio), Prosveta, 2008.

[x] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 69.

[xi] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 115.

[xii]  Aïvanhov, O. M., Estratto della Conferenza del 12 aprile 1981.

[xiii] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 140.

[xiv] Aïvanhov, O. M., Voi siete Dei, Prosveta, 2001, p. 457.

[xv] Aïvanhov, O. M., Verso una civiltà solare, Prosveta, 1994, p. 27.

[xvi] Aïvanhov, O. M., Verso una civiltà solare, Prosveta, 1994, p. 29.

[xvii] Aïvanhov, O. M., Verso una civiltà solare, Prosveta, 1994, p. 68.

[xviii] Aïvanhov, O. M., Verso una civiltà solare, Prosveta, 1994, p. 72.

[xix] Aïvanhov, O. M., La luce spirito vivente, Prosveta, 2009, p. 30.

Lady Diana e Omraam Mikhael Aivanhov

LADY DIANA E I PENSIERI QUOTIDIANI DI OMRAAM M. AÏVANHOV

Lady Diana, la Principessa del Galles, la “Rosa d’Inghilterra”…, forse la donna più amata del XX secolo… Alla sua scomparsa il mondo intero si fermò… i suoi funerali furono seguiti in mondovisione da più di 2 miliardi di persone… e nel cuore di tutti lasciò un’indelebile ricordo.

La sua bellezza, nobiltà ed eleganza conquistavano tutti, indipendentemente dalla classe sociale, cultura o religione, poiché – come disse lei stessa dopo il divorzio con il Principe Carlo –: «Mi piacerebbe essere la regina nei cuori delle persone». Questo desiderava e questo riuscì ad essere!

Lady Diana Lady Diana

La vita e la morte di Lady Diana ha toccato profondamente milioni di persone, suscitando profonda compassione per la Principessa triste, ma anche trasmettendo sentimenti di bontà e amorevolezza, per quel suo desiderio di aiutare gli altri e di essere al servizio dei più deboli.

Possiamo quindi ben dire che Lady Diana coltivava interiormente un Alto Ideale, una missione, un desiderio di essere al servizio dell’Umanità.

Non ci sorprende quindi se a distanza di 20 anni dalla sua scomparsa scopriamo che Lady Diana leggeva e seguiva gli Insegnamenti del filosofo e Maestro spirituale Omraam Mikhaël Aïvanhov. Lei stessa lo afferma in una lettera indirizzata all’amico Dudley Poplak.

Ma da dove ci arriva questa lettera?!

Il 14 giugno 2017 la Casa d’aste Dominic Winter Auctioneers, fondata nel 1988, con sede nel Cotswold Water Park, specializzata in libri, mappe, stampe, autografi e documenti storici, mette all’asta, tra le altre cose, alcune lettere autografe di Lady Diana e del Principe Carlo.

Una di queste lettere, di tre pagine, scritta da Lady Diana su carta intestata del Kensington Palace, datata 1° febbraio 1992, è indirizzata a Dudley Poplak, un designer per interni, caro amico del Principe Carlo e della Principessa Diana. In quel periodo il matrimonio tra i due stava definitivamente naufragando, la separazione infatti sarebbe avvenuta proprio quello stesso anno con grande scalpore mediatico.

https://www.dominicwinter.co.uk/sale/-printed-books-and-maps-jun17-1/lot-366

Lettera di Lady Diana

Lettera di Lady Diana in cui parla di Omraam Mikhael Aivanhov[/caption]

In questa lettera la Principessa Diana scrive:

«I have been fascinated by the contents of the Daily Meditations, as for a couple of years now I’ve followed the French philosopher Omraam Mikhaël Aïvanhov’s way of thinking, but in my travels, had not come across this particular Edition. You are marvellous, Dudley, the way you’ve kindly sent me all these things to read – They do interest me enormously. If it’s not too much of a bore for you I’d like to say a “yes please” to the Daily Word […] What a treat it is for me!».

Ecco la traduzione di questa lettera:

«Sono rimasta affascinata dai contenuti dei Pensieri Quotidiani, poiché da un paio d’anni seguo il modo di pensare del filosofo francese Omraam Mikhaël Aïvanhov, anche se nei miei viaggi non avevo incontrato questa particolare Casa editrice. Sei meraviglioso, Dudley, per il modo in cui mi hai gentilmente mandato tutte queste cose da leggere – mi interessano enormemente. Se non è troppo noioso per te vorrei dire un “sì, per favore” alla Parola Quotidiana […] Che aiuto per me!».

Sono parole forti quelle che Lady Diana esprime per l’Insegnamento e la filosofia di Omraam Mikhaël Aïvanhov, parole che ci rivelano quanto i Pensieri quotidiani le avessero toccato il cuore e la mente, e soprattutto quanto gli fossero di aiuto e conforto in quel complesso momento esistenziale. Ma possiamo anche dire che fu proprio in quegli anni che Lady Diana riuscì a manifestare il proprio carattere con maggiore forza e intensità, sfuggendo alla schiacciante realtà della Famiglia reale e riconquistando la sua indipendenza.

Sicuramente i pensieri e gli Insegnamenti di Omraam Mikhaël Aïvanhov hanno potuto ispirare e aiutare la Principessa Diana nella sua difficile esistenza. Lei stessa, d’altronde, è stata di grande aiuto e di ispirazione per migliaia di persone.

I Pensieri Quotidiani di Omraam Mikhaël Aïvanhov vengono tutt’ora regolarmente pubblicati, ogni anno, dalla Casa editrice Prosveta; consigliamo a tutti di utilizzarli, come fece la Principessa Diana, quale fonte di ispirazione, di consapevolezza e di crescita interiore: http://www.prosveta.it/pensiero-del-giorno

Consigliamo inoltre la lettura della biografia ufficiale del Maestro Omraam Mikhaël Aïvanhov, per scoprire la bellezza interiore di questo grande Maestro: https://stellamattutinaedizioni.it/prodotto/omraam-mikhael-aivanhov/



Omraam Mikhaël Aïvanhov – Vita di un Maestro occidentale

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LA MEDITAZIONE NELL’INSEGNAMENTO DI OMRAAM MIKHAEL AIVANHOV parte 2/3

La Meditazione nell’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov 2/3

Centro Studi Internazionale Omraam Mikhaël Aïvanhov

Tratto da Misli III – 2016

Corpo fisico ed energetico – Concentrazione e consapevolezza

Cosa sono la concentrazione e la consapevolezza

La concentrazione che, come abbiamo visto, appartiene all’ambito della volontà, non è solo la base di tutte le pratiche meditative e quindi anche della meditazione ma, se riflettiamo un attimo, è l’elemento fondamentale che ci permette di compiere correttamente qualsiasi azione. Anche se la maggior parte dei nostri movimenti li facciamo meccanicamente (ad esempio, per muovere una tazza c’è anzitutto una concentrazione del pensiero sul gesto da compiere, e, in seguito, l’energia viene portata nel braccio e nella mano affinché sia possibile eseguire l’azione). Ogni movimento comporta uno spostamento di energia e questo è già una forma di concentrazione. Quando siamo rilassati l’energia è uniformemente distribuita in tutto il corpo, mentre quando agiamo l’energia si concentra nella parte che deve compiere l’azione, così come mentre studiamo l’energia è concentrata nel cervello. Queste forme di concentrazione di energia avvengono però meccanicamente, sono perlopiù automatismi, mentre nella nostra analisi parliamo della capacità volontaria di produrre concentrazione.

Consapevolezza e presenza sono invece l’altra faccia della medaglia della concentrazione: infatti, una persona consapevole ha una coscienza espansa, la sua attenzione non è rivolta in una sola parte del proprio corpo fisico, emotivo o mentale, ma è vigile e riesce a sorvegliare tutto, percepisce tutto intorno a sé, è attenta a tutti gli stimoli che arrivano dall’esterno, così come ad ogni movimento che avviene nel proprio essere, sia esso di natura fisica, psichica o emotiva. Possiamo dire che la sua energia è uniformemente diffusa, proprio per questa capacità di essere recettiva, attenta e vigile rispetto a tutto ciò che succede attorno e dentro di sé.

Concentrazione e consapevolezza, non sono però due condizioni in contrapposizione, anzi: lo stato di perfezione si raggiunge proprio quando si riesce a sviluppare entrambe queste facoltà; agire in modo consapevole, ossia con presenza rispetto a tutto ciò che ci circonda, con una coscienza espansa, mantenendo la concentrazione su ciò che stiamo facendo, ecco l’obiettivo di queste pratiche. Questi due stati interiori sono ben rappresentati dal simbolo esoterico del sole, un cerchio con un punto nel centro ¤: la concentrazione rappresenta il centro e tutti i movimenti che vanno in questa direzione, mentre la consapevolezza e la presenza rappresentano la periferia e i movimenti che dal centro vanno verso la circonferenza.

Così per qualsiasi cosa si faccia c’è bisogno di almeno un po’ di concentrazione e un po’ di presenza, ben sapendo che esistono diversi livelli di intensità di questi stati interiori. Essere profondamente concentrati, presenti e consapevoli mentre agiamo, significa imprimere nelle nostre azioni un movimento armonioso e benefico, significa essere nel presente, significa dominare le situazioni, essere Maestri di se stessi.

Avete spesso constatato che nella vita, se non si è capaci di concentrarsi nel proprio lavoro, non ci si può attendere grandi successi. Se gli acrobati e i giocolieri che si vedono nei circhi non fossero capaci di concentrarsi sul più piccolo gesto che fanno, quante volte sarebbero vittime di incidenti? Ogni lavoro che noi facciamo richiede una certa concentrazione. Se non sappiamo bene su quale oggetto, su quale problema, né in quale modo concentrarci, possiamo perdere il nostro equilibrio, e finire in avvenimenti catastrofici.[i]

In tutte le circostanze dell’esistenza la concentrazione è una manifestazione della volontà. Quando volete ascoltare della musica o una conferenza, concentrate la vostra attenzione nelle orecchie. Quando volete leggere, la concentrate negli occhi. Se volete correre concentrate tutte le vostre forze nelle gambe. Se volete saltare o lanciare un oggetto, concentrate il vostro pensiero in un’altra parte ancora del corpo. In base ai gesti che volete compiere dovete quindi concentrare la forza in determinate parti del corpo. Tutta la natura lavora grazie alla concentrazione: concentrazione di energia, di materiali, di raggi, di onde… Si può quindi rappresentare la concentrazione come un insieme di frecce dirette verso il centro. La concentrazione è un’accumulazione di forze o di materiali in un centro, in uno spazio, per formare e cristallizzare qualcosa. È per questo che dobbiamo essere concentrati se desideriamo poter realizzare le nostre idee nella vita.[ii]

Tutte le pratiche meditative che prevedono il movimento, come le Arti marziali, lo Yoga o il Tai Chi, presuppongono questa capacità; come anche tutte le tecniche di rilassamento, gli esercizi di respirazione, come ad esempio il Pranayama, la Maindfulness, o le tecniche energetiche volte a sviluppare determinati centri energetici.

Proprio perché la concentrazione, la consapevolezza, la presenza, sono alla base di tutte le altre pratiche spirituali, e proprio perché agiscono così favorevolmente sul corpo fisico e sul corpo energetico, possiamo affermare che la maggior parte delle tecniche meditative sono perlopiù in rapporto con la pratica della concentrazione.

Con ciò non dobbiamo però pensare che queste tecniche agiscano esclusivamente sul corpo fisico o eterico, al contrario: sono tutte pratiche che apportano grandi benefici anche alla mente e al cuore, proprio perché purificando, rafforzando ed armonizzando il corpo fisico ed il corpo energetico, si agisce favorevolmente anche su tutti gli altri corpi. Omraam M. A. spiega che:

Per dominare i sentimenti e i pensieri, occorre iniziare sorvegliando i gesti della vita quotidiana. Questo è l’unico modo per sviluppare le facoltà psichiche necessarie alla padronanza di tutte le forze istintive. Finché non si è imparato ad esercitare la propria volontà fin nei minimi gesti della vita quotidiana, non si riuscirà a dominare l’odio, la collera, il disprezzo, il disgusto, il desiderio di vendetta… Osservate anche il vostro modo di stare a tavola: vi accorgerete che non sapete dominare le vostre mani. Non fate che spostare la forchetta e il coltello, urtare il bicchiere, tamburellare sul bordo del piatto, sbriciolare il pane, ecc… Come pensate di riuscire a dominare delle potenze che vi superano, se non siete ancora riusciti a controllare le vostre mani? Anche quando meditate, non sempre riuscite a tenerle immobili. Volete realizzare grandi cose? Ebbene, iniziate da quelle piccole, poiché sono le piccole cose che un giorno riusciranno a smuovere quelle grandi.[iii]

E, giustamente, per dominare queste “piccole cose”, i gesti, ci vuole molta presenza, molta consapevolezza, ed anche molta concentrazione.

La consapevolezza e la presenza ci permettono in particolar modo di vivere nel momento presente, nel hic et nunc: molte di queste pratiche sopra elencate hanno proprio questa funzione, riportarci nel presente, permetterci di riprendere contatto con la realtà, con noi stessi, con i nostri pensieri e le nostre emozioni, e soprattutto ci insegnano a dominare gli stati psichici ed emotivi faticosi, negativi.

Ecco ancora due passaggi di Omraam M. A. sull’importanza di vivere nel presente, sull’importanza della consapevolezza:

Gesù diceva: «Non affannatevi per il domani, poiché il domani si prenderà cura di sé. Ad ogni giorno basta la sua pena». Alcuni hanno interpretato queste parole come un invito a vivere nella spensieratezza. È esattamente il contrario: Gesù pone l’accento sulla consapevolezza e la vigilanza che ci aiutano a vivere bene l’oggi. «A ogni giorno basta la sua pena». È dunque necessario “penare”, poiché il domani non si sistemerà da solo, ed è imprudente lasciare che arrivi senza preparare nulla. Il fatto che non ci si debba preoccupare del domani presuppone che ci si preoccupi dell’oggi. È l’oggi che richiede tutta la nostra attenzione, tutte le nostre cure. Quanti dimenticano il presente per pensare esclusivamente all’avvenire! Credono che non ci si debba porre tante domande riguardo al presente, dal momento che lo stanno vivendo. E invece è proprio il contrario! È sul presente che occorre concentrarsi.[iv]

Il presente è privilegio di Dio. Dio vive in un eterno presente, ed è al presente che Egli ha dato ogni potere. Sapendolo, ciascuno di voi deve dire a sé stesso: «Oggi, io pure dispongo dell’oggi. Il passato è già stato, e l’avvenire ancora non è. Solo il presente mi appartiene. Perciò, al lavoro!».[v]

Tra i mezzi più efficaci che esistono per sviluppare la presenza dobbiamo ricordare le opportunità offerteci dai 5 sensi. Questi straordinari strumenti che l’Intelligenza cosmica ci ha donato sono 5 “porte” che ci permettono di entrare in contatto con il mondo, di conoscerlo e di interagire con esso; ma, soprattutto, il corretto utilizzo dei 5 sensi ci permette di essere nel presente. Quando, per esempio, si ascolta consapevolmente un brano di musica, sviluppando la concentrazione e riuscendo ad evitare ogni tipo di distrazione, entriamo in contatto con la realtà e attraverso l’udito “viviamo il presente”. Su questo punto Omraam M. A. è molto esplicito, tanto da affermare che i 5 sensi non solo ci permettono di vivere nel presente, ma di entrare in quello stato di coscienza chiamato eternità:[vi]

L’uomo ha fatto della vita eterna una questione tanto astratta che non riesce più a rendersi conto di avere a disposizione tutti gli elementi per poterla vivere: gli occhi, le orecchie, il naso, la bocca, le mani. […] Più avrete considerazione per i vostri 5 sensi, e starete attenti al modo in cui ve ne servite, più vi avvicinerete alla conoscenza delle cose supreme, che nessun libro, nessun filosofo vi rivelerà mai. La rivelazione proviene dalla vostra interiorità e non vi inganna mai: essa è il risultato del modo corretto di usare i 5 sensi. Se saprete educare i vostri 5 sensi avrete la conoscenza senza nessun errore.[vii]

L’uso consapevole dei 5 sensi ci porta quindi a sviluppare due importanti qualità dell’essere: la presenza, ossia quello stato di consapevolezza in cui si può sperimentare ed assaporare l’eternità, lo sviluppo della conoscenza intuitiva, una forma di conoscenza superiore, dove i 5 sensi ci permettono di decifrare e comprendere profondamente persone e situazioni.

Questo stato dell’Essere, di presenza, di consapevolezza, questa capacità di concentrarsi a lungo su un soggetto, senza distrazioni e senza dispersioni è dunque, come dicevamo, la base per accedere a stati meditativi più complessi.

Imparare a concentrarsi significa anche acquisire il dominio delle proprie emozioni e dei propri pensieri, sapersi controllare in ogni situazione, ed essere consapevoli di tutti i propri moti interiori. Omraam M. A. a tal proposito osserva:

Che si voglia meditare, contemplare o creare, è necessaria la concentrazione: questo processo non appartiene a una determinata facoltà, ma consiste nel fatto che si impegnano le proprie forze per un preciso scopo e si cerca di mantenerle continuamente orientate in quella direzione. La meditazione, la preghiera, la contemplazione, l’identificazione, presuppongono che si sia capaci di concentrarsi. La concentrazione è indispensabile affinché il lavoro sia efficace; un uomo che lascia che la propria mente si distragga, non realizzerà niente nella vita. Non si può diventare creatori del proprio avvenire finché si è deboli, distratti, deconcentrati.[viii]

Cerchiamo quindi di capire come approcciarsi alla concentrazione e vediamo alcuni semplici consigli e suggerimenti su come sviluppare tale facoltà.

 

Come concentrarsi

La concentrazione può essere ottenuta in diversi modi: abbiamo già citato lo Yoga e le Arti marziali, in quanto il movimento corporeo è un mezzo straordinario per sviluppare la concentrazione, così come lo è senz’altro il respiro, che quasi sempre è collegato a queste pratiche.[ix] Il respiro è forse il metodo più semplice per iniziare a sviluppare la concentrazione; ci sono poi meditazioni guidate, tecniche energetiche, metodi di rilassamento o di ricarica del corpo fisico ed energetico, che stimolano anche lo sviluppo della concentrazione.

Nelle pratiche che non prevedono il movimento, anche la posizione in cui si eseguono queste tecniche è di fondamentale importanza: che si sia seduti, sdraiati o nella posizione del loto (cioè seduti a gambe incrociate), ciò che conta è sentirsi a proprio agio, non disturbati dall’ambiente esterno, con la colonna vertebrale eretta, senza che la posizione assunta provochi tensioni.

Cominciate anzitutto a gettare uno sguardo dentro di voi e osservate in quale stato vi trovate. Dopo di che lentamente, dolcemente, portate il pensiero sul soggetto su cui volete concentrarvi. Facendo molta attenzione, aumentate lentamente la concentrazione. Dopo una decina di minuti, il pensiero è ben disposto e obbedisce. […] La questione della concentrazione è relativa unicamente a un fenomeno meccanico. Ora tutto ciò che conta è che si possono ottenere buoni o cattivi risultati. Concentrarsi, di per sé, non vuol dire nulla. Il punto sta nel sapersi concentrare in maniera da ottenere dei buoni frutti. Perché certe persone si concentrano senza successo? Perché concentrano il loro pensiero solo fisicamente. Pensare non è sufficiente; se avete un pensiero e insistete su di lui, con la volontà, questo non funzionerà, poiché se non c’è una vera attrazione, se non vi piace, pensare a questo soggetto risulterà una cosa sgradevole. Se voi non pensate a quel soggetto con amore, la concentrazione non porterà a nulla. Se vogliamo avere buoni risultati con le nostre concentrazioni bisogna avere nei nostri pensieri l’amore.[x]

Per concentrarsi bisogna quindi cominciare dolcemente, senza forzare la mente, ascoltandosi, senza giudizi o valutazioni, senza attendersi particolari risultati; questi esercizi danno i propri frutti se si è costanti: la pratica quotidiana è essenziale. Le tecniche meditative posso cambiare profondamente il nostro carattere, le nostre abitudini, ma bisogna anche essere coscienti che in noi potranno manifestarsi delle resistenze, quelle che Omraam M. A. chiama personalità. Esse si nutrono di emozioni e pensieri inferiori, e si oppongono fortemente al desiderio di praticare tali tecniche; per questo la decisione di iniziare a meditare deve accompagnarsi ad un lavoro di conoscenza di se stessi, dei propri limiti, delle proprie personalità.

Lavorate sulla concentrazione, ogni giorno, e con quest’arma potente vincerete tutte le difficoltà, i nemici interiori ed esteriori. Quando ci si concentra su un’idea, su una virtù, su un’entità o su una qualsiasi immagine positiva, magnifica, questo disturba tutte le negatività che sono in noi. Ma se lo si fa in modo disordinato, distratto, non si arriverà ad alcun risultato, nemmeno dopo molti anni. Numerosi fratelli e sorelle mi dicono di provare grandi difficoltà a concentrarsi. Forse è la cosa più difficile, ma è l’arma che il mondo inferiore teme di più; davanti a colui che ha sviluppato la potenza della concentrazione, gli spiriti negativi hanno paura; nulla può resistere al discepolo che è divenuto potente e forte con la concentrazione; può proiettare tutta la sua forza su coloro che lo assillano, obbligandoli a capitolare e a sparire. Per il discepolo nulla è più importante della concentrazione. È l’arma più potente, di cui bisogna servirsi giorno e notte, senza sosta. Senza la concentrazione si è perduti.[xi]

Il silenzio

C’è una virtù che permette di accelerare lo sviluppo della concentrazione, della presenza e della consapevolezza, una virtù che sta alla base di ogni percorso di crescita evolutiva: l’Armonia.

Armonia nei pensieri, armonia nelle emozioni, armonia nel corpo fisico.

L’armonia interiore porta al silenzio, ed il silenzio è un’altra delle caratteristiche fondamentali delle pratiche meditative. Il silenzio è un mezzo e un obiettivo. Si sviluppa la concentrazione grazie al silenzio, interiore ed esteriore, e si giunge al silenzio quando dopo molta pratica si riesce a controllare e dominare tutto in sé. Il silenzio cui facciamo riferimento, che si può sperimentare nelle pratiche meditative, è un silenzio vivo, intenso, uno stato di coscienza in cui ci si rigenera, in cui si può percepire la Voce di Dio.[xii].

Il silenzio però dev’essere anzitutto una condizione esteriore, non solo riguardo alla scelta del luogo in cui si praticano queste tecniche, ma anche relativamente all’assenza di movimenti del proprio corpo fisico, al fine di raggiungere uno stato di “immobilità”, grazie al quale possiamo produrre il silenzio interiore indispensabile alla concentrazione:

Per far sì che la meditazione dia veramente dei risultati, si deve essere capaci di rimanere completamente immobili per non causare nemmeno il minimo fruscio o scricchiolio; anzitutto perché è bene che il silenzio non sia turbato da nessun rumore, nemmeno dal più lieve, e poi perché non riuscendo a rimanere completamente immobili, si perde energia. Prima muovetevi quanto volete, ma durante la meditazione non fate il minimo movimento, altrimenti non riuscirete a concentrare mai le vostre energie per un lavoro spirituale.[xiii]

In realtà ciò che si ferma sono i movimenti della natura inferiore, mentre la natura superiore comincia a vibrare, a irradiare. Ma questo movimento vibratorio è talmente intenso da essere analogo all’immobilità.[xiv] Nel momento in cui riusciamo a fare il silenzio in noi, ci affidiamo allo Spirito che ci guida verso il mondo divino. Ma quello stato ricettivo, passivo, non deve assolutamente essere confuso con la pigrizia e l’inerzia. È passivo solo in apparenza: in realtà, si tratta della più grande attività che ci sia. È lo stato di colui che, a forza di lavoro, pazienza e sacrificio, è riuscito a realizzare in se stesso il silenzio, ed è grazie a quel silenzio che si comincia a sentire la voce della propria anima, che altro non è che la voce di Dio.[xv] Dio parla dolcemente, senza insistenza, dice le cose una volta, due volte, poi tace. L’intuizione non insiste oltre e se non ascoltate attentamente, se non distinguete quella voce perché siete capaci di sentire soltanto il frastuono, sarete continuamente sviati. La voce del Cielo è estremamente dolce, tenera, melodiosa, lieve ed esistono criteri per riconoscerla. La voce di Dio si manifesta in tre modi: attraverso la luce che fa nascere in noi, attraverso un’espansione, un calore, un amore che sentiamo nel cuore e, infine, con una sensazione di libertà che proviamo insieme alla decisione di compiere azioni nobili, disinteressate. Quindi, prestate attenzione… [xvi]

Il silenzio è il livello più elevato della nostra anima e nel momento in cui lo raggiungiamo entriamo nella Luce cosmica. La Luce è la quintessenza dell’universo; quanto vediamo e persino quanto non vediamo attorno a noi è attraversato e impregnato di Luce. Lo scopo del silenzio è appunto la fusione con questa Luce che è viva, che è potente e che permea tutta la Creazione.[xvii]

 

Esercizio pratico

Per coloro che desiderano sperimentare la pratica della concentrazione, consigliamo quindi di seguire le seguenti semplici indicazioni:

Scegliete un luogo comodo, silenzioso, in cui potete stare tranquilli, senza essere disturbati.

Mettetevi seduti in una posizione confortevole. Ciò che conta è che vi sentiate a vostro agio in questa posizione e che la colonna vertebrale sia diritta e senza tensioni.

Prendete consapevolezza che attraverso i vostri piedi siete collegati alla Madre Terra, e attraverso la sommità del capo siete collegati al Cielo.

Iniziate ad ascoltare il respiro, sentite l’aria che entra ed esce dalle vostre narici.

Lasciate che il ritmo armonioso del respiro rilassi i vostri pensieri e le vostre emozioni, fino a sentire che tutto il corpo si armonizza, si ricarica, si energizza, sempre rimanendo consapevoli del vostro respiro. Se la mente si distrae, gentilmente riportate la vostra attenzione sul respiro; con la pratica le distrazioni diverranno sempre meno.

Omraam M. A. ci suggerisce di immaginare che con l’inspirazione assorbiamo luce, una luce bianca, luminosa, splendente, una luce che purifica e rigenera; mentre con l’espirazione diffondiamo tutto intorno a noi questa luce, caricata anche delle qualità più elevate delle nostre virtù, del nostro amore.

Scegliete un soggetto di natura spirituale o una parte del proprio corpo energetico (l’aura, i chakra, …) su cui concentrarvi.

Al termine di questo esercizio, uscite gradualmente dallo stato di concentrazione e recitate una formula o una preghiera per condensare, attraverso la parola, le energie psichiche e spirituali attivate durante la concentrazione.

La Respirazione

Stimiamo indispensabile, trattandosi di pratiche meditative, soffermarsi ancora sul tema del respiro; infatti:

Tutto il mistero della vita è contenuto nel respiro, e tuttavia la vita non è nell’aria stessa e neppure nel fatto di respirare. Essa proviene da un elemento superiore all’aria e per il quale l’aria è un nutrimento: il fuoco. Sì, la vita si trova nel fuoco, nel calore, e l’aria ha la funzione di sostenere il fuoco. La vita si trova nel cuore (è il cuore che la contiene come un fuoco), e i polmoni sono come il soffietto che anima continuamente il fuoco. L’origine, la causa prima della vita è dunque il fuoco, e l’elemento aria, che è suo fratello, lo sostiene e lo vivifica. Con l’ultimo soffio il fuoco si spegne, l’ultimo sospiro spegne il fuoco. Vale dunque la pena di soffermarsi sul processo della respirazione per riflettere, per comprendere che in esso si trova la base della nostra esistenza, ed esercitarsi affinché venga effettuato sempre meglio. Presso la maggioranza degli esseri umani, tale processo è ostacolato, indebolito o avvelenato. Per questo motivo, essi devono imparare a lavorare con l’aria così da animare, purificare e intensificare la vita dentro di sé.[xviii]

Il respiro è uno degli strumenti più efficaci che abbiamo a nostra disposizione per sviluppare la concentrazione e per fare esperienza della “presenza” nella nostra vita.

Una buona respirazione ci permette di controllare gli stati psichici ed emotivi faticosi o negativi, di agire velocemente su tutto il corpo energetico per rilassarlo e rigenerarlo, e di garantire una buona salute al corpo fisico, grazie all’apporto di ossigeno e di altri elementi che si trovano nell’aria:

Occorre respirare lentamente, profondamente, e ogni tanto bisogna anche trattenere l’aria nei polmoni per qualche secondo, prima di rilasciarla. Perché? Per “masticarla”. Sì, i polmoni sanno masticare l’aria così come la bocca sa masticare gli alimenti. […] La respirazione profonda è un esercizio magnifico che bisogna pensare a praticare, poiché rinnova le energie. […] La respirazione ha anche un’influenza sul funzionamento del cervello. È bene leggere, studiare, meditare, ma occorre sapere che il funzionamento del cervello dipende dal resto dell’organismo, e in modo particolare dai polmoni. Naturalmente i polmoni non hanno un’azione diretta sul cervello, ma sono un fattore importantissimo per la purificazione del sangue; e quando il sangue è puro, irrora il cervello depositandovi gli elementi che facilitano il lavoro della comprensione, della meditazione. […] La respirazione cosciente e profonda apporta incalcolabili benedizioni per la vita intellettuale, per la vita emozionale e per la vita fisica. Occorre che ne osserviate i benefici effetti nel vostro cervello, nella vostra anima e in tutte le vostre facoltà; è un fattore importantissimo per tutti i campi dell’esistenza. Non trascurate mai questo punto.[xix]

Tutte le tecniche di Pranayama e gli esercizi di respirazione proposti da diversi insegnamenti e filosofie, si fondano su questa consapevolezza: la corretta respirazione è alla base di ogni buon stato di salute psicofisica, ma non solo: la pratica e l’approfondimento di tali esercizi può permettere la sperimentazione di stati di coscienza superiori.

Omraam M. A. ha dato degli esercizi di respirazione da praticare quotidianamente, molto semplici ma anche molto efficaci:

Gli esercizi di respirazione che pratichiamo nella nostra Scuola, sono semplicissimi. Eccoli:

  1. Chiudete bene la narice sinistra, e inspirate l’aria profondamente attraverso la narice destra, contando quattro tempi.
  2. Trattenete il respiro per sedici tempi.
  3. Chiudete bene la narice destra, ed espirate l’aria dalla narice sinistra, contando otto tempi.

Ricominciate l’esercizio all’inverso:

  1. Tenete ben chiusa la narice destra e inspirate l’aria dalla sinistra, contando quattro tempi.
  2. Trattenete il respiro contando sedici tempi.
  3. Chiudete la narice sinistra ed espirate attraverso la destra contando otto tempi.

Ripetete l’esercizio sei volte per ciascuna narice.

Quando eseguirete questo esercizio con facilità, potrete raddoppiare i tempi, vale a dire “otto, trentadue e sedici”, ma non vi consiglio di spingervi oltre.[xx]

Dovete cercare ciò che vi manca e di cui avete bisogno, secondo lo stato in cui vi trovate. Mentre trattenete il respiro potete, ad esempio, scegliere quattro virtù e concentrarvi su di esse ripetendo per quattro volte i loro quattro nomi. Potete anche concentrarvi sulle quattro regioni dell’Universo oppure sui vostri corpi: fisico, astrale, mentale e causale. È un campo di attività vastissimo, e siete liberi di scegliere ciò che vi conviene.

In seguito, quando espirate, potete fare appello agli Angeli dei quattro elementi. Benché il tempo di espirazione non sia lunghissimo (8 tempi), con l’immaginazione potete lavorare per formare delle immagini. Durante i primi 2 tempi, immaginate che il fuoco passi nella vostra testa togliendo tutto ciò che è tenebroso; dunque, l’Angelo del fuoco vi santifica. Poi, ancora in 2 tempi, immaginate che l’Angelo dell’aria faccia passare attraverso i vostri polmoni un soffio talmente spirituale da purificarli completamente. Durante i 2 tempi successivi, immaginate che un’acqua cristallina si riversi attraverso lo stomaco, la milza, il fegato, l’intestino, gli organi genitali, e lavi tutti quegli organi. Infine, durante gli ultimi 2 tempi, fate ricorso all’Angelo della terra e immaginate che tutti i rifiuti del corpo fisico vengano inghiottiti dalla terra, che li assorbe dentro di sé. Questo esercizio si svolge molto rapidamente, e occorre prenderne l’abitudine. Il fuoco toglie le impurità che si trovano nel cervello, l’aria fa lo stesso lavoro nei polmoni, l’acqua nello stomaco e nel ventre, e la terra lo svolge per tutto il corpo: tutto ciò che impedisce il buon funzionamento del corpo deve sprofondare nelle viscere della terra. Ecco ancora un esercizio di grande efficacia![xxi]

La respirazione può rivelarci grandi misteri, ma a condizione che la si sappia accompagnare da un lavoro del pensiero.[xxii]

La respirazione permette di compiere molteplici lavori interiori e, come la concentrazione, si trova alla base di tutte le pratiche meditative. Potremmo dire che la meditazione è respiro, perché imparando a controllare il respiro noi otteniamo, in pochi istanti, uno strumento capace di attivare la concentrazione, così come anche altri stati interiori, e senza particolari sforzi. Il respiro è la chiave di tutti i ritmi dell’Universo:

 Espirando, pensate di riuscire ad estendervi fino a toccare i confini dell’Universo; poi, inspirando, ritornate verso di voi, verso il vostro Ego, che è come un punto impercettibile, il centro di un cerchio infinito. Di nuovo vi dilatate, e di nuovo vi contraete. . . Scoprirete così quel movimento di flusso e riflusso che è la chiave di tutti i ritmi dell’Universo. Cercando di rendere cosciente in voi quel movimento, entrate nell’Armonia cosmica, e avviene uno scambio tra l’Universo e voi, poiché inspirando ricevete degli elementi dallo spazio, ed espirando proiettate in cambio qualcosa del vostro cuore e della vostra anima.[xxiii]

Su quali soggetti concentrarsi

Quotidianamente si può constatare come sia possibile concentrarsi su qualsiasi tipo di soggetto, in base alle nostre necessità o desideri. Da un punto di vista energetico però è fondamentale essere coscienti dei soggetti su cui tendiamo a concentrarci, perché già con la concentrazione attiriamo verso di noi, nel nostro corpo energetico, alcune particelle dell’oggetto o della persona su cui ci concentriamo. Col tempo tenderemo ad “assomigliare” a quell’oggetto. Per questo è bene scegliere soggetti di natura spirituale ed è consigliabile sceglierne uno in particolare: la Luce. Nella Luce sono racchiuse tutte le proprietà e qualità del piano spirituale, ragion per cui, in qualsiasi situazione o in qualsiasi stato psichico negativo, chi sa concentrarsi sulla Luce trova una soluzione alle proprie difficoltà. La Luce più spirituale che la Natura ci offre è quella del sole all’alba:

Uno dei migliori esercizi di concentrazione che io vi abbia indicato è rappresentato dalla meditazione al levar del sole: concentratevi sul sole senza permettere a nessun altro pensiero di interferire, e continuate a lungo in un atteggiamento di sacralità. Se riuscirete a svolgere correttamente questo esercizio, presto vi sentirete rafforzati, illuminati e appagati. Se per esempio avete un organo malato, potete contribuire al miglioramento del suo stato proiettando sulle sue cellule dei raggi solari… dei raggi di luce, d’amore, di bontà, di vitalità e di gioia.[xxiv]

La meditazione

Entriamo ora nel campo della meditazione propriamente detta. Se analizziamo la Tavola sinottica vediamo che l’attività meditativa si trova nel campo dell’intelletto, il cui ideale è la saggezza, la conoscenza. Quindi possiamo dire che la meditazione è un lavoro del pensiero che ci permette di conoscere la natura spirituale del soggetto su cui meditiamo. C’è una grande differenza tra la normale attività mentale del nostro cervello e la meditazione. Nel primo caso i pensieri fluiscono liberamente, in qualsiasi stato interiore ci troviamo; il cervello riflette, pensa, analizza, ma il più delle volte senza un obiettivo preciso: è davvero un semplice fluire di pensieri e di idee. Affinché il nostro intelletto superiore (quel “corpo” che gli induisti chiamano corpo causale) si attivi, c’è bisogno del silenzio interiore.

Per meglio comprendere questi concetti troviamo utile introdurre il concetto di Natura divina e natura umana, di individualità e personalità introdotti da Omraam M. A., qui spiegati da Lejbovicz nell’introduzione all’opera di Omraam M. A. La chiave essenziale per risolvere i problemi dell’esistenza:

Il Maestro Aïvanhov chiama queste due nature inferiore e superiore, personalità e individualità. La personalità, egocentrica e interessata, versatile e quindi poco affidabile, crudele e ossequiosa, modifica il proprio linguaggio e la propria condotta a seconda del suo interesse e fa di tutto per il proprio piacere. La parola latina “persona”, da cui deriva “personalità”, sta ad indicare la maschera teatrale che rappresenta il gioco, la molteplicità, l’inganno. Al contrario, l’individualità fa riferimento al carattere inscindibile dell’essere umano, alla sua essenza pura e semplice, a quella scintilla senza la quale egli non esisterebbe: il suo spirito.

La personalità e l’individualità hanno la stessa struttura trina, vale a dire che si suddividono in tre categorie di manifestazioni: pensiero, sentimento, azione. Nella parte inferiore, l’intelletto è la sede dei pensieri menzogneri, astuti; il cuore è la sede dei sentimenti di possesso e di odio; la volontà quella delle azioni violente e devastatrici. Nella parte superiore, la ragione è la sede dei pensieri elevati, quei pensieri che scoprono le grandi leggi della vita, e rischiarano la via verso una vita fraterna che sia di beneficio per tutti; l’anima è la sede dei sentimenti di generosità, di misericordia e di perdono, e anche di adorazione e lode verso la Divinità; lo spirito è la sede delle azioni liberatrici e creatrici. Libero dagli intralci della personalità, lo spirito vivifica dall’interno tutte le creature, ravvivando quel sentimento di appartenenza alla Divinità.

In sostanza, l’attività mentale, il pensare, appartiene al corpo mentale, che fa parte della natura inferiore. La meditazione è un’attività della natura superiore, ossia, del corpo causale, che è l’intelletto superiore. Ma perché questo tipo di “pensiero” si attivi sono necessarie particolari condizioni e, più precisamente, come abbiamo già visto, che si riesca a far tacere la natura inferiore attraverso la concentrazione ed il silenzio.

Vediamo un ulteriore approfondimento per comprendere cos’è la meditazione:

Che cos’è la meditazione? È la concentrazione del pensiero su una questione filosofica, morale, è una manifestazione dell’intelligenza. La meditazione è superiore alla concentrazione propriamente detta. La meditazione contiene un elemento del pensiero che lavora, mentre la concentrazione manifesta la predominanza della volontà e principalmente di una volontà meccanica, automatica, puramente fisica. Nella meditazione c’è senz’altro una concentrazione, ma è una concentrazione del pensiero.[xxv]

Evidentemente si sottintende il pensiero impegnato in questioni di ordine religioso, spirituale. La meditazione deve condurvi in un mondo più elevato e portarvi la calma, la pace, la gioia.[xxvi]

La meditazione può essere paragonata alla masticazione dei cibi. Quando introduciamo degli alimenti in bocca e li mastichiamo, le ghiandole salivari si mettono al lavoro e noi assorbiamo attraverso la lingua le energie più sottili. Anche la meditazione è una sorta di masticazione, una masticazione dei pensieri, attraverso la quale assorbiamo la quintessenza del mondo spirituale per farne il nostro nutrimento.[xxvii]

La meditazione è quindi un’attività del pensiero che permette di concentrarsi su un’idea o su un’immagine per studiarla, per confrontarla, per scoprire analogie e derivazioni in modo da poter collegarle esattamente nell’insieme delle cose. Qualsiasi cosa: la bellezza, la forza, la volontà, lo spazio, l’immortalità, la divinità… può essere soggetto di una meditazione. La condizione essenziale di una meditazione è comunque costituita dal fatto che nessun affanno, nessuna preoccupazione esterna ostacoli il lavoro del pensiero.[xxviii]

Attraverso la meditazione sviluppiamo la conoscenza spirituale di ciò che ci circonda, nutriamo il nostro intelletto, lo armonizziamo e lo rafforziamo. Non solo: la meditazione ci permette di introdurre nel nostro essere elementi di natura spirituale e, soprattutto, un ritmo, una pace, un’armonia che ci consentiranno di vivere consapevolmente e con gioia la nostra esistenza.

 Come meditare

I presupposti necessari per una buona meditazione sono gli stessi indicati per la concentrazione; abbiamo quindi visto che la postura, la tranquillità dell’ambiente che ci circonda, il fatto di avere tutto il tempo necessario a disposizione senza essere pressati da ogni sorta di impegni, e la gradualità nell’entrare in profondità nella meditazione sono tutti elementi essenziali. Bisogna inoltre essere molto attenti e gentili con il proprio cervello perché una concentrazione troppo veloce può sovraccaricare le cellule del nostro sistema nervoso, provocando emicranie.

Nei primissimi momenti, cercate quindi di non pensare, di limitarvi a gettare uno sguardo nel vostro mondo interiore per constatare che tutto funzioni bene. Ma occupatevi anche del respiro: respirate in modo regolare, non pensate a nulla, sentite semplicemente che state respirando, abbiate solo la coscienza, la sensazione di respirare… Vedrete come quel respiro imprimerà un ritmo armonioso ai vostri pensieri, ai vostri sentimenti, a tutto il vostro organismo; ciò si rivelerà molto benefico.[xxix]

Questo modo di iniziare una meditazione ci permette di ricaricarci e di rigenerare tutte le nostre cellule, oltre a preparare tutto il nostro organismo a ricevere le correnti spirituali che provengono dalla meditazione.

Come abbiamo visto per la concentrazione, anche per la meditazione è importante iniziare da soggetti di natura spirituale che amiamo, con cui ci sentiamo in affinità, in armonia. È l’amore che proviamo per qualcosa o qualcuno che favorisce uno scambio sottile tra noi e l’altro, sia esso una persona, un’entità invisibile, una virtù o semplicemente un concetto astratto.

Ci potremmo però chiedere come possiamo “trovare” nel mondo invisibile le Entità o le virtù su cui desideriamo meditare.

Il piano spirituale è strutturato in modo tale che il solo fatto di pensare a una determinata persona, a un determinato luogo o a un determinato elemento, permette di venirne in contatto diretto ovunque essi si trovino. Non è quindi necessario conoscere esattamente il luogo, come avviene sul piano fisico dove occorrono carte e indicazioni precise.

Nel piano spirituale, nel piano divino, non serve effettuare delle ricerche, ma basta concentrare fortemente il proprio pensiero affinché esso vi guidi proprio dove intendete andare. Se pensate alla salute, siete già nel mondo della salute… Se pensate all’amore, siete già nel mondo dell’amore… Se pensate alla musica, siete nel mondo della musica. E se siete sensibili, se ne avete il dono, potete addirittura captare gli echi di quella musica celeste.[xxx]

Su quali soggetti meditare

Come abbiamo visto, il primo passo consiste nel scegliere soggetti o argomenti di natura spirituale, con cui ci sentiamo in affinità. Omraam M. A. consigliava di cominciare da argomenti o soggetti accessibili, non troppo astratti, ma tangibili, concreti, volgendo poi in seguito la propria attenzione a temi più elevati e sottili.

Si può meditare su qualunque soggetto e argomento: sulla salute, sulla bellezza, sulla ricchezza, sull’intelligenza, sulla potenza, sulla gloria… sugli Angeli, sugli Arcangeli e su tutte le Gerarchie. Tutti i soggetti di meditazione sono buoni, anche se la cosa migliore che si possa fare consiste nel meditare su Dio stesso, per impregnare il proprio essere del Suo amore, della Sua luce, della Sua forza, per vivere un attimo nella Sua eternità… e nel meditare allo scopo di servirLo, di sottomettersi a Lui, di unirsi a Lui. Non esiste una meditazione più potente e più benefica di questa. [xxxi]

La filosofia del Cristo consiste nel far scendere il Cielo sulla terra, cioè nel realizzare il Regno di Dio e la Sua Giustizia. Gesù lavorava per questo Regno e chiese anche ai Suoi discepoli di lavorare per questo. È dunque lì che dobbiamo lavorare, cominciando dal nostro corpo fisico. Questa è la vera filosofia.[xxxii]

Questi sono quindi i due migliori temi di meditazione: come dedicarsi interamente al servizio del Divino, e come realizzare, concretizzare, materializzare sulla terra tutto il Cielo che è in alto. Il senso della vita è contenuto in queste due attività, e ciò che si trova al di fuori di esse ha certamente un significato, ma non un significato divino.[xxxiii]

Vi raccomando infine di meditare sulla luce come metodo di difesa, di protezione, di comunicazione con gli Spiriti più elevati, come modo di comprendere, di liberarsi. Meditate anche sull’amore come mezzo che apporta la felicità, la gioia, la ricchezza, la bellezza a tutti. Meditate anche sulla libertà. Queste tre cose sono l’infinito. Praticando queste meditazioni si troveranno delle applicazioni, delle corrispondenze incalcolabili nella vita. Meditate dunque sull’amore, sulla saggezza, sulla verità. Questo è al di sopra di tutto.[xxxiv]

La vera meditazione è una pratica spirituale che, come abbiamo visto, ci deve aiutare a entrare in contatto con il Divino, per conoscerLo, per servirLo e per fonderci in Lui. Inoltre la meditazione ci permette di portare nel piano fisico concreto queste realizzazioni interiori, per adempiere al precetto che il Cristo diede ai suoi discepoli: «Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia e tutto il resto vi verrà dato in sovrappiù».

 Il vuoto mentale

Secondo Omraam M. A. il vuoto mentale, così come viene inteso nelle filosofie orientali, è un concetto che va compreso meglio. Si sente spesso dire che la meditazione serve per fare il vuoto mentale, ma il vuoto non può e non deve essere una meta. Il vuoto serve per attirare la pienezza, la pienezza di vita, di gioia, di amore.

Il vuoto è infatti uno stato di passività, è collegato al principio femminile che è il principio ricettivo: bisogna quindi essere molto vigili su chi riempirà questo vuoto, perché là dove c’è un vuoto ci saranno forze, energie, entità che desidereranno riempirlo e colmarlo; il praticante dev’essere consapevole di quali energie sta richiamando e per questo dev’essere molto puro, altrimenti attirerà entità inferiori, che gli porteranno tormenti psichici ed emotivi.

Bisogna creare il vuoto per ricevere la pienezza, e tale pienezza deve riflettersi sul viso e in tutto l’atteggiamento del discepolo o dell’Iniziato. […] Quando si medita, quando si entra in contatto col mondo divino, se non appare niente di nuovo sul viso, niente di vivo, di luminoso e di espressivo, ebbene, ciò significa che la meditazione è stata inutile. Il vuoto non è una meta, ma deve servire ad attirare la pienezza. […] Ebbene il vuoto è la cosa più pericolosa se non si sa come prepararsi per far sì che il vuoto attiri il pieno.[xxxv]

 La contemplazione

Questa pratica meditativa, sconosciuta ai più, è in realtà molto in uso in Oriente, dove il discepolo ha un’attitudine devozionale nei confronti del proprio guru o della Divinità. La contemplazione è uno stato di coscienza del corpo buddico, la sede dell’anima, in cui, immersi in uno stato d’amore e ispirazione si osserva e si contempla un soggetto di natura spirituale.

Per sperimentare tale stato è necessario che la nostra natura inferiore venga calmata e resa silenziosa, non ci devono essere pensieri o emozioni a disturbare tale stato. Probabilmente tutti abbiamo sperimentato qualcosa di simile di fronte ad una persona amata, poiché in simili situazioni tutto ci porta verso questa persona e non desideriamo altro che guardarla, osservarla. Il più delle volte, però, in questo stato è già presente il desiderio egoistico di potersi avvicinare ulteriormente a questa persona, di poterla conoscere e vivere con lei rapporti di maggiore intimità. Questo aspetto egoico nella contemplazione spirituale non c’è; tra il praticante e il soggetto contemplato inizia uno scambio energetico. La contemplazione è dunque l’attività dell’anima grazie alla quale può ottenere quel nutrimento che le permette di sperimentare il suo ideale: l’immensità, l’espansione, la dilatazione.

La contemplazione è un’attività dell’anima. Nella contemplazione, tutto l’essere partecipa. La sua anima si protende, si offre, si unisce e realizza così una fusione con l’oggetto contemplato. La contemplazione è la forma più elevata di preghiera. Con la preghiera voi salite, contemplate lo splendore divino e davanti a questo splendore provate una straordinaria espansione, gustate l’estasi. In questo stato di estasi la vostra coscienza si dilata, cominciate a capire tutto, abbracciate il mondo intero, raggiungete le dimensioni della Divinità. Tutti coloro che hanno provato il rapimento della contemplazione hanno detto che non erano più sulla terra, nel loro corpo fisico limitato, ma si sentivano fluttuare nell’Anima universale, fusi in essa… Poi, naturalmente, scendevano per riprendere il loro lavoro quotidiano. Ma per qualche minuto, per qualche ora, avevano vissuto nell’infinito, nella fusione, nell’estasi.[xxxvi]

Voi direte che contemplare è osservare, niente affatto. In una osservazione manca qualcosa che si trova nella contemplazione: si partecipa completamente, si sente una meraviglia, una gioia, un piacere, è una cosa più viva dell’osservazione.[xxxvii]

Nell’osservazione voi fate una comparazione, una divisione, mentre nella contemplazione voi siete in uno stato di confidenza assoluta, siete meravigliati, non criticate nulla. Non è dunque la stessa cosa. Nella contemplazione ci si unisce a ciò che si contempla, fino all’identificazione. È un lavoro straordinario.[xxxviii]

Omraam M. A. sostiene che solo gli esseri molto evoluti riescono a giungere ai gradi più elevati della contemplazione, fino all’estasi. Chiunque però, con la pratica e l’esercizio, può giungere a sperimentare la contemplazione, proprio attraverso il sentimento d’amore che porta più facilmente verso questo stato di coscienza. Quando si sono dominati i pensieri e i sentimenti, e anche i moti della natura inferiore possiamo esercitarci nell’osservare la Natura, un essere amato, il sorgere del sole, un’immagine del Divino, col cuore aperto, nutrendoci della bellezza spirituale che questo soggetto emana, senza chiedere nulla, ma semplicemente contemplando e ammirando questa bellezza.

C’è qualcosa che ci porta spontaneamente verso lo stato di coscienza della contemplazione: il Cielo stellato.

Dentro di noi, osservando il Cielo stellato, poco a poco si fa spazio il silenzio, siamo catturati dall’immensità che, come detto, è l’ideale verso cui tende l’anima. La nostra anima si rigenera di fronte allo spazio infinito, ricco di stelle luminose, perché tale è la sua essenza.

Nel silenzio della notte immaginate di abbandonare la terra con i suoi contrasti, le sue tragedie e di diventare un cittadino del cielo. Meditate sulla bellezza delle stelle, sulla grandezza degli esseri che le abitano. A mano a mano che salirete nello spazio, vi sentirete alleggeriti, liberi, ma soprattutto scoprirete la pace, una pace che si introdurrà pian piano in tutte le cellule del vostro essere. Meditando sulla Saggezza che ha creato questi mondi e gli esseri che la riflettono, sentirete che la vostra anima dispiega delle antenne molto sottili che permettono di comunicare con loro. Sono questi i momenti sublimi che non potrete mai più dimenticare.[xxxix]

Pensando all’infinito, all’eternità, cominciate a sentire che vi librate al di sopra di tutto, che nulla può più toccarvi, nessun dispiacere, nessuna tristezza, nessuna perdita, perché in voi si sveglia un’altra coscienza; giudicate e vivete le cose in modo diverso. Questo stato di coscienza è quello degli Iniziati e dei grandi Maestri […] Pensando che le stelle che contemplate esistono già da miliardi di anni e che l’Intelligenza che ha creato quei mondi è eterna, e che voi siete creati a Sua immagine, sentirete parimenti che il vostro Spirito è eterno.[xl]

Allora quando la notte è serena abituatevi a guardare le stelle, ad assorbire la pace che scende dolcemente dal cielo stellato. Collegatevi a ciascuna stella che è come un’anima viva intelligente, essa vi dirà qualcosa. Cercate di trovarne una con la quale vi sentite particolarmente in affinità, collegatevi a quella stella, immaginate di andarle incontro e che essa venga a parlarvi… Gli astri sono anime altamente sviluppate. Ascoltando la loro voce, troverete la soluzione a molti problemi e vi sentirete illuminati, placati. Tutti i grandi Iniziati si sono istruiti contemplando il cielo notturno, la loro anima comunicava con le stelle, e questi centri di forze inesauribili inviavano loro dei messaggi che si poi trasmettevano agli uomini.[xli]

L’identificazione

Al di là della contemplazione esiste però un’ulteriore stato di coscienza, una pratica meditativa ancor più difficile da ottenere, perché si entra nel campo dello spirito, nel piano del corpo Atmico, la Volontà superiore.

Questo stato di coscienza, che porta ad una fusione energetica fra il praticante e il soggetto della meditazione, si chiama identificazione.

Se osserviamo la Tavola sinottica, vediamo che l’identificazione è l’attività dello Spirito; questa attività porta una ricompensa: la Verità. Cerchiamo di capire meglio questo passaggio. Ci si chiede spesso quale sia il modo migliore per conoscere una cosa, un oggetto: è meglio l’analisi scientifica del ricercatore, la riflessione del filosofo, la spontaneità del bambino, o esiste un altro metodo?

Omraam M. A. ci dice che l’unico modo per conoscere davvero qualcosa è attraverso l’identificazione, ossia sperimentando cosa significa essere quella cosa: la pratica dell’identificazione si basa sulla conoscenza di una legge fisica, la legge della risonanza. Se arrivate a vibrare all’unisono con qualcuno, non soltanto conoscerete i suoi pensieri e i suoi sentimenti, ma le sue qualità si comunicheranno a voi. Altrimenti potrete studiare, giudicare, stabilire chi sia in un modo o in un altro finché vorrete, ma in realtà non lo conoscerete veramente, perché lo conoscerete dall’esterno. Lo conoscerete soltanto quando vibrerete all’unisono con lui. Perciò, è il fatto di trovarsi sulla stessa lunghezza d’onda che avvicina due esseri in modo che possano conoscersi.[xlii]

La sola vera conoscenza che vale veramente la pena di acquisire è quella di cui parla Gesù quando dice: «La vita eterna è conoscere Te, l’unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo». Ma per conoscere non è sufficiente leggere, studiare, analizzare, riflettere, perché la vera conoscenza non si acquisisce soltanto con la mente. La conoscenza mentale rimane esteriore, superficiale. Si conoscono le cose e gli esseri soltanto fondendosi con essi. Mosè, che era un grande Iniziato, diede alla parola “conoscere” il suo vero significato quando scrisse: “Adamo conobbe Eva” oppure “Abramo conobbe Sara”. E da questa conoscenza nasce ogni volta un figlio. Questa è la dimostrazione che la vera conoscenza è un’unione, una fusione feconda con un essere o con un oggetto. Quando avete incontrato qualcuno e scambiato con lui qualche parola, potete dire di conoscerlo? No di certo, vi sarete presentati ed è tutto, ma non lo conoscete. Quando sarete una cosa sola, allora potrete dire di conoscervi, non prima. E ciò è ancora più vero quando si tratta di Dio. Finché non si è fusi in Lui non lo si conosce. Soltanto la fusione, l’unione, l’estasi permette all’uomo di conoscere Dio.[xliii]

L’identificazione porta la Verità, conduce verso una conoscenza superiore, e la Verità porta la libertà, proprio come diceva il Cristo: «La Verità vi renderà liberi». E proprio di questa Verità parlava Gesù, quella che ha origine dalla fusione del nostro spirito in Dio.

Lo scopo di tutte le discipline spirituali è quello di condurre l’uomo a riconoscere di essere lui stesso Dio. Ogni progresso che realizzerete verso questa identificazione, vi avvicinerà al vostro vero Sé. La coscienza divina che sarete riusciti a sviluppare, parteciperà a tutte le vostre attività. Comincerete a sentirvi un altro essere e Dio stesso verrà a manifestarSi per vostro tramite. Questo è il significato delle parole di Gesù: «Mio Padre e Io siamo una cosa sola».[xliv]

Gesù diceva: «La vita eterna è conoscere Te, l’unico vero Dio, e il Cristo che Tu hai mandato». Vi domanderete come si possa conoscere il Signore… In realtà, non si tratta di una conoscenza oggettiva, poiché noi non siamo separati da Lui. Ma per conoscerlo, dobbiamo aumentare l’intensità delle nostre vibrazioni, per trovare la lunghezza d’onda corrispondente e poterci così identificare con Lui. Perché la conoscenza non è nient’altro che un aggiustamento, una fusione con l’essere che si vuole conoscere, e dunque un’armonia di vibrazioni.[xlv]

La pratica dell’identificazione era conosciuta già negli antichi Misteri egizi e greci, e ne troviamo traccia nella famosa affermazione: “Conosci te stesso”:

Ora capirete meglio il significato del precetto che era inciso sul frontone del Tempio di Delfi: “Conosci te stesso”. Con questa formula gli Iniziati volevano dire che l’uomo non è quello che crede di essere e che dunque deve imparare a conoscersi. Conoscersi equivale a identificarsi, fondersi con se stessi, con quel Sé superiore che è in alto, nei mondi dello Spirito. Ecco perché l’uomo deve abbandonare tutto ciò che non è altro che l’involucro, la corazza, l’illusione, per salire sempre più in alto, fino essere tutt’uno col proprio Spirito, col proprio Sé superiore. La fusione con il Sé superiore è la fusione con Dio. Si, ritrovare se stessi, conoscere sé stessi è fondersi con la Divinità, perché quella scintilla, quello Spirito che è nell’uomo non è mai separato da Dio. Col cercare sé stesso, e nel ritrovarsi, l’uomo raggiunge la suprema conoscenza del vivere e del respirare in Dio.[xlvi]

L’identificazione ci permette quindi di raggiungere l’obiettivo più elevato di ogni Insegnamento spirituale, conoscere il Divino, fonderci in Lui, conoscere la nostra essenza divina. Questa unione con il Divino ci permette di sperimentare lo stato di coscienza più elevato per un essere umano: l’eternità.

Conoscere Dio significa vibrare all’unisono con Lui, col cuore, l’intelletto, l’anima e lo spirito. Questa conoscenza ci dà la vita eterna, lo stato di coscienza più elevato. Per avere la vita eterna, dobbiamo dunque fonderci in Dio, affinché la Sua vita, la vera Vita, cominci a circolare in noi, una fusione, questa, che può attuarsi solo attraverso l’amore. Per questo Gesù diceva: «Amerai il Signore, il tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze». Nel momento in cui ci fondiamo in Lui, entriamo in comunicazione con il Tutto e la vita eterna ci inonda, ci illumina. Direte: «Ma l’eternità è un lasso di tempo senza fine…» Certo, ma l’eternità è una cosa e la vita eterna è un’altra cosa. Si può vivere la vita eterna senza vivere in eterno. La vita eterna non è un lasso di tempo esteso all’infinito. Un solo secondo è sufficiente per farci vivere la vita eterna, poiché questa è uno stato di coscienza.[xlvii]

Omraam M. A. raccomandava che queste pratiche venissero attuate in concomitanza con un serio e profondo lavoro sul proprio carattere, in particolare sull’orgoglio, in quanto gli stati di coscienza sin qui descritti elevano e danno un senso “potere” a colui che li sperimenta. È quindi necessario coltivare costantemente l’umiltà, ricordandosi che siamo tutti “Figli di Dio” e che queste pratiche devono portarci verso la fratellanza, l’amore e la compassione.

[i] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 maggio 1941.

[ii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 maggio 1941.

[iii] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2015 (10 marzo), Prosveta, 2014.

[iv] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2012 (1 luglio), Prosveta, 2011.

[v] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2012 (31 dicembre), Prosveta, 2011.

[vi] Vedi oltre il capitolo dedicato all’Identificazione.

[vii] Aïvanhov, O. M., Il granello di senape, Prosveta, 2002, pp. 17-18.

[viii] Aïvanhov, O. M., La nuova religione: Solare e universale i, Prosveta, 2009, p. 55.

[ix] Il tema del respiro verrà maggiormente approfondito nei prossimi paragrafi.

[x] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1maggio 1941.

[xi] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 3 aprile 1945.

[xii] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, cap.XII.

[xiii] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 56.

[xiv] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 95.

[xv] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 138.

[xvi] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 143.

[xvii] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 161.

[xviii] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 6.

[xix] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 30.

[xx] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 27.

[xxi] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 43.

[xxii] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 24.

[xxiii] Aïvanhov, O. M., La respirazione, Prosveta, 2008, p. 24.

[xxiv] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 168.

[xxv] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita 1 maggio 1941.

[xxvi] Aïvanhov, O. M., La nuova Terra, Prosveta, 2009, p. 143.

[xxvii] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, p.129.

[xxviii] Aïvanhov, O. M., L’Armonia, Prosveta, 1994, p. 145.

[xxix] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 187.

[xxx] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 198.

[xxxi] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 189.

[xxxii] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 192.

[xxxiii] Aïvanhov, O. M., Potenze del Pensiero, Prosveta, 1994, p. 194.

[xxxiv] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 maggio 1941.

[xxxv] Aïvanhov, O. M., La vita psichica: elementi e strutture, Prosveta, 1994, p. 123.

[xxxvi] Aïvanhov, O. M., La nuova Terra, Prosveta, 2009, p. 146.

[xxxvii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita 1 maggio 1941.

[xxxviii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita 1 luglio 1944.

[xxxix] Aïvanhov, O. M Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 149.

[xl] Aïvanhov, O. M., Conosci te stesso, Prosveta, 2006, p. 122.

[xli] Aïvanhov, O. M., Il senso del silenzio, Prosveta, 1995, p. 152.

[xlii] Aïvanhov, O. M., Che cos’è un Maestro spirituale, Prosveta, 2001, p. 154.

[xliii] Aïvanhov, O. M., Voi siete Dei, Prosveta, 2001, p. 449.

[xliv] Aïvanhov, O. M., Voi siete Dei, Prosveta, 2001, p. 29.

[xlv] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2008 (26 settembre), Prosveta, 2007.

[xlvi] Aïvanhov, O. M., La vita psichica: elementi e strutture, Prosveta, 1994,

[xlvii] Aïvanhov, O. M., Voi siete Dei, Prosveta, 2001, p. 453.

 

meditazione

LA MEDITAZIONE NELL’INSEGNAMENTO DI OMRAAM MIKHAEL AIVANHOV parte 1/3

La Meditazione nell’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov 1/3
Centro Studi Internazionale Omraam Mikhaël Aïvanhov

Tratto da Misli III – 2016

Introduzione

Con il termine Meditazione si intendono tutte quelle tecniche e filosofie di vita, che da millenni vengono praticate nei movimenti religiosi e spirituali di diverse culture e tradizioni. La meditazione vera e propria però, come vedremo, è una pratica specifica con determinate caratteristiche, ragion per cui in questo articolo parleremo perlopiù di Pratiche meditative e Tecniche meditative, o useremo la parola Meditazione, con l’iniziale maiuscola, per indicare l’insieme di tutte queste diverse attività, mentre ci serviremo della parola meditazione, con l’iniziale minuscola, per indicare la pratica specifica che porta questo nome.

Il tema in oggetto è stato ampiamente trattato dal filosofo e pedagogo Omraam Mikhaël Aïvanhov che, in molte delle sue oltre 5.000 conferenze, ha approfondito e spiegato con chiarezza tutti gli aspetti della Meditazione. Cercheremo quindi di tracciare le linee guida del pensiero di Omraam M. A. riguardo a questo tema, contestualizzandolo in rapporto al suo Insegnamento e, più in generale, con riferimento alla Scienza dello Spirito. L’obiettivo di questo lavoro non è tanto quello di illustrare in modo esaustivo tutto ciò che Omraam M. A. ha detto sulla Meditazione, bensì quello di strutturare e schematizzare le sue riflessioni su questo argomento.

Negli ultimi decenni diverse di queste pratiche meditative hanno suscitato un grande interesse anche tra gli scienziati e i ricercatori di tutto il mondo che, con metodi empirici, hanno iniziato a studiarne gli effetti sia in ambito medico, sia psicologico, dimostrando che la maggior parte di queste tecniche, praticate con regolarità, apporta un benessere sia fisico, sia psichico.[i] Queste conferme scientifiche sull’efficacia della Meditazione non sono però sufficienti per capire, da un punto di vista esoterico e spirituale, di cosa si tratti esattamente, come si strutturi e quali siano i suoi effetti sull’essere umano.

Grazie all’Insegnamento di Omraam Mikhaël Aïvanhov, possiamo senz’altro offrire al lettore alcuni strumenti utili ad orientarsi in questo mondo, affascinante e misterioso. Cercheremo altresì di fornire le basi per sperimentare semplici ed efficaci tecniche meditative, sempre in rapporto alla prospettiva aïvanhoviana.

La struttura dell’Essere umano

Per poter comprendere il complesso mondo della Meditazione bisogna anzitutto definire l’Essere umano nella sua “dimensione sottile”, vale a dire la sua struttura energetica e i suoi corpi sottili; infatti le Pratiche meditative operano in differenti modi sulle diverse “parti” della struttura fisica, psichica e spirituale dell’Essere umano.

Molte antiche tradizioni – filosofiche, culturali o religiose – hanno cercato di rappresentare l’Uomo in modo semplice e schematico, per permettere ai propri seguaci di comprenderne esotericamente la struttura e le relative parti costitutive. Il Cristianesimo ad esempio parla di Corpo, Anima e Spirito; l’Induismo individua 7 corpi (fisico, eterico, astrale, mentale, causale, buddico, atmico); la Cabala 10 parti, come le 10 Sèphirot dell’Albero della Vita; ecc.

Tutte queste “rappresentazioni” sono in qualche misura corrette, in quanto mostrano diversi aspetti dell’individuo, di volta in volta da una particolare prospettiva, come se si trattasse delle molteplici facce di un diamante che insieme concorrono alla definizione della vera realtà.

Per la nostra analisi useremo il modello proposto da Omraam M. A., il quale utilizza una Tavola Sinottica per illustrare in maniera semplice ed efficace la struttura e il funzionamento di tutte le parti che definiscono l’Essere umano, riuscendo a sintetizzare molte delle prospettive cui abbiamo appena accennato.

PRINCIPIOIDEALENUTRIMENTO

FATTORE DI SCAMBIO

(Retribuzione)

ATTIVITA’
SpiritoTempo  -Eternità –  ImmortalitàLibertàVeritàIdentificazione – Unione – Creazione
AnimaSpazio – Immensità – InfinitoImpersonalità – AltruismoFusione – Espansione – EstasiContemplazione – Adorazione
IntellettoConoscenza – Sapere – LucePensieroSaggezzaMeditazione – Studio – Approfondimento
CuoreGioia – Felicità – CaloreSentimentoAmoreMusica – Canto – Poesia – Preghiera
VolontàControllo – Potenza – MovimentoForzaGesto – RespiroRespirazione – Esercizi – Concentrazione
Corpo FisicoVigore – Salute – VitaNutrimentoDenaroAttività – Dinamismo – Lavoro

Per aiutare a leggere e comprendere correttamente la Tavola sinottica Omraam M. A. nel libro Conosci te stesso spiega:

Come vedete, questa tavola (che noi definiamo “sinottica” perché rappresenta una panoramica della struttura dell’essere umano e delle attività che corrispondono a tale struttura) è composta da 5 colonne verticali. La prima colonna indica i Principi che costituiscono l’uomo: il corpo fisico, la volontà, il cuore, l’intelletto, l’anima e lo spirito. Nella seconda colonna leggete “Ideale”, giacché ogni principio è proteso verso un ideale. Affinché ogni principio possa raggiungere il suo ideale, è indispensabile che sia alimentato, nutrito, rafforzato; bisogna inoltre fornirgli la possibilità di sussistere onde permettergli di continuare a manifestarsi. Questo spiega perché la terza colonna è chiamata “Nutrimento”. Infine le ultime due colonne sono consacrate alla “Retribuzione”, ossia al prezzo che occorre pagare per avere questo nutrimento e all’“Attività”, cioè al lavoro che bisogna svolgere per ricevere questo pagamento. Vedete dunque che tutte queste nozioni sono interconnesse in modo perfettamente chiaro e logico. Per agevolare la comprensione inizieremo dal corpo fisico, dal momento che tutti sanno bene di cosa si tratta; tutti hanno a che fare con lui, è visibile, palpabile, è una realtà che non si può mettere in dubbio. L’ideale del corpo fisico è la salute, la vita. Per esso niente è più prezioso e più importante del fatto di godere di buona salute, di essere vigoroso e pieno di forza. Per possedere una simile vitalità, il corpo deve essere alimentato con ogni sorta di cibi solidi, liquidi e gassosi. Se non riceve questo nutrimento, muore. Non occorre aver frequentato l’università per sapere che, se si vuol sopravvivere, è necessario mangiare. Ciò non toglie che per avere il cibo ci vuole il denaro. […] Per mangiare occorre il denaro e per avere denaro occorre lavorare; è semplice. Attenzione però: non vi è mai balenato per la mente che ciò che vi sembra così ovvio sul piano fisico lo possiate ritrovare tale e quale sugli altri piani? Anche la volontà, il cuore, l’intelletto, l’anima e lo spirito si protendono singolarmente verso un obiettivo e, per realizzarlo, ognuno di questi principi ha bisogno di essere nutrito; per ottenere un simile nutrimento occorre denaro, e il denaro si guadagna solo svolgendo un certo lavoro. Quando avrete ben impresso questo schema nella vostra mente, sarete in possesso della chiave della vita fisica e psichica dell’uomo.

La Tavola sinottica sarà il nostro strumento per la comprensione e l’analisi delle pratiche meditative e sin d’ora possiamo anticipare che la concentrazione, la respirazione, la preghiera, la meditazione, la contemplazione e l’identificazione (attività che troviamo nella Tavola sinottica) sono tutti aspetti di tali pratiche; conoscendo la differenza che esiste tra queste diverse attività, sapremo classificare e soprattutto capire dove e come agisce ogni diverso tipo di tecnica meditativa.

L’obiettivo dalla Meditazione

Cominciamo però cercando di vedere qual è, dal punto di vista della Scienza dello Spirito, l’obiettivo di tutte queste tecniche.

Omraam M. A. ci spiega che, in origine, tutte le religioni e tutti i movimenti spirituali avevano l’obiettivo di permettere all’essere umano di conoscere il “Divino”, per fondersi in esso. Naturalmente nelle diverse tradizioni religiose e spirituali il “Divino” ha assunto, e assume tutt’ora, diverse forme e aspetti: si pensi a concetti come Dio, Allah, Grande Spirito, Tao, Vacuità, Sé superiore, Scintilla divina, ecc.

La fusione con il “Divino” può essere definita uno stato di coscienza elevato, uno stato interiore di pace, benessere, accompagnato da un senso di unione con il Tutto. Questo è quanto ci viene riportato dai Maestri spirituali di molte tradizioni, che hanno sperimentato in modo approfondito differenti tecniche meditative. Nonostante i metodi e le filosofie siano diverse, i risultati tendono ad avere caratteristiche simili. Nel seguente testo Omraam M. A. ci spiega qual è l’obiettivo primario di una vera meditazione:

Si usa spesso la parola “meditare”, ma senza aver capito che cosa sia la vera meditazione e quale strumento straordinario essa rappresenti per l’uomo, quali benefici e quale serenità possa apportargli e quante trasformazioni e cambiamenti possa causare nella sua vita personale, in quella della sua famiglia, della società e del mondo intero.[ii] La vera meditazione è anzitutto elevarsi fino ai mondi superiori, esprimere la propria meraviglia di fronte a tanta bellezza e rispecchiare poi sul piano terreno quel senso di stupore. (…) La meditazione deve trasformare il vostro sguardo, il vostro sorriso, i vostri gesti, il vostro comportamento, aggiungendovi qualcosa di nuovo, di più sottile… almeno una particella che vibri in armonia col mondo divino.[iii] Attraverso la meditazione e la preghiera, noi impariamo a comunicare con le regioni superiori, a proiettare verso il Cielo la parte più sottile della nostra anima, affinché questa, al suo ritorno, ci porti elementi nuovi e più spirituali, che noi non possediamo. Così, anziché ripetere eternamente gli stessi sbagli, gli stessi comportamenti erronei o la stessa mediocrità, riusciremo a superarci.[iv] Il valore e la forza di un uomo risiedono nella potenza della sua meditazione. È per questo che gli Iniziati, prima di agire, pensano, riflettono e meditano poiché, dopo queste pratiche, tutto diviene chiaro, luminoso e facile.[v]

L’obiettivo primario della Meditazione è quindi quello di metterci in contatto con la dimensione spirituale, con quel Mondo divino da cui la nostra Anima e il nostro Spirito hanno origine; la comunicazione col piano spirituale permette alla coscienza dell’uomo di elevarsi, di espandersi in modo da conoscere e percepire una realtà più “vera”.

Naturalmente questo obiettivo così elevato porta con sé una serie di effetti benefici, non necessariamente legati solo all’aspetto spirituale dell’esistenza, ma che molto interessano anche l’uomo moderno, motivo per cui certe pratiche meditative vengono sviluppate anche in contesti lontani da quello religioso e spirituale. La regolare introduzione di tecniche meditative diminuisce infatti lo stress e riduce la propensione a sviluppare emozioni negative, e permette una maggiore efficienza in termini di concentrazione e di capacità lavorative, sia da un punto di vista fisico che psichico. La meditazione abbassa la soglia di percezione del dolore e produce un senso di rilassamento e di benessere interiore, tutte caratteristiche, queste, che migliorano direttamente e indirettamente la produttività e l’efficienza degli individui nell’ambito delle attività anche più comuni, come lo studio e il lavoro.

Tuttavia, separare queste tecniche dal contesto in cui hanno avuto origine, per quanto migliorino comunque la vita di coloro che le praticano, significa separare l’albero dalle radici: una meditazione svuotata dal suo senso spirituale, non potrà mai espletare fino in fondo la propria funzione: sarà un utile strumento per migliorare la qualità della vita delle persone, ma non permetterà il raggiungimento di uno stato di coscienza superiore.

Questo particolare aspetto è di fondamentale importanza per coloro che desiderano un approccio serio alla meditazione, perché per praticare correttamente tali tecniche bisogna prepararsi interiormente e ciò include lo studio e l’apprendimento di un Insegnamento spirituale, ossia la conoscenza e il conseguente rispetto delle Leggi che regolano il piano spirituale.

Come prepararsi alla Meditazione

La meditazione è uno dei metodi più efficaci per liberarsi dai tormenti psichici, ma chi decide di praticarla deve sapere che questa decisione non rimarrà senza conseguenze, perché si entrerà in un universo dove le leggi sono altrettanto rigide e implacabili come quelle del mondo fisico. Perciò attenzione: la decisione di meditare deve accompagnarsi ad altre decisioni, e in particolare a quella di adottare una certa disciplina di vita.[vi]

Una “disciplina di vita” presuppone dunque un percorso di consapevolezza e di crescita interiore, ossia che implica la conoscenza delle Leggi che regolano la vita psichica e spirituale dell’uomo. Facciamo un esempio: guardare film molto violenti, o che incutono stati di paura, è in forte contrasto con le pratiche meditative, in quanto le immagini di questo tipo di film si imprimono nella nostra coscienza e, durante la meditazione, si manifestano impedendo al praticante di concentrarsi su soggetti luminosi e armoniosi. Lo stesso vale per coloro che mangiano carne: indipendentemente da considerazioni di carattere etico-morale, la carne possiede un’energia che blocca i centri energetici più spirituali (questo è particolarmente vero nel caso della carne di maiale):[vii]

La carne possiede delle cellule molto individualizzate. Se si è carnivori, quando ci si vuole concentrare su certe questioni, si riscontrano in sé stessi grandi opposizioni.[viii]

Anche l’uso esagerato di alcolici, o un’eccessiva attività sessuale, creano forti impedimenti nella pratica delle tecniche meditative.

Per chi vuole praticare la Meditazione l’aspetto più importante però consistere nel compiere un lavoro sui propri pensieri e sulle proprie emozioni, in quanto in ciascuno di noi tutto è legato e connesso: stati di ansia, rabbia, collera, tristezza o depressione, tutto ciò diminuisce la possibilità di riuscire nella pratica della Meditazione.

Questo non significa che chi vive questi sentimenti negativi non possa meditare; ci sono pratiche meditative adatte a tutte le situazioni, in particolare le pratiche di rilassamento, di concentrazione, le tecniche di respirazione, che implicano in particolare l’attività della volontà e che aiutano proprio a liberarsi da questi stati esistenziali sfavorevoli. Tuttavia per accedere ai livelli più elevati della Meditazione, tutta la nostra vita dev’essere in sintonia con questa scelta che, sicuramente, comporta dei sacrifici ma che, senza dubbio, apporta enormi benefici sotto tutti i punti di vista.

Meditare presuppone quindi una preparazione; chi si dispone a meditare senza aver acquisito una certa disciplina interiore, vale a dire il controllo dei pensieri, dei sentimenti e dei desideri, comincia a vagare nelle regioni inferiori del piano astrale. Là smuove al suo passaggio strati oscuri di vario genere, popolati da entità spesso ostili agli esseri umani, e ciò che allora vive si chiama delirio, fantasmagoria, e non meditazione.[ix]

Se lasciate che il vostro pensiero si disperda giorno e notte in futilità di ogni genere, non stupitevi se al momento di meditare e di legarvi alla Luce, vi scontrate con grandi difficoltà… Incominciate quindi col cercare in voi stessi la causa delle vostre difficoltà, e lavorate per dominare il vostro pensiero.[x]

Bisogna comprendere che ogni momento dell’esistenza è legato a quelli che lo precedono. È quanto intendeva dire Gesù quando consigliava: «Non affannatevi per il domani». Sì, perché se sistemate correttamente ogni cosa oggi, preparate delle buone condizioni per l’indomani. Ciò è vero per ogni campo dell’esistenza, ed è vero anche per la Meditazione.[xi]

Se interiormente avete risolto i vostri problemi il giorno prima, l’indomani sarete liberi di concentrare il vostro pensiero sull’argomento che desiderate. Se invece oggi non avete sistemato nulla, domani dovrete correre a destra e a manca per rimediare a tutte le lacune o a tutti gli errori del passato, e non sarete disponibili né per lavorare nel presente, né per creare il futuro. [xii]

Avendo compreso questo, colui che vuole meditare, comincia col prepararsi, si purifica e non si carica di ogni sorta di preoccupazioni inutili. Quando è riuscito a scappare da quella prigione della vita quotidiana con tutti i suoi obblighi, quando finalmente è libero, libero nel suo corpo, nei suoi pensieri, nei suoi sentimenti, e quando incomincia ad elevarsi interiormente, prova la sensazione intensa che esista una vita molto più bella, più ricca e più vasta, e questo lo proietta nelle regioni in cui quella vita circola… Quelle regioni che in realtà sono dentro di lui, poiché la vita divina scorre in ogni essere umano. È questa vita che egli riesce ad assaporare per un attimo, e una volta che ha fatto questa esperienza, non la può più dimenticare; ormai sa di essere in grado di sottrarsi all’ingranaggio delle forze oscure che lo limitavano e lo disintegravano, per entrare nelle correnti benefiche e liberatorie della Luce.[xiii]

Un altro aspetto importante da valutare è la scelta del momento più adatto, nel corso della giornata, per praticare la meditazione: il mattino, prima della colazione, è senz’altro il momento più adatto, perché il cibo mette in moto nel nostro organismo processi energetici che diminuiscono la capacità del corpo eterico – nella Tavola sinottica denominato volontà – di concentrarsi.

Gradualità, non avere troppe aspettative e costanza, sono poi ulteriori elementi che permettono al praticante di procedere in modo tranquillo e armonico verso i risultati desiderati.

Per quanto concerne il primo aspetto, la gradualità, bisogna prestare molta attenzione agli sforzi che chiediamo di fare al nostro cervello:

L’organismo umano, e il cervello in particolare, è capace di resistere alle tensioni più forti, ma a condizione che tali tensioni non si verifichino bruscamente. Avviene come per i motori che vanno scaldati lentamente perché non salti tutto. Quando sentite che il vostro cervello fa fatica a resistere a un’attività psichica o spirituale troppo grande, chi vi impedisce di fare qualche lavoro fisico, o anche soltanto camminare, per poter inviare quell’energia nelle braccia o nelle gambe?… L’equilibrio ritornerà, perché avrete saputo dirigere momentaneamente l’energia altrove.

In altre conferenze ho indicato un esercizio che potete fare quando sentite che il vostro cervello non funziona bene, che è bloccato: dovete massaggiare il plesso solare in senso inverso a quello delle lancette dell’orologio. Dopo alcuni minuti sentirete che la vostra mente è di nuovo libera e che potete rimettervi al lavoro. Occorre che d’ora in avanti l’attività sia suddivisa tra il cervello e il plesso solare come in un vero matrimonio in cui l’uomo e la donna vivono in armonia e si dividono il lavoro.[xiv]

Differenza tra Concentrazione, Meditazione, Contemplazione e Identificazione

Come si configurano tutti i diversi aspetti delle pratiche meditative? Come distinguerli tra loro? Come agiscono sull’Essere umano?

La Tavola sinottica proposta da Omraam M. A., risponde a tali quesiti: partendo dal corpo fisico possiamo descrivere, per ognuno dei 6 Principi (corpo fisico, volontà, cuore, intelletto, anima e spirito), le pratiche meditative corrispondenti, cercando anzitutto di comprendere in quali aspetti si differenziano tra loro e quali sono le loro caratteristiche essenziali.

Il corpo fisico – che è la parte materiale, la parte incarnata del nostro essere – a livello energetico è sostenuto e vivificato dal corpo eterico, ragion per cui questi due principi, nella nostra analisi, vengono considerati insieme. Il corpo fisico e il corpo eterico, sono talmente interconnessi, che una pratica meditativa che agisce su uno di questi due corpi opera inevitabilmente anche sull’altro. Non a caso, in molte tradizioni sono rappresentati come un unico corpo. Potremmo infatti dire che la forma di “meditazione” del corpo fisico è il movimento consapevole, assieme all’esercizio della consapevolezza dei cinque sensi. Sono attività queste che implicano un certo livello di concentrazione che, come possiamo vedere nella Tavola sinottica, viene messa in atto dalla volontà, ossia dal corpo eterico. Qualsiasi pratica meditativa legata al corpo fisico e alla volontà presuppone dunque concentrazione, consapevolezza, presenza. Come vedremo, questi aspetti sono la base di tutte le pratiche meditative.

La preghiera – di cui non tratteremo in questa sede – è la meditazione del piano emotivo; si tratta di una vera e propria forma di meditazione in quanto, attraverso il sentimento, si rivolge al Divino una richiesta, un’invocazione.

Nel piano dell’intelletto troviamo invece la meditazione propriamente detta: vedremo infatti che la vera meditazione corrisponde a una sorta di masticazione del pensiero[xv], svolta però dall’intelletto superiore, da una mente consapevole.

L’Anima invece, che aspira all’immensità, allo spazio infinito, ha bisogno della contemplazione per raggiungere il suo ideale: la sua forma di meditazione corrisponde alla contemplazione, ossia all’osservazione emotiva consapevole, che implica l’estasi di fronte alla bellezza, allo splendore del Mondo divino.

Infine lo Spirito, che per poter tendere verso il suo ideale di eternità ha bisogno di conoscere nella sua totalità il soggetto della sua meditazione, il che diviene possibile attraverso l’identificazione, ossia fondendosi con il soggetto della meditazione stessa.

Riportiamo alcuni brani di Omraam M. A. per approfondire ulteriormente quanto appena riportato, nonché le differenze tra le diverse pratiche meditative:

Le pratiche spirituali prevedono diverse attività e metodi: la concentrazione, che richiede soprattutto la volontà; la preghiera, che viene dal cuore, si chiede qualcosa al Cielo; la meditazione, che tocca il lato intellettuale ossia porta a conoscere, ad approfondire, a chiarire; la contemplazione, che tocca l’anima, ossia spinge a soffermarsi su qualcosa di bello, di luminoso, di perfetto; l’identificazione, che viene dallo Spirito. C’è quindi un lavoro di concentrazione, di meditazione, di contemplazione e, quando si riesce a innescare delle forze, dei movimenti, delle correnti in se stessi, ci si sofferma sul lato sublime, divino, con cui si prova a identificarsi, ad assomigliargli, fino a fondersi in lui, per divenire una parte della Divinità. L’identificazione è una cosa tra le più rare, difficili e meravigliose.[xvi]

Dunque questi processi si possono classificare nel seguente ordine: concentrazione, meditazione, contemplazione e identificazione. La concentrazione è il fondamento di questi quattro processi, senza la quale nessun altro può realizzarsi.[xvii]

Qualche volta è possibile concentrarsi senza grande intelligenza, senza emozione, né amore. In questo caso la concentrazione è piuttosto meccanica; è una forza. È l’inizio della volontà. Nella meditazione si aggiunge un altro elemento alla volontà: la ragione che comincia a cercare, ad analizzare, ad assorbire.[xviii] La meditazione è quindi un processo mentale, intellettuale, che consiste nel riflettere, nel cercare la luce, la sapienza, l’intelligenza; la meditazione è quindi un’attività dell’intelletto che si sforza di penetrare le verità spirituali.[xix]

La contemplazione è dell’ordine del sentimento; si tratta di riuscire attraverso l’amore, l’ammirazione, l’entusiasmo, ad ampliare tutte le facoltà del cuore e dell’anima. È l’attività dell’anima che si sofferma su di un’immagine, una qualità, una virtù, per rallegrarsi della sua luce, della sua bellezza, per comunicare con lei.[xx] Superiore alla meditazione e alla contemplazione è il lavoro magico dell’identificazione, che è un’attività della volontà, dello Spirito che si identifica col Signore, per diventare creatore come Lui.

Nella meditazione è il vostro intelletto che deve elevarsi, scegliere un soggetto che superi la vita ordinaria e concentrarsi su di esso. Quando ci siete riusciti, potete smettere di meditare, di riflettere, per contemplare soltanto quell’immagine o quel simbolo che è il riassunto, il condensato, di tutte le forze che avete smosso e fatto scattare dentro di voi meditando. Vi lasciate così impregnare da questa immagine. Ed infine, se riuscite ad identificarvi con questa bellezza, sia essa un soggetto astratto, oppure un essere, l’Essere più sublime, allora è la perfezione.[xxi]

La chiarezza di quanto appena espresso rende più facile la comprensione delle differenze tra le diverse pratiche meditative e, soprattutto, come classificare agevolmente ogni metodo, ogni tecnica e capire dove agisce, e a quali risultati ci può condurre.

Omraam M. A. consigliava inoltre di sviluppare anzitutto la facoltà che ci è più congeniale, poiché ognuno è più portato verso alcune di queste pratiche piuttosto che altre: vi è colui che ha un’attitudine più contemplativa, chi invece preferisce approfondire temi spirituali con la meditazione attraverso l’intelletto superiore, chi invece si trova più facilitato nella concentrazione e chi nell’attività dello Spirito: l’identificazione. In base alle proprie caratteristiche è bene approfondire e sviluppare le tecniche in cui ci sentiamo maggiormente a nostro agio, e solo in un secondo momento, una volta perfezionato ciò che ci è più agevole, conviene provare e sperimentare anche le altre pratiche, ricordandosi però che la base di tutte queste tecniche rimane la concentrazione.

Vedremo in un altro articolo nel dettaglio le caratteristiche di queste diverse pratiche meditative.

Note

[i] Non verranno trattati in questo articolo i risultati delle ricerche scientifiche sulle pratiche meditative, ma per maggiori informazioni si può consultare il sito: https://it.wikipedia.org/wiki/Meditazione#Ricerche_scientifiche

[ii] Aïvanhov, O. M., L’Armonia, Prosveta, 1994, p. 143.

[iii] Aïvanhov, O. M., Creazione artistica e creazione spirituale, Prosveta, 1994, p. 20.

[iv] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2008 (27 gennaio), Prosveta, 2007.

[v] Aïvanhov, O. M., Collezione Videlina n. 36, Prosveta.

[vi] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2005, p. 133.

[vii] Motivo per cui in moltissime religioni il consumo di tale carne era ed è vietato.

[viii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 maggio 1941.

[ix] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2010 (26 febbraio), Prosveta, 2009.

[x] Aïvanhov, O. M., Pensieri quotidiani 2011 (15 giugno), Prosveta, 2010.

[xi] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2006, p. 131.

[xii] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2006, p. 132.

[xiii] Aïvanhov, O. M., Cercate il Regno di Dio e la Sua Giustizia, Prosveta, 2006, p. 132.

[xiv] Aïvanhov, O. M., La nuova religione: Solare e universale i, Prosveta, 2009, p. 155.

[xv] Aïvanhov, O. M., La nuova Terra, Prosveta, 2009, p. 144.

[xvi] Aïvanhov, O. M., Conferenza del 3 febbraio 1974

[xvii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 luglio 1944.

[xviii] Aïvanhov, O. M., Conferenza inedita del 1 luglio 1944.

[xix] Aïvanhov, O. M., La nuova religione: Solare e universale i, Prosveta, 2009, p. 152.

[xx] Aïvanhov, O. M., La nuova religione: Solare e universale i, Prosveta, 2009, p. 152.

[xxi] Aïvanhov, O. M., La nuova religione: Solare e universale i, Prosveta, 2009, p. 153.

 

CATARI E BOGOMILI, ERESIE E GNOSTICISMO: ALLE RADICI DELL’INSEGNAMENTO DI P. DEUNOV E DI O. M. AÏVANHOV

Catari e Bogomili, eresie e gnosticismo: alle radici dell’Insegnamento di Peter Deunov e di Omraam Mikhaël Aïvanhov
di Daniele Garella1
Tratto da Misli III – 2016

Con un linguaggio chiaro, semplice e comprensibile a tutti, Omraam Mikhaël Aïvanhov ha donato all’umanità uno straordinario Insegnamento spirituale iniziatico ed esoterico. Un Insegnamento, tra l’altro, sincretico, perché raccoglie il vissuto spirituale di antiche ed evolute civiltà del mondo. Tra le più importanti radici di questo Albero sacro, chiamato Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale, riconosciamo quella misteriosofica greca, quella iniziatica egiziana – legata ad Ermete Trismegisto – quella ebraica cabalistica, quella induista, quella iranico-zoroastriana e quella gnostica cristiana. Nel presente scritto, di queste sei radici dell’Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale, ci occuperemo di quella gnostica cristiana.

Due opposte visioni spirituali hanno contraddistinto sin dai suoi esordi la storia del Cristianesimo: quella manichea – che prende nome da Mani, suo fondatore – proclamatosi uomo inviato dallo Spirito Santo per diffondere una religione universalistica (che univa cristianesimo, buddismo, giudaismo e zoroastrismo), e quella della Chiesa di Roma che, sapendosi figlia di Pietro l’Apostolo, affermava di essere l’unica vera erede dell’Insegnamento di Gesù. Nel III secolo Agostino e Faustus furono i sommi sacerdoti di queste due differenti concezioni spirituali dell’esistenza: ad Agostino, sostenitore dell’autorità della Chiesa come unica dispensatrice della dottrina di Gesù Cristo, si contrapponeva Faustus, il quale, rinnegando qualsiasi imposizione dottrinale, si diceva fautore della libertà individuale come unica Via di comprensione del messaggio Divino. Nel corso dei secoli dalla Chiesa di Pietro si svilupparono la Chiesa cattolica e la Chiesa bizantina, mentre dal manicheismo presero forma i Bogomili, i Catari, i Templari e tutti quei movimenti, – come la Teosofia e la Fratellanza Bianca Universale – centrati sull’uomo e sul suo percorso di consapevolezza compiuto tramite l’Anima durante le sue continue incarnazioni. «Cancellate tutto quanto vi trasmette l’autorità esterna – diceva lo stesso Mani ai suoi discepoli – e crescete in modo da guardare solo nella vostra Anima». Anima senziente e chiaroveggente, precisa Rudolf Steiner in riferimento al credo manicheo.2 Anche Aïvanhov ribadisce un identico concetto: «Dentro di noi abbiamo tutto, ma non lo sappiamo perché non si è meditato, né lavorato per ottenere questo ampliamento, questa Luce. […] Abbiamo tutto, da tanto tempo. […] Il Cielo e la Terra: tutte le forze e tutte le debolezze sono dentro di noi».3

Nel corso dei secoli, i centri del potere religioso dominante diffusero del manicheismo un discorso vuoto, circoscritto solo alla descrizione delle lotta eterna e irrisolvibile tra il Bene e il Male. È vero che la questione del Bene e del Male, e quindi della sostanza della Creazione, interessò particolarmente i Manichei, ma costoro cercarono di risolverla in un modo luminoso che le Chiese ufficiali si guardarono bene dal trasmettere.4 I Manichei, tra l’altro, vicini all’Insegnamento platonico e radicati nel culto di Mithra e nell’Insegnamento del Buddha, credevano nella reincarnazione,5 assunto di Giustizia Divina ai nostri giorni ancora avversato dalla Chiesa cattolica e da quella ortodossa. Promuovevano inoltre un cristianesimo esoterico dove si insegnava a non rifiutare il Male, ma ad assorbirlo in sé per trasformarlo in Bene tramite la forza del perdono, della tolleranza e della mitezza; mentre, negli stessi anni, la Chiesa di Roma – come si legge anche dai documenti storici relativi al vescovo Lorenzo di Novara (V Secolo) – chiedeva ai neofiti prima dell’immersione nelle acque per il battesimo di “rinunciare a Satana”; una richiesta tutt’ora presente nei rituali della Chiesa cattolica.

Comprendere nel XXI secolo gli assunti della dottrina manichea, che potremo definire alchemica ed emozionale, pare cosa non complessa, dato che l’elemento cuore ha assunto oggi un valore alla portata di molti; eppure a quei tempi non era così, e non lo fu nemmeno più avanti, nel XII secolo, quando persino eminenti personalità della Chiesa romana, come papa Innocenzo III, Tommaso d’Aquino e Bernardo di Chiaravalle, trovavano corretto inneggiare alle Crociate, promettendo salvezza eterna e remissione dei peccati a chiunque avesse ucciso gli infedeli (eretici, musulmani o ebrei che fossero). I Manichei, invece, aspiravano alla liberazione dal commettere violenza e, come tutti i movimenti spirituali da questi generati – in particolare i Catari e i Bogomili – rivolgevano il loro sguardo interiore a Giovanni l’Evangelista, considerato Anima chiaroveggente e guida spirituale di una Chiesa segreta, edificata nei piani dell’Invisibile, come ben testimonia l’Apocalisse, che Omraam Mikhaël Aïvanhov definisce “il Libro della Chiesa di San Giovanni”:

Sì, perché questa Chiesa esiste. […] La Chiesa di San Giovanni possiede la quintessenza della Dottrina di Gesù […] È una Chiesa segreta, mistica, pronta a istruire gli uomini desiderosi di approfondire i segreti della Creazione […] Il Maestro Peter Deunov è uno dei rappresentanti di questa Chiesa esoterica che detiene le chiavi dei Libri Sacri.6

Una Chiesa dove si mette in pratica il vero Insegnamento di Gesù Cristo: quello dell’Amore Incondizionato, fatto di tolleranza e di accoglienza, anch’essa incondizionata, verso qualsiasi essere umano, di qualsiasi razza, professione di fede, orientamento esistenziale.

Anche Omraam Mikhaël Aïvanhov è un rappresentante di questa Chiesa segreta, emblema della fratellanza fra i popoli e nel proprio Insegnamento, quello della Fratellanza Bianca Universale, più volte ha fatto riferimento alle luminose parole dell’Evangelista, cosa che non è avvenuta riguardo a Pietro l’Apostolo. Di Giovanni l’Evangelista Aïvanhov dirà:

Era un essere puro, preparato, che non aveva alcun karma da pagare, a differenza degli altri Apostoli che, malgrado fossero stati (in un’altra vita) antichi profeti, ne avevano ancora.7

A proposito della Chiesa di Giovanni “edificata nell’Invisibile”, desideriamo riportare il racconto di un episodio avvenuto al primo congresso della Fratellanza della Luce di Peter Deunov, a Tarnovo, in Bulgaria: nella sala che Deunov stesso aveva preparato per l’incontro, disponendovi molte sedie, solo tre di queste erano occupate; vi sedevano i suoi primi tre discepoli, che si interrogavano sul perché tutte le altre sedie fossero vuote, ossia sul perché gli altri discepoli non fossero venuti all’appuntamento, o fossero in ritardo. Peter Deunov, percependo l’imbarazzo dei suoi primi seguaci (peraltro uomini di una certa levatura interiore come, ad esempio, Georgui Mirkovitch, affermato medico e iniziatore della fitoterapia e dell’omeopatia in Bulgaria), disse loro:

Al momento presente non siete che in tre, ma presto diverrete molto numerosi. Questa sala comunque non è vuota: le sedie sono tutte occupate da Esseri invisibili. Oggi è il primo congresso della Fratellanza della Luce in Bulgaria.8

Desideriamo soffermarci adesso sulla parola chiaroveggenza – ossia sulla possibilità di vedere nei piani dell’Invisibile – parola davvero interessante che, non a caso, ancora oggi come in passato, viene demonizzata da quelle stesse correnti culturali egemoni. Dal VII al X secolo alcuni gruppi di persone con uno spiccato sentire animico e una forte chiaroveggenza, si incarnarono nell’Europa meridionale, in particolare in Bulgaria. Costoro, come afferma Rudolf Steiner, sentivano e vedevano con chiarezza nei piani dell’Invisibile e, riconoscendosi reciprocamente per la particolarità della loro vita animica, decisero di vivere insieme e di formare delle comunità fraterne. Per la Chiesa di Roma e per la Chiesa di Bisanzio queste persone, che sembravano vedere e sentire il Divino davvero intensamente, e che concepivano lo spirituale in maniera tanto diversa e soprattutto libera, erano pericolose e occorreva riconoscerle per controllarle; per questo coniarono nei loro confronti il termine di eretici. La parola eretico viene dal greco hairesis, che significa opinione propria. Questi eretici non erano in principio dei dissidenti, erano semplicemente persone che non volevano uniformarsi. Uniformarsi a cosa? All’ortodossia: altra parola proveniente dal greco e che significa opinione corretta… Opinione corretta, però, solo secondo il pensiero di un determinato gruppo, e non gli eretici che desideravano mantenere la loro propria opinione. Questi ultimi erano gnostici nella misura in cui affermavano che la Salvezza sarebbe stata possibile solo tramite la Conoscenza. Per gli gnostici, infatti, la Redenzione dipende dall’uomo e dal lavoro che costui compie su se stesso tramite la Gnosi, ossia la conoscenza delle Leggi che regolano l’Universo; Leggi che sono state istituite dalla Sorgente Divina e che prevedono un percorso individuale e autonomo di ricerca della Verità.

Così, mentre per le gerarchie ecclesiastiche il contatto col Divino è possibile solo tramite i ministri della Chiesa, per gli gnostici, tramite la Conoscenza, qualsiasi uomo può rivolgersi a Dio senza aver bisogno di alcun intermediario. Capovolgimento di vedute e soprattutto sovvertimento della logica del potere. Così ai percorsi autonomi e individuali di un “eretico”, la Chiesa di Roma non attese tempo per rispondervi e, soprattutto con la Riforma gregoriana, attuò una centralizzazione del potere che mirava, in nome dell’autorità del Papa, vicario di Cristo, a sottomettere chiunque, sia i movimenti spirituali, sia i poteri laici, ossia re, principi e nobili. Condanne e persecuzioni sarebbero arrivate per chi non si fosse uniformato. E arrivarono, certo, specialmente per gli eretici che, diffusi ormai ovunque, promuovevano, senza timore alcuno, un cristianesimo cosmico, misterico, e al tempo stesso vissuto nel quotidiano, cioè non teorico, né dogmatico. Una più forte frattura tra eretici e Chiese ufficiali quindi si evidenziò e divenne insanabile nel momento in cui nelle scuole dottrinali delle Chiese di Roma e di Bisanzio si iniziò ad affermare l’elemento razionale – volto cioè ad insegnare “quello in cui credere” e quale fosse la “vera fede”: l’ortodossia – mentre tra i movimenti gnostici si rafforzava il sentire spirituale e la libertà animica, appunto l’eresia.

Per quanto concerne la storia del cristianesimo, e quindi del vissuto storico dell’uomo cristiano, è molto importante visualizzare l’esistenza di queste due correnti, quella eretica e quella ortodossa: la prima, sotterranea, esoterica, centrata sul sentire e sul vedere nei piani dell’Invisibile e quasi sempre perseguitata; la seconda, ufficiale, ben visibile e trionfante, ma sorda agli slanci dello Spirito, poiché irrigidita nel suo impianto gerarchico e di potere, come anche nel culto della forma. Importante visualizzare queste due correnti – che trovano precise corrispondenze nella Chiesa di Giovanni e nella Chiesa di Pietro – dato che ciascun credente cristiano pare posizionarvisi, anche inconsapevolmente, a livello animico; un po’ come avviene per l’esistenza del Nord e del Sud in un qualsiasi luogo, che da subito si definiscono manifestandosi come opposti.

Agli esordi del XX secolo il filosofo, teologo e medico bulgaro Peter Deunov, che di Omraam Mikhaël Aïvanhov fu Maestro spirituale, fondò la Fratellanza della Luce, chiamata anche Fratellanza Bianca:

Ci domandano: «Chi siete?». Noi siamo una Grande Fratellanza che ha filiali in Cielo, in Terra e nell’intero Universo. Colui che serve Dio con tutta la sua Anima è un cittadino di questa Grande Fratellanza dell’Amore Divino, della Saggezza Divina, della Verità Divina.9

Nell’Insegnamento di Peter Deunov, che Stoyan K. Vatralski definisce «cristianesimo audace, radicale e autentico»10 ritroviamo, ben salde e sotto nuova luce, le anzidette radici gnostiche e l’identico anelito alla libertà spirituale, elementi questi che riaccesero l’antica disputa con i centri del potere religioso ufficiale: anche Deunov, infatti, conobbe la via dell’esilio e al sua Fratellanza la persecuzione:

In questo momento sedici notabili del Sinodo discutono la mia scomunica per estromettermi dalla Chiesa. Il problema è che nessuno saprà come escludermi poiché questo, in realtà, dipende solo da me. Solo io posso escludermi. In che modo? Infrangendo la Legge Divina. Ma se io realizzo la Volontà Divina, chi potrà estromettermi?.11

Come affermò Aïvanhov, Peter Deunov «portava la Nuova Vita, mostrando agli uomini in quale misura si erano allontanati dal vero Insegnamento di Gesù Cristo. Inutile dire che questo non era ben visto dai vescovi della Chiesa ortodossa».12

Peter Deunov usava spesso il termine esoterismo, sottolineando che ogni esperienza della vita quotidiana deve comunque confluire e rapportarsi all’assoluta perfezione dell’Insegnamento di Gesù Cristo. E a coloro che gli chiedevano come mai, seguendo tale sacro Insegnamento, i popoli cristiani si fossero macchiati di azioni tanto scellerate e violente, Deunov, con tono severo, rispondeva:

I popoli che hanno vissuto nell’odio e nella guerra non hanno certo seguito la Via tracciata dal Cristo. In questo dobbiamo essere intransigenti e non dobbiamo ingannarci: questi popoli possono pure chiamarsi cristiani, ma hanno servito un altro dio che ha insegnato loro come poter commettere crimini di ogni genere; tutto questo non viene certo da parte di quel Dio che Gesù Cristo chiama Padre Mio. L’Insegnamento del Cristo è ancora un germoglio nella coscienza degli esseri umani. Ancora non è stato messo in pratica.13

Peter Deunov, tramite la Dottrina enunciata da Gesù Cristo, mostrava a chiunque come fosse possibile non solo acquisire la Conoscenza (di cui si parla così spesso nell’esoterismo), ma anche lo sviluppo di tutte le Virtù. Fra queste, Peter Deunov metteva al primo posto l’Amore verso Dio e l’Amore verso il prossimo.

Deunov stesso spiega cosa significhi entrare a far parte di questo nuovo Insegnamento:

Dio non ha creato gli uomini ortodossi, cattolici, protestanti, od occultisti, e neanche appartenenti a una qualsiasi religione, o a un qualsiasi rango sociale. Tutto questo è venuto dopo, e quello che è venuto dopo non ha alcuna importanza. Importa solo quello che viene da Dio, e questo è l’Uomo. Non ha alcuna importanza a quale religione appartenga l’uomo, ossia ciò che è esteriormente; importa solo ciò che l’uomo è interiormente.14

Tra le varie correnti ereticali del passato, Peter Deunov ebbe una maggiore affinità con quella dei Bogomili, (gli Amati da Dio: questa è la traduzione della parola bulgara bogomil ) che si affermò nei Balcani, soprattutto in Bulgaria, a partire dal X secolo. I Bogomili furono da subito distanti dai sacramenti e dalle pratiche della Chiesa bizantina: rifiutavano, ad esempio, il battesimo per mezzo dell’acqua, che sostituivano con l’imposizione delle mani, come in uso nelle prime comunità cristiane, alla cui purezza e coraggio spirituale si rifacevano. Erano vegetariani, promuovevano il celibato e nelle loro cerimonie di iniziazione era sempre presente il Vangelo di Giovanni, come simbolo di appartenenza alla sua Chiesa esoterica. Considerati ben presto discepoli di un movimento ereticale, i Bogomili furono perseguitati, imprigionati e in molti casi arsi sul rogo. Ai tempi delle persecuzioni, alcuni discepoli bogomili fuggirono riuscendo a diffondere l’Insegnamento in Europa. Alcuni di loro raggiunsero la Francia. In Francia il bogomilismo diede forza, coesione e struttura al movimento dei Catari che, a partire dall’incontro di Saint-Felix-de-Caraman,15 si organizzò in una vera Chiesa, priva comunque di edifici di culto e di rigide gerarchie ecclesiastiche, dato che i Catari proclamavano come spazio sacro non un edificio in pietra o in legno, ma la Scintilla Divina posta nell’uomo.

Nella conferenza del 23 giugno 1963 Omraam Mikhaël Aïvanhov affermerà che: «dalla Bulgaria qualcosa di grandioso è arrivato in Europa per la seconda volta», un tempo era stato il bogomilismo, adesso l’Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale. Una corrispondenza fin troppo evidente: i Bogomili dalla Bulgaria raggiungono i Catari in Francia, poi, alcuni secoli dopo, Peter Deunov in Bulgaria affida al suo discepolo Mihail Ivanhov16 il compito di portare l’Insegnamento in Francia.

Sono davvero molte le similitudini tra l’Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale e l’Insegnamento bogomilo e cataro, trattandosi di movimenti spirituali uniti da un identico sentire animico, improntato agli ideali della Fratellanza, della Purezza e della Libertà interiore.

I Catari (di cui più avanti ci occuperemo nello specifico) seguivano un rito religioso arcaico, quello della Salvezza attraverso il Battesimo in Spirito – ossia attraverso l’imposizione delle mani e non tramite l’acqua – e riconoscevano il Sole come immagine della forza pura del Cristo. Il loro movimento si sviluppò in Italia, in Catalogna, in Renania, e soprattutto nella Francia del Sud, allora terra di rara tolleranza e di intensa attività intellettuale. In questa regione i Catari ebbero contatti anche con i cabalisti ebrei occitani che stavano riproponendo alcune idee dell’antico gnosticismo ebraico, in particolare quelle sulla concezione dualistica della vita. In Occitania, quindi, circolavano scritti esoterici e gnostici, per di più in una lingua romanza, la langue d’Oc, che stava sostituendo il latino, l’idioma della Chiesa di Roma. All’inizio della loro storia, i Catari erano considerati religiosi cristiani che seguivano in modo esemplare la via tracciata dagli Apostoli e il loro culto era considerato complementare a quello cattolico, non concorrenziale. Ciò che si raccontava dei sacerdoti e delle sacerdotesse catare era che la loro parola sembrava vivente, e che nelle loro prediche si sperimentava come un senso di rapimento, tanto la loro Parola era investita di calore ed entusiasmo. Quello che la Chiesa cattolica ha invece divulgato di tale eresia, dopo averne distrutto ogni traccia, è stato solo “privazione”, “perversione” e “nichilismo”, pur sapendo che i catari amavano definirsi inguaribili ottimisti. In effetti, come riportano i documenti storici, grazie alla loro fede, i Catari entravano nelle fiamme del rogo cantando e sorridendo: poiché grazie alla vita pura e amorevole che avevano praticato nel quotidiano erano certi di meritare il Regno dei Cieli. La Chiesa catara aveva inoltre scelto la via della sensibilità e della povertà evangelica per raggiungere quello stato di Grazia necessario alla liberazione dalla “Ruota delle rinascite”;17 dava cioè massima importanza al percorso di crescita personale, a differenza della Chiesa di Roma che per la Salvezza si affidava alla Grazia divina e alla fede. Ancor meno i Catari collegavano la Salvezza del genere umano alla sofferenza patita da Gesù Cristo sulla Croce. Anche Omraam Mikhaël Aïvanhov, osservando in quale stato pietoso si trova ancora oggi l’umanità dopo 2000 anni, afferma che il sacrificio di Gesù Cristo sulla Croce non era stato fatto per redimere l’umanità dal peccato originale:

La Chiesa dice: «Gesù Cristo ha subito la condanna al nostro posto, morendo per noi sulla croce, ed è solo grazie alla sua morte espiatrice che Dio ci ha liberato dal peccato originale». Che cosa mostruosa e illogica! E la gente ci crede ancora dopo 2000 anni! (…) No! Ciascuno deve lavorare da solo, deve sacrificarsi e salvarsi grazie alla propria vita di purezza; nessuno verrà a salvarvi (…) Non si è salvati solo dalla fede, occorre cambiare interiormente, dominarsi, e per riuscire a farlo occorrono dei metodi, dei metodi che si insegnano qui, nella Fratellanza Bianca Universale.18

Gesù, infatti, come Essere spirituale inviato dal Dio di Luce, è sceso sulla terra per rivelare agli uomini il messaggio della Gnosi, la Conoscenza, grazie alla quale l’uomo, divenuto consapevole della propria Scintilla Divina, può perfezionarsi, trasformarsi, liberarsi, e così trovare la Via verso la Patria Celeste. Anche nei Vangeli, del resto, si legge questo invito alla propria trasformazione interiore: «Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre Celeste». Sono parole, queste, di carattere dichiaratamente gnostico, che il catarismo, come l’Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale, hanno sempre considerato di fondamentale importanza. L’uomo cataro agisce per il proprio perfezionamento, per divenire un vero figlio di Dio, agisce tramite l’Amore, la Saggezza e la Volontà, contribuendo alla vittoria del Bene e della Luce per la salvezza di tutti. Così affermerà, alcuni secoli dopo, anche Mara Beltchéva, discepola diretta di Peter Deunov: «L’uomo non è responsabile solo di se stesso: dalla sua crescita spirituale, o dalla sua caduta, dipende l’elevazione o la caduta di tutti quegli esseri che sono in relazione con lui».19

Il catarismo, lo si comprende facilmente, è stato un movimento spirituale iniziatico, com’è quello della Fratellanza Bianca Universale, e ha fondato la sua esistenza sui principi evangelici di Amore e di Giustizia. In questa prospettiva Dio non salva l’umanità tramite la sofferenza di Suo Figlio, né tantomeno redime colui che, passivamente, pensa che per salvarsi basti implorare la Grazia. Differenza sostanziale di vedute: nella Chiesa di Roma, Dio scende verso l’uomo donandogli, in modo imperscrutabile, la Grazia; nella Chiesa catara, invece, è l’uomo che «elevandosi verso Dio, si salva e contribuisce alla vittoria del Bene».20 Anche Peter Deunov affermerà: «La Grazia non è per i fannulloni che attendono che il Cielo porti i propri doni nelle loro mani. Sappiate che, anche se il Cielo vi ha destinato qualcosa, dovrete fare degli sforzi per ottenerla, per meritarla davvero».21

L’uomo cataro era quindi uno gnostico, e lo testimoniavano anche i prolungati digiuni cui si sottoponeva nel desiderio di soggiogare la propria animalità, intesa come ostacolo alla liberazione dal Male. Il Male veniva comunque considerato una forza necessaria per far sorgere più intensamente il Bene; mentre l’Amore e la Saggezza erano stimate le virtù capaci di vincere il Male. «Non si combatte il Male con la violenza, e ogni forma di violenza è il segno del demonio», questo affermavano i Catari in un’epoca in cui la violenza e i soprusi erano il pane quotidiano. «Sappiate che la base su cui poggia l’inferno è la violenza», diceva ugualmente Peter Deunov.22 Coerenti a tale visione, i Catari, negli anni delle persecuzioni, non reagivano se venivano attaccati; anche per questo la Chiesa catara venne velocemente “decapitata”, poiché i sacerdoti e le sacerdotesse, impossibilitati a compiere il Male, per ferma convinzione interiore, non opponevano resistenza alla cattura e alla condanna al rogo.

Molti tra i Catari erano chiaroveggenti, avevano cioè una vita spirituale altamente sviluppata ed erano profondi studiosi delle Sacre scritture, che traducevano in lingua volgare, irritando la Chiesa che si arrogava il diritto di averne il monopolio. Anche per quanto riguarda la predicazione delle Sacre Scritture, la Santa Sede arrivò a varie interdizioni formali, con tanto di condanne. Ma i Catari, correndo seri pericoli, continuavano a predicare nelle strade, nelle abitazioni, nei boschi e traducevano la Bibbia facendone copie per diffonderla tra i propri consacrati, affinché chiunque possedesse almeno il Vangelo di Giovanni, l’unico dei quattro Canonici che i Catari seguivano, e che i sacerdoti e le sacerdotesse portavano legato alla corda del proprio saio. Sacerdotesse, appunto: per i Catari l’incarnazione femminile era considerata della stessa dignità dell’incarnazione maschile. È bene ricordare che siamo nel XII secolo, ossia in un’epoca in cui la donna era vista come figlia di Eva la peccatrice: fragile, bugiarda, infida, e soprattutto fomentatrice di quelle sfrenate orge notturne di cui, così afferma la Chiesa, si macchiano sempre gli eretici, in quanto figli e figlie del demonio… Nella realtà, invece, le sacerdotesse catare, spesso istruite nell’arte della scrittura e della musica, vivevano autonomamente in case gestite da sole donne, lavoravano guadagnandosi da vivere, erano guaritrici, e potevano partecipare a dibattiti pubblici di carattere religioso.

Essere catari significava credere nella reincarnazione, praticare la nonviolenza, consumare pasti vegetariani, vivere del proprio lavoro di artigiani (spesso tessitori o ceramisti). Significava non isolarsi nella vita contemplativa, risiedendo in monasteri posti lontani dal mondo: i Catari vivevano tra la gente, nei villaggi e nelle città, e le loro abitazioni erano sempre aperte a chiunque avesse bisogno di aiuto. Una condizione, questa, incredibilmente innovativa per quell’epoca. Ancor più straordinaria era la “promiscuità sociale” che si veniva a creare nelle cerimonie sacre dei Catari: nobili e artigiani, contadine e castellane, mercanti e operai, sedevano l’uno accanto all’altro uniti in preghiera, uomini e donne insieme, nel rispetto reciproco. Anche per questo le donne catare – sacerdotesse, credenti, o persino guerriere, come Giralda, signora di Lavaur – mostreranno sempre la loro gratitudine al movimento: se il catarismo, per quasi cinquant’anni, oppose una resistenza davvero eroica alle due sanguinose crociate mossegli contro dal Papato e dal Regno di Francia, e poi all’ignominia dei Tribunali dell’Inquisizione (istituiti per la prima volta nella Storia proprio per sterminare i Catari) questo fu dovuto anche all’impegno concreto delle donne occitane.

I Catari, tra l’altro, rifiutavano ogni forma di giuramento e questo, nella società feudale, che basava la sua organizzazione proprio sul giuramento, era un ulteriore motivo di scontro. Così l’eresia catara si evidenziò, suo malgrado, come movimento di rottura, teso, anche involontariamente, a spezzare le vecchie forme religiose, rigide e corrotte, e a smascherare quei giochi di potere dove la Parola di Dio, invece di elevare e liberare gli esseri umani, veniva usata per soggiogarli.

Illuminanti, a tal proposito, le parole di Aïvanhov: «da sempre gli uomini luminosi creano disagio negli uomini ottusi».23

Se l’esistenza fisica della maggior parte dei Catari venne interrotta brutalmente, la loro essenza spirituale ha comunque continuato ad agire nel mondo: il messaggio cataro, come quello dei bogomili, concorre tutt’oggi a preparare l’arrivo dell’uomo futuro per una nuova umanità, poiché il vecchio Adamo che giudica, esclude ed è irrigidito dai giochi di potere, dovrà lasciare il posto al nuovo Adamo, un essere di amore e di fratellanza che integra e unisce le diversità, poiché libero spiritualmente. In questo senso Omraam Mikhaël Aïvanhov affermerà: «noi siamo dei Bogomili, dei Catari (…) il nostro Insegnamento è profondamente bogomilo e cataro». Aggiungendo poi: «ma ha portato delle cose nuove».24

Fra le molte corrispondenze tra catarismo e Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale, non possiamo non evidenziare la credenza – rivoluzionaria non solo per l’epoca medievale – in cui si afferma che «Dio si trova dentro ogni essere umano». Riportiamo le parole di Aïvanhov:

Cercando Dio esternamente a voi, vi separate dal vostro vero Sé […]. Finché l’essere umano non cercherà la Divinità in se stesso […] si sentirà combattuto e vacillante.25

Anche Peter Deunov alla domanda: «dov’è Gesù Cristo e in quale Chiesa edificata in suo nome si trova?», rispondeva: «Non cercate qua o là. Egli è dentro di voi, nella vostra Anima».26

È grazie alla Scintilla Divina posta in ogni uomo e tramite una vita di purificazione e di elevazione, che diventa possibile il contatto diretto col Divino, in particolar modo – cosa di primaria importanza per i Catari – con lo Spirito Santo, che i sacerdoti e le sacerdotesse catare, nel momento del consolamentum, ricevevano tramite il battesimo con l’imposizione delle mani.

Se su quasi tutti i principi spirituali catari Aïvanhov era d’accordo, dissentiva invece sul significato che i Catari davano alla vita sulla terra, dato che costoro non tenevano molto alla vita. Avevano, in effetti, un anelito alla fuga dal mondo terreno considerato “regno di oscurità”, e vivevano il corpo fisico come prigione dell’anima umana, pur rispettandolo proprio in quanto involucro terreno dell’anima stessa. Aïvanhov, invece, invita gli uomini ad andare al di là della visione dualistica catara, pensando alla vita sulla terra in modo nuovo: «Il mondo Divino cambia periodicamente obiettivo e la nostra è una missione diversa».27 Del resto, prosegue Aïvanhov, perché mai nel Padre nostro si recita: «sia fatta la Tua volontà, come in Cielo così in Terra»? L’obiettivo per un essere umano non può essere, quindi, quello di fuggire dalla terra, ma bensì di spiritualizzarla, spiritualizzare la materia, portandovi il Regno di Dio:

È vero che lassù è più bello, ma allora che senso avrebbe essere qui? […] Il Regno di Dio c’è già lassù, ora deve essere portato qui.28

E ancora Aïvanhov, nella conferenza del 25 marzo 1958 dirà:

Il nostro Insegnamento vuole formare esseri umani che sappiano lavorare sulla Terra, organizzare le cose, ma sempre restando rivolti verso l’Alto Ideale, che diverrà sempre più una realtà. Si deve restare uniti all’Alto Ideale, che è Dio, conservando il sentimento della Terra.

Anche per quanto concerne la Natura, Madre Natura, che nell’Insegnamento della Fratellanza Bianca Universale riveste un ruolo di Saggezza, Amore, Bellezza e Perfezione, Aïvanhov si dissocia dal pensiero cataro che considerava la Natura negativamente, poiché materica e quindi appartenente al lato oscuro, precario e imperfetto del mondo visibile. Per queste sostanziali differenze, ma anche per le altre evidenti similitudini, Aïvanhov affermerà: «noi siamo profondamente Catari, ma non siamo esattamente come i Catari».29

 Note 

1 Daniele Garella, compositore, storico della musica e scrittore, è nato a Firenze nel 1961. È uno dei principali esperti italiani di catarismo; ha pubblicato saggi sul tema dell’eresia catara ed ha scritto il primo romanzo storico italiano dedicato ai Catari: Il libro segreto di Jordan Viach, pubblicato da Stella Mattutina Edizioni.
2 Rudolf Steiner, dalla conferenza I manichei, Berlino, 11 novembre 1904, Editrice Antroposofica.
3 Aïvanhov 2016:30.
4 Proprio sul tema del Bene e del Male, i due suddetti e avversi movimenti cristiani trovarono uno dei motivi più forti di scontro.
5 Anche la Fratellanza Bianca Universale sostiene la teoria della reincarnazione; Aïvanhov stesso nella conferenza del 08.08.1982 stigmatizza la Chiesa cattolica e quella ortodossa per aver negato la teoria della reincarnazione, facendo diventare Dio un essere ingiusto e capriccioso e allontanando l’umanità dalla comprensione del vero senso della vita sulla terra.
6 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 31.01.1959.
7 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 31.01.1959.
8 AA.VV. 1990:26.
9 AA.VV. 1990:63.
10 AA.VV. 1990:75.
11 AA.VV. 1990:63.
12 Aïvanhov, 2002 :183-184.
13 AA.VV. 1990:185.
14 AA.VV. 1990:100.
15 A Saint-Felix-de-Caraman, nel 1167, vi fu il primo Concilio cataro, dove vennero consacrate le prime quattro Diocesi del movimento: Carcassonne, Agen, Limoux, Tolosa. A tale incontro partecipò il vescovo bogomilo Niceta insieme ad alcuni suoi ministri; si narra inoltre che in questa cerimonia Niceta offrì il consolamentum, massima iniziazione catara, ad alcuni nuovi sacerdoti catari della Linguadoca.
16 Dopo il viaggio in India del 1960, avverrà il cambiamento del nome in Omraam Mikhaël Aïvanhov.
17 Anche questa terminologia denota una derivazione orientale del catarismo; perfettamente in linea, tra l’altro, con quella corrente gnostica che faceva di Gesù un discepolo delle Scuole iniziatiche himalayane.
18 Aïvanhov, O. M.,Conferenza del 08.08.1982.
19 AA.VV. 1990:102.
20 Aubarbier 1992:27.
21 AA.VV. 1990:185.
22 AA.VV. 1990:27.
23 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 12.03.1938.
24 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 02.01.1970.
25 Aïvanhov, O. M., Pensieri Quotidiani 2016, (14 giugno), Edizioni Prosveta, 2015. Sono molte le conferenze di Aïvanhov in cui si parla di Scintilla Divina posta nell’uomo.
26 AA.VV. 1990:57.
27 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 02.01.1970.
28 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 02.01.1970.
29 Aïvanhov, O. M., Conferenza del 02.01.1970

 Bibliografia

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E LA VERITÀ? – HUBERT MANSION

La spiritualità ha fatto il suo ingresso nel mercato del benessere e l’industria riesce così bene nel suo intento di confondere questi due concetti che, tra qualche anno, saranno molti coloro che non riusciranno più a districarli, allo stesso modo in cui già oggi non sono più capaci di distinguere un aroma naturale da uno artificiale. Troviamo da un lato gli accessori indispensabili (le candele, l’incenso, la musica per rilassarsi, i cuscini per la meditazione), dall’altro modi di essere prefabbricati: un miscuglio di indolenza, di mimetismo, di positività cieca e d’intransigenza. Al posto del comportamento compassato dei cattolici di una volta, troviamo atteggiamenti zen (davanti al dolore degli altri), ma si tratta naturalmente della stessa medesimo atteggiamento benpensante, ancora e sempre in totale spregio della stessa cosa attraverso i secoli: la verità.

Omraam Mikhaël Aïvanhov poneva la verità al di sopra di tutto e questo è un punto che mi ha sempre assai tormentato. Che cosa significa questa parola? Come fare per trovarla? Di quale verità stiamo parlando?

In queste poche righe vorrei affrontare un unico aspetto di questa ampia questione, parlando soltanto di quella verità che per tutti noi è così faticosa da trovare e dalla quale, a mio giudizio, si deve partire: la nostra. Se non troviamo la nostra verità, come possiamo avere una visione chiara all’esterno? Se non siamo a nostro agio con noi stessi, come facciamo a sperare in una qualsiasi armonia in qualsivoglia contesto?

Siamo pieni di pseudo-convinzioni, di credenze, di idee che non ci appartengono, di pensieri che ci attraversano, di abitudini che imitiamo. Bisogna sbarazzarsi di tutto questo ciarpame per iniziare ad avvicinarsi a se stessi. Come fare per riuscirci?

Il trascorrere della vita e l’incontro, spesso sorprendente, con il principio di realtà contribuiscono, per fortuna con una certa efficacia, a questa grande opera di sgombero: l’infelicità, diceva Simone Weil, costringe a riconoscere come reale quanto non si crede possibile. Per chiunque vi si interessi, la spiritualità può rappresentare un grave pericolo se si riduce ad un ricorso a nuove fedi, come fosse un belletto applicato alla bell’e meglio sull’insieme dei nostri rifiuti e rottami. Quanto spesso vediamo persone con squilibri affettivi, sessuali, intellettuali colmare le loro insufficienze con frasi fatte e invocazioni al cosmo? Preferendo spiegazioni karmiche all’agire? Vediamo i timidi che, anziché aprirsi agli altri, scelgono di evitarli con il pretesto che emettono “onde negative”; i complessati, che vanno in cerca di comparse per poter poi, in gruppo, accusare il mondo esterno; i disperati, che si rifugiano nelle illusioni; i pigri, che chiamano in causa la reincarnazione. Insomma, la spiritualità a tutto serve tranne che al suo unico scopo: risvegliarci.

Certo siamo tutti feriti e anche mezzi sanguinanti, ma è perché siamo esseri umani. Soffriamo di insufficienze, cerchiamo di tenere la rotta verso il raggiungimento di un ideale per noi troppo elevato. Ma non si tratta di una tara, semmai di un’etichetta: noi siamo Made in Earth. Una parte, ahimè, della nostra verità sta in questa semplice quanto infinitamente desolante constatazione: non potremo mai, finché siamo sulla terra, divenire ciò che vogliamo. Prima ancora di volerci trasformare, dobbiamo diventare capaci di accettare di essere chi siamo.

Al di là di questo dato generale, che riguarda grosso modo tutto il genere umano, ho sempre avuto l’impressione che il percorso della vita conduca naturalmente ogni essere vivente a conoscersi: un’entità vivente, immersa nella vita, ne esce più cosciente, potremmo dire, parafrasando in qualche modo Archimede. Più cosciente dell’ambiente, certo, ma per forza di cose anche di se stesso dentro quell’ambiente. Non potremmo forse spingerci fino a dire che la conoscenza di sé è l’essenza stessa della vita e che lei stessa si sperimenta attraverso le creature, passando per una immensa quantità di esperienze, così come noi facciamo individualmente?

Questo aspetto del lavoro su di sé non è, di per sé, di natura spirituale e neanche psicologica, e costituisce semplicemente una pulizia preliminare, poiché, com’è noto, non si ridipingono muri sporchi. Ne consegue che ogni persona che ne guidi un’altra può doverle dire cose esattamente opposte a quelle che ha fatto notare alla precedente: è per questo che si sentono dire su Mikhaël Aïvanhov cose talvolta tanto contraddittorie. Non essere in grado di capire che si tratta dell’ultimo dei problemi quando si ha a che fare con un Maestro spirituale di questo livello è una dimostrazione eclatante di stupidità, o di infantilismo.

Come ci si può analizzare se si è impastati di definizioni di bene e di male, di divieti e di censure? Come si fa a sapere chi si è quando non si vuol sapere? Si deve osservare o giudicare, ma se si giudica prima di osservare si condanna prima di sapere. È per questo che la verità è fondamentalmente legata alla libertà: per sapere si deve necessariamente essere liberi di esplorare, di provare, di verificare. Senza che ce lo impediscano né la paura, né le credenze o le pseudo-convinzioni, per spirituali che possano sembrare.

Lo stesso vale, a mio parere, per l’insegnamento di Mikhaël Aïvanhov. Man mano che il tempo passa aumenta il pericolo di imbalsamarlo in dogmi… Un gran numero di insegnamenti spirituali, che avevano l’unico scopo di rendere più libero l’essere umano, si riassumono ormai in vari divieti e obblighi assurdi. Su Petar Danov circolano affermazioni degne della Legenda Aurea, che rischiano di privarlo di qualsiasi umanità. È qualcosa che avviene sempre secondo lo stesso copione: qualcuno, toccato da una grazia inventata, si proclama detentore di quello che non ha capito, e che però insegna a tutti. Comincia con lo stilare regolamenti (prodotti beninteso di “leggi universali”), continua facendo la morale e contribuisce poi a fare della ricerca interiore un percorso sviato da pseudo-convinzioni e credenze piuttosto che tracciato dalla verità di ognuno, segnato dalla rigidità piuttosto che dalla vita.

È un pericolo che esisteva già quando Mikhaël Aïvanhov era in vita, e lui ne era ben consapevole. Ma il pericolo è oggi maggiore, visto il numero degli “apostoli”. Le prossime generazioni sapranno, della sua persona, quello che viene detto loro oggi da chi lo ha conosciuto. La responsabilità di questi ultimi è quindi considerevole, visto che il loro atteggiamento, libero o prigioniero, vivo o dogmatico, sincero o ipocrita, sarà determinante per il vigore e l’efficacia di un verbo prezioso per l’umanità intera.

La verità, ha detto Omraam Mikhaël Aïvanhov, non è né un sapere, né un comprendere. La verità è una sensazione. È meraviglioso poter provare qualcosa di così immateriale come la verità, ma l’unica sensazione che si può imporre agli altri è la sofferenza.

Quante persone dicono di essere alla ricerca della verità! Pur rammaricandosi di non averla ancora trovata, si sentono fiere di essersi lanciate in una ricerca così difficile… Ebbene, no, la verità non è così difficile da trovare, e può essere anche definita molto semplicemente. Diciamo che è come una medaglia le cui facce sono rispettivamente l’amore e la saggezza. Se cercate la verità indipendentemente dall’amore e dalla saggezza, ossia indipendentemente dallo sviluppo armonioso del cuore e dell’intelletto, non la troverete mai. Ma non appena avete l’amore e la saggezza, possedete pure la verità, anche se non la cercate. Non si trova mai la verità come un principio a sé stante: essa può esistere solo per chi sa lavorare contemporaneamente con il cuore e con l’intelletto. Se attualmente nel mondo circolano e si scontrano tante verità diverse e contraddittorie, è perché esse riflettono la deformazione del cuore e dell’intelletto degli esseri umani. Qualcuno vi dice: «Ecco la verità!» In realtà, quella è la “sua” verità, e quella verità è l’espressione del suo cuore e del suo intelletto deboli e deformati, o al contrario saldi e illuminati.

Omraam Mikhaël Aïvanhov

Hubert Mansion è uno scrittore e conferenziere belga. Insieme a Emilia Tamko ha prodotto il primo film documentario su Omraam Mikhaël Aïvanhov, La présence d’un Maître (2012).